Corriere della Sera 12-14/3/2015, 14 marzo 2015
La sottomissione di Houellebecq
Sfido qualunque lettore di Sottomissione , l’ultimo romanzo di Michel Houellebecq, al quale venisse chiesto di illustrare il contenuto del libro in cento parole, a farlo senza mai nominare i termini Islam, islamico o musulmano. Sembra un’impresa impossibile dal momento che, come si sa, il cuore del romanzo sta precisamente nella vittoria elettorale in Francia di una coalizione costituita dal Partito socialista e da una Fraternità musulmana, nella quale quest’ultima assume però rapidamente la leadership, finendo per instaurare un regime islamico «dolce» al quale anche il protagonista, un incerto e abulico docente universitario, non troverà di meglio che, per l’ appunto, sottomettersi.
E invece l’impresa sembra impossibile, ma non lo è. Ci sono riusciti, infatti, non so se all’insaputa gli uni degli altri (ma penso di no: gli italiani sembrano proprio essersi accodati), sia i redattori di Flammarion, la casa editrice che ha pubblicato l’originale francese del libro, sia quelli di Bompiani, cui si deve l’edizione italiana, quando hanno scritto il testo rispettivamente della quarta di copertina i primi, e del risvolto di copertina i secondi.
Sono due piccoli capolavori della viltà intellettuale europea dei nostri tempi. Quella che oggi come sempre comincia con la paura di chiamare le cose con il loro nome per la paura di dispiacere a chi è meglio non dispiacere. Ecco dunque, allora, i redattori di Flammarion descrivere la Fraternità musulmana e la sua conquista di fatto del potere come delle non meglio precisate «forze all’opera nel Paese (che) hanno corroso il sistema politico fino a provocarne il crollo» (in Francia? E chi potranno essere mai queste forze, uno si domanda: gli epigoni dell’Oas, il gruppo terroristico francese nemico mortale di De Gaulle? Una setta in sonno di seguaci dell’ex segretario del Partito comunista francese Georges Marchais, buonanima? Chi?). Si viene solo a sapere che comincia in questo modo una specie di «brutto sogno» (in effetti…), che ci porta «su un terreno ambiguo e scivoloso» sul cui sfondo si staglia «la nostra civiltà senescente» (evidentemente da Flammarion sono convinti che ormai tutto l’Occidente senta e pensi come loro). La redazione di Bompiani si è limitata sostanzialmente a tradurre e ad allungare la minestrina: «le forze all’opera» sono diventate «nuove forze», il «brutto sogno» un «incubo», e tanto per non aver fastidi con nessuno è stato cancellato la «nostra civiltà senescente».
Tutto questo accadeva prima degli attentati di Parigi, e si può immaginare che dietro ci fosse soprattutto il timore di attirarsi l’accusa infamante di islamofobia. Figuriamoci che cosa sarebbero quei testi adesso, che alla paura del politicamente scorretto si è aggiunta quella di una sventagliata di mitra. Forse oggi a Houellebecq verrebbe direttamente consigliato di cambiare titolo, e sostituire Sottomissione con un più esplicito e perentorio: «Sottomettetevi!»
Ernesto Galli della Loggia
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CDS 13/3/2015Caro Direttore,
trasecolo alla lettura dell’articolo di Galli della Loggia sul «Corriere della Sera» di ieri. Ho sempre pensato che fosse persona acuta e moderata.
Evidentemente sbagliavo.
Riflettendo, qualche tempo fa, della Loggia aveva scritto un editoriale sul «Corriere», sull’impossibilità, da parte degli europei, di pensare alla «guerra».
Scriveva: «Gli europei sono incapaci di pensare alla loro sicurezza innanzi tutto perché sono ormai incapaci di pensare alla guerra» (16 febbraio 2015); e, ben prima di «Charlie Hebdo», scriveva: «(…) virtuale impossibilità per noi di pensare e di fare la guerra, (…) quella in cui si muore» (28 luglio 2014).
Dunque, ieri, Galli della Loggia ha accusato l’editore Flammarion (guidato da Teresa Cremisi) e Bompiani di viltà (sic!) per la rimozione della parola «Islam» dai paratesti del romanzo.
Cercherò di difendermi, nei limiti del possibile, da un’accusa tanto veemente.
Il titolo del romanzo traduce la parola Islam. Ma questo, della Loggia, lo sa. Eppure lo rimuove.
Ed è un peccato che lo rimuova.
Sottomissione è parola di grande impatto (un titolo geniale, mi lasci dire, per un romanzo che infatti ha venduto 200 mila copie in Italia e 500 mila in Francia, più di qualsiasi altro romanzo dell’autore), dalla connotazione molto complessa: rimanda a un atto di servilismo, ma anche a una dinamica erotica (in Sottomissione è ampiamente citato Histoire d’O ) e, appunto, traduce la parola Islam (che significa abbandono , volontaria sottomissione , direbbe l’amico Pietrangelo Buttafuoco).
Nominare la parola Islam nella bandella avrebbe immediatamente dato al lettore la sensazione di un romanzo contro l’Islam. (Interpretazione, peraltro, che sarebbe stata avvalorata dai passati rapporti di Houellebecq con questa religione, ai tempi della pubblicazione del romanzo Piattaforma , nel 2001, in settembre, alla vigilia dell’attentato alle Twin Towers — altra fatale coincidenza rabdomantica dell’autore).
E sarebbe stato difficile spiegare, nello spazio della bandella, l’articolata interpretazione del rapporto con l’Occidente che sorregge Sottomissione .
Mi spiace per della Loggia (che forse non ha letto il romanzo), ma Sottomissione non è un romanzo islamofobo e non è un romanzo contro l’Islam.
Houellebecq non ha le stesse ossessioni di della Loggia e ha scritto un grande romanzo contro l’Europa e l’Occidente, incapaci di essere all’altezza di se stessi e della loro storia: e questo è appunto il contenuto della bandella italiana e della quarta di copertina francese .
Un altro paio di osservazioni: su romanzi così importanti, di autori così importanti il Direttore della casa editrice scrive i paratesti con l’autore; e forse sì, Michel aveva timore che il romanzo venisse equivocato, interpretato in modo semplicistico come una accusa o un dileggio dell’Islam, cosa che, ripeto, non è, come Houellebecq stesso ha sostenuto nell’intervista rilasciata a Stefano Montefiori sul «Corriere della Sera».
Timore ben fondato, d’altra parte, se persino della Loggia ci accusa di non aver voluto creare dispiacere ai musulmani: «per paura di dispiacere a chi è meglio non dispiacere».
Infine, per quanto riguarda l’utilizzo delle parole viltà e codardia , della Loggia ricorderà che Houellebecq ha perso degli amici nella redazione di «Charlie Hebdo»; tra gli amici che Houellebecq ha perso, uno è Bernard Maris, il quale aveva pubblicato in settembre un saggio da Flammarion, che Bompiani, ha proposto ai lettori italiani, con una fascetta molto esplicita, proprio dopo l’attentato (questo a proposito dell’accusa di viltà); io personalmente sono andata in televisione a parlare del saggio di Bernard Maris e del romanzo di Houellebecq, quando lui, sotto scorta, non poteva uscire dalla Francia.
Non abbiamo alcun motivo di nasconderci all’Islam, perché dell’Islam non abbiamo paura. E non ne siamo neppure ossessionati.
Consiglio inoltre a della Loggia un altro libro, sempre pubblicato da Bompiani, di Tahar Ben Jelloun: Questo è l’Islam che fa paura . E questo è il titolo, non una frase nella bandella.
Elisabetta Sgarbi
Direttore Bompiani e i redattori
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CDS 14/3/2015
C on buona pace di Elisabetta Sgarbi e dei redattori di Bompiani mi ostino a pensare che c’è qualcosa di strano se andando su Internet e digitando, in un motore di ricerca, il titolo del romanzo di Michel Houellebecq Sottomissione , su tutti i siti del mondo compare al massimo alla terza riga la parola «Islam», mentre invece lo stesso termine è rigorosamente bandito sia dalla quarta di copertina dell’edizione originale di Flammarion sia dalla bandella della traduzione italiana di Bompiani (che peraltro, sia detto a sua attenuante, è una semplice rimasticatura dell’originale). Nulla, neppure la filologica annotazione che «sottomissione» — come viceversa si legge dovunque nei suddetti siti e sulla Rete — è per l’appunto una delle traduzioni possibili e certo la più comune, della parola Islam. Tanto lo sanno tutti — mi pare pensi Sgarbi — perfino Galli della Loggia (grazie della fiducia), aggiungendo «peccato che lo rimuova».
Non lo rimuovo per nulla. Osservo soltanto che a saperlo oltre io, Sgarbi e «l’amico Pietrangelo Buttafuoco» (buttato lì come il cavolo a merenda, giusto per farci capire che lei non è una sprovveduta e sa scegliere le amicizie politicamente bilanciate), non siamo proprio legioni. Un editore preoccupato di vendere i suoi libri, mi chiedo, non dovrebbe cercare di far capire qualcosa del loro contenuto? E allora: davvero il direttore editoriale di Bompiani pensa che scrivere di «nuove forze» che arrivano al potere fa capire a qualcuno che a Parigi, come immagina Houellebecq, siede un governo presieduto da un musulmano? Via!
Ma «nominare la parola Islam nella bandella avrebbe immediatamente dato al lettore la sensazione di un romanzo contro l’Islam» — obietta Sgarbi — laddove invece esso è «un’articolata interpretazione del rapporto con l’Occidente». Be’, articolata mica tanto, per la verità. Nel libro l’Islam, infatti, arriva al potere grazie a tre fattori: il riflesso antixenofobo delle sinistre, il fiume di soldi provenienti dal petrolio e, si direbbe proprio, la fregola scopereccia della popolazione maschile sedotta dalla poligamia. Di un’eventuale ruolo (anche elettorale) di milioni di donne francesi per esempio, ricondotte a casa a servire il loro marito padrone, neppure una parola che sia una. Come articolazione non so a Sgarbi, ma a me non pare un granché.
Quel che è certo è che l’Islam vi è dipinto come un modello civile ostile ai valori di pluralismo (improvvisamente tutti i media e gli intellettuali diventano islamici o filo), all’eguaglianza dei sessi, alla presenza ebraica (nel romanzo c’è una fuga degli ebrei francesi verso Israele). E allora, cara Sgarbi, secondo lei dipingere un quadro del genere è contro l’Islam o no? Io credo proprio di sì e sfido chiunque a sostenere il contrario. E credo che forse, pubblicare un testo del genere, a lei così attenta ad amministrare la sua immagine coltivando il trasgressivo ma nei limiti di ciò che piace alla gente che piace, le abbia fatto temere di apparire, dio guardi, «islamofoba» (e invece no, si rassicuri: sono due cose diversissime). Come forse la stessa cosa ha fatto un po’ paura anche a Flammarion (che però non voleva ripetere la figuraccia di quando non volle pubblicare il testo della Fallaci dopo l’11 settembre); e come forse alla fine ha fatto un po’ paura anche a Houellebecq: ma si sa, capita che l’autore non sia all’altezza della sua opera. Houellebecq però, pur difendendo il suo libro dall’accusa di «islamofobia», ha comunque avuto l’ardire di affermare che, se pure lo fosse, «ne avrebbe il diritto» ( Le Monde , 20 gennaio). Pensi un po’ che sfacciato!
Ernesto Galli della Loggia