Antonio Pascale, Corriere della Sera 13/3/2015, 13 marzo 2015
PASSAGGI CONDIVISI
Sempre più spesso, di mattina presto, penso che vorrei essere altrove, e velocemente: un passaggio spazio temporale, una scorciatoia e via verso un altro mondo. Un po’ c’entra il bar sotto casa. Per collocazione (abito in un quartiere popolare) e per tipologia (lo frequentano molti disoccupati, anziani e qualche depresso) il suddetto bar raccoglie, e già dalle sei, molte persone intristite. Senza soldi, preoccupate, avvilite, arrabbiate. Tentano il tutto per tutto con gratta e vinci e con il Lotto e siccome non si vince mai, capita che ci si sfoghi.
La litania prende subito un ritmo salmodiante che, nel batti e ribatti, comprende lamentele verso i politici, i giornalisti, quelli che vanno in tv, gli immigrati, gli zingari, quelli che guadagnano tanto. Il tono è acceso, e in alcuni momenti mi trova pure d’accordo.
Voglio dire, più si è avviliti, più ci si sente persi, senza speranza, diciamo la verità, più si sente la morte aleggiare, più si diventa conservatori. Ci aggrappiamo a quello che riteniamo solido, alla famiglia, alle radici, al territorio e scaviamo solchi, alziamo barriere, noi qua, e siamo quelli bravi, loro là, e loro sono i cattivi.
Non c’è passaggio. Non è mica una dinamica attribuibile solo ai cittadini della periferia. In fondo quanti opinionisti di sinistra dicono le stesse cose con tono più raffinato, quanti benestanti autarchici ci ritroviamo in giro: il cibo nostro, i prodotti tipici, anche i batteri (intesi come colture starter ) devono essere di casa nostra — ho letto una volta nella relazione introduttiva alla manifestazione «Cheese» di Bra — insomma non vogliamo batteri d’importazione, solo quelli autoctoni. Ora ad alcuni il gioco riesce, e il loro bar, puntando su confini stretti, vince la lotteria, e gli astanti passano a fare vita migliore, vanno al Roxy bar come le stars . Alla maggioranza il trucco non riesce e ci ritroviamo come degli stupidi a bere cappuccini al bar sport.
Per questo vorrei essere altrove, trovare un passaggio che mi porti via da questi salmi ingloriosi. Ma come si fa? Bisognerebbe per prima cosa capire che i batteri di casa nostra sono un’illusione, il nostro mondo è grande, connesso, si richiede collaborazione costante e scambio. Anzi, appena superati i confini del bar, il pianeta presenta connotati interessanti. Per prima cosa è un mondo in movimento. Hans Rosling (simpaticissimo professore di statistica) usa le scatole Ikea per raffigurare il mondo. Ogni scatola un miliardo di persone, ebbene, semplificando, siamo sette miliardi.
Due miliardi ancora poveri (800 milioni sotto la soglia della povertà), possono comprarsi solo le scarpe, tre miliardi vanno in moto, un miliardo in macchina e un altro miliardo (la nostra scatola), prende l’aereo.
Non era così solo 50 anni fa. Allora c’erano solo tre miliardi di persone, due miliardi poveri e un miliardo benestante. Nel giro di una generazione la popolazione si è più che raddoppiata, e ora si va dalle scarpe, alla moto, macchina e aereo. Con tutti i problemi connessi (energia, inquinamento, distribuzione del reddito, diritti sul lavoro) ma è un mondo in movimento, nel quale l’aspettativa di vita si sta alzando, l’alfabetizzazione femminile raddoppiata, la mortalità infantile e quella delle donne per parto in diminuzione — in molti Stati quasi inesistente.
È un mondo nel quale la popolazione cresce sì, ma solo in alcuni Stati, quelli più poveri. In altri, come in Bangladesh, la media di figli per donna è scesa a 2,5. Ma non lo sappiamo, del resto una recente indagine ha mostrato quanto poco sappiamo del mondo, e quanto tendiamo, emotivamente, a osservare solo i nostri ristretti confini.
È un mondo riassumibile nella formula 1-1-1-4, un miliardo di persone nelle Americhe, uno in Europa, uno in Africa quattro in Asia. Però cambierà in 1-1-2-5, perché nel giro di pochi anni, avremo un miliardo di africani in più e uno di asiatici. Desideri, ambizioni, consumi diversi.
Il passaggio nel futuro (è di questo che parliamo) per funzionare richiederà collaborazione, creatività, continui scambi di idee, ponti tra i vari bar, passaggi insomma, perché vanno apportati miglioramenti e ristrutturazioni, ma non riusciremo nemmeno a mettere su una trave se prima non conosciamo la qualità e la tipologia della nostra abitazione: siamo troppo presi a difendere i nostri sgabuzzini e a salmodiare.
Dai, cerchiamo un passaggio, non dobbiamo per forza essere d’accordo, ma sarà utile essere in disaccordo in maniera costruttiva.