Gianpaolo Romanato, Avvenire 13/3/2015, 13 marzo 2015
E GLI ANALFABETI ANDARONO A VOTARE
Mica semplice far votare gli analfabeti. Chi non sa né leggere né scrivere deve ricorrere all’aiuto di qualche persona di fiducia. Ma allora, che ne è della segretezza del voto? Davvero un bel problema, col quale si confrontarono tutti gli stati europei, escogitando soluzioni le più varie. In Italia si pose quando andò al potere la Sinistra (1876), che dell’ampliamento del suffragio aveva fatto una delle sue bandiere. Tuttavia, davanti alle difficoltà pratiche, che apparivano insormontabili, anche la sinistra si dovette arrendere: la riforma del 1882 allargò infatti il numero degli aventi diritto al voto, mantenendo però il vincolo del saper leggere e scrivere. La questione si ripresentò nel 1912, quando il governo Giolitti varò la legge che introduceva il suffragio universale, passo decisivo per far maturare nel Paese un compiuto senso della cittadinanza. Ma il problema degli analfabeti rimaneva, aggravato dal fatto che essi erano una massa impressionante: almeno un terzo dell’elettorato, che saliva a oltre la metà in molte zone rurali del nord e nel meridione. A risolverlo fu un deputato di Montebelluna, nel Veneto, Pietro Bertolini, al quale ora la sua concittadina Maria Bortoletto dedica un’essenziale biografia. Il sistema, geniale e insieme complicato (non basterebbe l’intero articolo per spiegarlo in dettaglio), prese il nome dal suo inventore: l’elettore si riforniva della scheda prima del giorno delle votazioni, la prevotava, andava poi al seggio nel giorno stabilito e la infilava in una busta (chiamata appunto ’busta Bertolini’) che gli veniva fornita dal presidente del seggio all’interno del seggio stesso e che, ben chiusa, veniva infilata nell’urna.
Ma Bertolini, una delle migliori figure del liberalismo italiano, finora trascurato dalla storiografia, merita di essere ricordato per molti altri motivi. Giurista insigne, fu sindaco di Montebelluna, deputato dal 1890, ministro dei Lavori pubblici e poi delle Colonie quando fu istituito il dicastero, nel 1912. Si deve a lui la soluzione della secolare questione del Montello, l’altipiano coperto di roveri che Venezia aveva sempre custodito con la massima severità perché era la riserva di legname necessario ai cantieri navali dell’Arsenale e alle palafitte su cui si regge l’intera città. Attraverso il Piave, che scorre ai piedi dell’altipiano, i tronchi giungevano infatti facilmente in laguna. Ma finita la Serenissima, il bosco era sempre più degradato, fra appetiti speculativi e povera gente che campava a stento di antichi diritti boschivi, i tristemente noti ’bisnenti’ (due volte niente!) più volte ricordati nell’Inchiesta Jacini come una vergogna nazionale. Con una riforma agraria dai forti contenuti sociali, che offriva loro un podere, Bertolini avviò a soluzione uno dei maggiori problemi del Veneto postunitario.
Poi fu protagonista della vicenda che portò alla nazionalizzazione delle ferrovie e alla nascita dell’Ina, mentre, nel 1908, dovette organizzare l’intervento dello Stato dopo il catastrofico terremoto di Messina. Buon conoscitore delle lingue straniere, partecipò alla conferenza di Losanna, che definì la cessione all’Italia della Libia da parte del governo ottomano, e dopo la guerra, alla Commissione interalleata per le riparazioni di guerra. Un personaggio di primo piano, più volte pronosticato come il successore naturale di Giolitti. Ma il suo merito maggiore è un altro, e va ricordato proprio in questo periodo di celebrazioni della Grande Guerra: Bertolini, conoscitore delle zone di confine con l’Austria, dove era nato, fu uno dei più intransigenti difensori della neutralità italiana e oppositore delle ragioni che ci porteranno in guerra nel 1915. Il suo diario, qui riprodotto da Maria Bortoletto, fitto di incontri con Salandra, San Giuliano, Sonnino, Giolitti, fa riflettere: se nelle ’radiose giornate di maggio’ avessero vinto le ragioni di Bertolini e non quelle del suo acerrimo nemico D’Annunzio, la storia italiana successiva avrebbe seguito ben altra strada, per tutti noi assai meno dolorosa.