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 2015  marzo 13 Venerdì calendario

LO SGUARDO TRISTE DI FIDEL, FUORI DAI GIOCHI DI POTERE, RICORDA LA BATTAGLIA DEL CID


L’estrema vecchiaia dei dittatori è sempre un po’ sospetta perché non si capisce a che cosa serve metterla in mostra, se non a dimostrare che il dittatore è vivo, o meglio non è ancora morto, così l’apparizione suscita un misto di ribrezzo e di pietà. La foto che si vede qui sotto ritrae Fidel Castro nel salotto della sua abitazione attorniato e, si direbbe, quasi sostenuto da cinque agenti speciali cubani liberati dagli americani e ritornati a Cuba dopo aver vissuto a lungo nelle prigioni Usa. Più di due mesi fa sono rientrati in patria, ma soltanto la scorsa settimana Castro ha potuto riceverli insieme con la moglie Dalia, la signora in abito rosso in piedi accanto a un tavolinetto dove si notano, insieme a un plico di carte e a una bottiglietta di acqua minerale, vari bicchieri e recipienti, flaconi, kleneex e plausibili farmaci.
Con i suoi 88 anni e la giacca della tuta indosso, Fidel appare «inconcepibilmente vecchio» come il tiranno caraibico de L’Autunno del Patriarca di Gabriel García Márquez. Anche quello veniva ripetutamente dato per morto, ma poi si rifaceva vivo – ed erano guai. Castro, al contrario, non solo è ormai fuori dai giochi del potere, scavalcato dalla distensione con Obama e addirittura dagli scambi di prigionieri, ma appare oggi l’ombra grigia di se stesso, tanto più pallido e spento quanto più nelle immagini della storia rimane un’icona di energia e fascino. Né è difficile immaginarselo nella solitudine di quel salone denso di ciaffi e di memorie, strani mobili e quadri, poltroncine imbottite da giardino e pesanti sculture di legno lucido. Colpisce nella foto il salto, il vuoto, la tensione fra la gioiosa allegria dei cinque cubani liberi e l’inerme impassabilità di Castro che guarda in alto e lontano, non sai bene dove, o forse è l’antico orgoglio. E così, con un po’ d’immaginazione distorta da antica poesia romancera viene in mente il Cid che da morto si fece condurre lo stesso in battaglia, mummificato e stretto al fedele cavallo Babieca, la spada sguainata e legata al polso, vittorioso cadavere, l’ultimo inganno dell’immortalità.