Notizie tratte da: Jonathan Silvertown # Mille anni o un giorno appena. I segreti della durata della vita # Bollati Boringhieri Torino 2015 # pp. 186, 22 euro., 13 marzo 2015
Notizie tratte da: Jonathan Silvertown, Mille anni o un giorno appena. I segreti della durata della vita, Bollati Boringhieri Torino 2015, pp
Notizie tratte da: Jonathan Silvertown, Mille anni o un giorno appena. I segreti della durata della vita, Bollati Boringhieri Torino 2015, pp. 186, 22 euro.
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• «È privilegio della giovinezza l’essere ignari della morte, e destino della vecchiaia il meditare sull’oblio» (Jonathan Silvertown).
• Il pavimento dell’abbazia di Westminster, una superficie musiva intarsiata, che traduce in immagini la concezione medievale del cosmo. Per decenni rimase nascosto sotto un tappeto che veniva srotolato solo per i piedi di un nuovo monarca.
• Il mosaico del pavimento dell’abbazia di Westminster, completato «nell’anno di Nostro Signore 1272», sotto il regno di Enrico III (così su un’iscrizione in latino che correva attorno ai quattro lati della cornice del pavimento).
• Le pietre con cui il mosaico è fatto furono portate a Londra da artigiani italiani, che le recuperarono da antichi pavimenti romani: tessere vitree color blu cobalto, turchesi, rosse e bianche.
• Tra le pietre presenti nel pavimento c’era anche quella color viola porfido, la più rara, presente soltanto presso una miniera in Egitto che fu dismessa cinquecento anni prima della nascita di Cristo.
• La vita sulla Terra risale a 3,5 miliardi di anni, la vita del pianeta la precede di un altro miliardo di anni.
• L’età dell’universo, stimata oggi intorno ai quattordici miliardi di anni.
• Nell’abbazia di Westminster sono sepolti molti autori inglesi: Geoffrey Chaucer, morto nel 1400 e autore dei Racconti di Canterbury; nell’Angolo dei Poeti ci sono le lapidi commemorative di William Shakespeare, William Wordsworth, Charles Dickens, Jane Austen, George Eliot, T.S. Eliot, Henry James ecc.
• Nel Seicento, quando gli studenti del Collegio di Westminster si davano battaglia nelle navate deserte dell’abbazia con la mandibola di Riccardo II. Più tardi, alcuni giovani alunni incisero il proprio nome sulle tombe e sul Trono dell’Incoronazione.
• Il diarista seicentesco Samuel Pepys, il quale annotò che, in un giorno di febbraio del 1669, quando il corpo riesumato e mummificato della regina Caterina di Valois, moglie di Enrico V, morta da 232 anni, fu esposto al pubblico, lui ebbe tra le mani la parte superiore del suo corpo e le baciò la bocca, «riflettendo in quell’istante che stavo baciando una regina».
• Nella navata sud dell’abbazia di Westminster si trova la lapide commemorativa di William Congreve (1670-1729), poeta e drammaturgo. La sua amante, Henrietta, duchessa di Marlborough, spese parte dell’eredità che lui le aveva lasciato per erigere una statua meccanica con le sue fattezze, scolpita nell’avorio e azionata da un congegno a molla. Ogni giorno la duchessa conversava con la statua, fingendo che l’amante fosse ancora vivo.
• Nel 1902, quando fu incoronato Edoardo VII, nel pieno del fulgore dell’Impero britannico. Prima dell’evento, il re venne avvisato dai suoi dottori che avrebbe dovuto posticipare la cerimonia per operarsi di appendicite acuta, altrimenti sarebbe morto.
• L’arcivescovo ottantenne che officiò la cerimonia di Edoardo VII, mezzo cieco e con le mani tremanti. Aveva appena la forza per sollevare la corona sulla testa del nuovo monarca e il re e tre vescovi dovettero aiutarlo a rialzarsi in piedi dopo che si fu inginocchiato davanti al trono.
• Alcuni anni fa, quando nelle scuole britanniche gli alunni erano tenuti a imparare a memoria i nomi e le date dei monarchi.
• Nel 1902, un bracciante agricolo intitolò a re Edoardo una nuova varietà di patata, la King Edward.
• «Va detto che le patate vivono più a lungo dei re» (Jonathan Silvertown).
• «Non voglio raggiungere l’immortalità attraverso le mie opere. Voglio raggiungerla non morendo» (Woody Allen).
• Sir Isaac Newton, meglio conosciuto per la gravità che per la leggerezza. Pare che abbia riso una sola volta in vita sua, quando qualcuno gli chiese quale utilità ci fosse nello studiare gli Elementi di Euclide.
• «La natura e le leggi di natura erano celate nella notte. Ma Dio disse: “Sia Newton!” e tutto fu luce» (l’elogio di Alexander Pope a Newton).
• Charles Darwin, che sebbene in gioventù avesse intrapreso la carriera ecclesiastica morì da agnostico.
• Darwin, uomo di grande sensibilità e gentilezza, dedito alla famiglia, fermamente contrario alla schiavitù e rispettoso del prossimo. Quando l’amata figlia Annie morì di tubercolosi all’età di dieci anni, egli non si capacitava di come Dio, sempre che esistesse, potesse tollerare che una bambina innocente soffrisse. La moglie Emma, invece, trovò conforto nella religione.
• Esattamente di fianco alla tomba di Darwin in Westminster si trova il sepolcro di sir John Herschel, astronomo e matematico. Molto tempo prima che Darwin pubblicasse L’origine della specie, Herschel aveva riflettuto su quello che definiva il «mistero dei misteri, la sostituzione di specie estinte con altre specie», e aveva ipotizzato che «l’origine di specie nuove, qualora diventi per noi comprensibile, si scoprirebbe essere un processo naturale in contrapposizione a un processo miracoloso».
• La conquista di Darwin, quella di aver scoperto come nuove specie possano generarsi spontaneamente, senza una creazione miracolosa. Così svelò in che modo funziona l’evoluzione.
• Molti poeti e scrittori sepolti nell’Angolo dei Poeti dell’abbazia di Westminster morirono di tubercolosi: John Keats, morto a 26 anni; due delle tre sorelle Brönte e il loro fratello Branwell; Elizabeth Barrett Browning; D.H. Lawrence ecc.
• La madre di Enrico VIII e due delle sue sei mogli, tutte morte di parto.
• Il batterio Helicobacter pylori, che di solito vive innocuamente nello stomaco umano, generalmente si trasmette nel corso dell’infanzia e, se non viene trattato, sviluppa ceppi geneticamente distinti all’interno del corpo umano nell’arco di un periodo di incubazione che si protrae per tutta la vita.
• Gli animali con i batteri Helicobacter più simili ai nostri H. pylori sono i grandi felini, come ghepardi, leoni e tigri. Si stima che l’antenato dell’Helicobacter migrò dagli uomini ai grossi felini circa duecentomila anni fa, quando la nostra specie era ancora insediata nelle savane dell’Africa.
• La durata della vita equivale all’arco di tempo medio tra gli estremi della nascita e della morte; il tempo di generazione è il tempo che intercorre tra la nascita e la procreazione.
• Negli uomini il tempo di generazione è dell’ordine di venti-venticinque anni, laddove la durata della vita si aggira sui settanta-ottanta.
• Un tempo di generazione breve accelera il processo mutazionale e rende possibile un’evoluzione rapida.
• Il filosofo greco Aristotele (384-322 a.C.), definito il primo biologo della storia in virtù della sua osservazione diretta della natura. Scrisse alcune cose sulla longevità, rendendosi conto di come le piante fossero gli organismi più longevi, in quanto «rinnovano continuamente se stesse e per questo hanno lunga vita».
• L’enigma della longevità non spiega per quale motivo moriamo così presto, ma piuttosto perché viviamo così a lungo.
• I primi organismi a evolvere erano semplici, simili a batteri, e per un vastissimo arco di tempo non comparve nient’altro sulla Terra. I primi segni di vita nella documentazione fossile si registrano a partire da 3,5 miliardi di anni fa, e nei successivi 2,7 miliardi di anni gli unici abitanti del nostro pianeta furono i microrganismi.
• Tutto ciò che oggi tendiamo ad associare alla vita, ossia quegli organismi abbastanza grandi da poter essere visti a occhio nudo, si è evoluto negli ultimi ottocento milioni di anni.
• Per la maggior parte della storia della Terra, quasi tutti gli organismi furono unicellulari e, almeno in potenza, caratterizzati da una vita breve e dalla capacità di moltiplicarsi velocemente.
• I microbi, perfino oggi numericamente dominanti.
• L’albero della vita, composto da tre rami maggiori, di cui due, Eubacteria e Archaea, sono composti solamente di microrganismi. Anche nel terzo ramo, quello degli eucarioti, di cui la specie umana è una minuscola e recente propaggine, sono presenti molti organismi unicellulari.
• Esiste un limite di grandezza per gli organismi unicellulari.
• La «perla sulfurea» Thiomargarita namibiensis, il più grande batterio noto. Vive sui fondali melmosi al largo delle coste namibiane e ha all’incirca le dimensioni di un punto di sospensione.
• Il vantaggio della pluricellularità risiede nel fatto che un organismo può riparare se stesso usando nuove cellule per sostituire quelle danneggiate, usurate o infette. Le cellule immunitarie specializzate combattono le infezioni isolando, fagocitando e distruggendo i patogeni. Di conseguenza, un organismo pluricellulare è provvisto di un centro riparazioni, di un sistema di difesa cellulare e di un piano di assistenza sanitaria, i quali contribuiscono ad allungare la vita.
• Affinché la crescita e le riparazioni abbiano luogo, alcune cellule devono conservare la propria capacità intrinseca di dividersi, ma se alle cellule staminali viene consentito di proliferare in maniera incontrollata, ciò da come risultato il cancro. Un inceppamento nel processo di divisione cellulare comporta il rischio di abbreviare la vita.
• Gli organismi pluricellulari dispongono di numerosi meccanismi per limitare la proliferazione delle cellule e prevenire il cancro, ma in definitiva tutti questi meccanismi dipendono dall’azione dei geni, che fungono da freni di una divisione cellulare incontrollata.
• La linea cellulare nota come HeLa. La sigla deriva dalle iniziali di una donna affetta da tumore alla cervice, Henrietta Lacks, dal cui tessuto tumorale furono estratte le cellule al principio degli anni Cinquanta.
• Un anno dopo la morte della Lacks, avvenuta nel 1951, le sue cellule vennero utilizzate per testare il nuovo vaccino antipolio.
• Vari biologi evoluzionisti hanno proposto che HeLa venisse riconosciuta come una nuova specie per via della sua esistenza autosufficiente.
• La predisposizione al cancro, il prezzo che gli animali devono pagare per la loro pluricellularità e per l’aumentata longevità che questa rende possibile.
• Il cancro è un rischio conseguente alla pluricellularità degli animali, ma non determina la longevità delle varie specie.
• Esempi sui tassi di mortalità legata al cancro tra le diverse specie: il cancro uccide circa il 20% dei cani, il 18% dei beluga e il 25% degli uomini negli Stati Uniti.
• La predisposizione al cancro sembra essere slegata dalla longevità (circa dieci anni per un cane, quaranta per un beluga e ottanta per un essere umano) e dalle dimensioni delle diverse specie (i beluga pesano fino a una tonnellata e mezza).
• Il «paradosso di Peto», secondo cui, per qualche motivo, le specie più longeve e più grandi sono meno predisposte a contrarre il cancro di quelle meno longeve e più piccole. Se la probabilità di sviluppare un tumore fosse legata all’aumentare delle dimensioni e dell’età, nessun animale vivrebbe più a lungo di un topo. L’unica spiegazione al paradosso di Peto è che l’evoluzione è in grado di modificare la suscettibilità del cancro.
• La balena della Groenlandia vive fino a duecento anni, record di longevità tra i vertebrati.
• La connessione tra longevità e dimensioni, colta già da Aristotele oltre duemila anni fa.
• I bivalvi (vongole, cozze e ostriche), che continuano a crescere per tutto il corso della loro vita. Con l’ispessirsi e l’ingrandirsi della conchiglia, l’animale che abita al suo interno gode di una protezione sempre maggiore e viene messo nelle condizioni di poter vivere a lungo. L’età è indicata dagli anelli di crescita visibili all’esterno della conchiglia.
• I bivalvi, tra gli animali più longevi del pianeta. L’età di una vongola dalla proboscide pescata nelle acque dello Stato di Washington e della Columbia Britannica si attesta sui 169 anni, quella della perla d’acqua dolce Margaritifera margaritifera sui 190.
• La decana, esemplare di vongola oceanica di 405 anni trovato al largo delle coste islandesi.
• Il principio di Aristotele sulla correlazione tra dimensioni e longevità vale solo in linea di massima. Tra i mammiferi, effettivamente, le specie più grandi in media vivono più a lungo di quelle più piccole, ma con significative deviazioni dalla regola.
• Eccezioni: tra i roditori, il capibara, che pesa in media 50 chili, vive solo dieci anni allo stato brado; tra i Passeriformi, il corvo vive in media 17 anni e oltre, molto di più di tordi e passeri.
• Thomas Parr, la persona più anziana sepolta nell’abbazia di Westminster. Secondo l’iscrizione posta sulla pietra tombale, morì nel 1635 all’età di 152 anni.
• Nel 1635 la fama di Parr, ormai cieco e completamente sdentato, giunse all’attenzione di Thomas Howard, quattordicesimo conte di Arundel, che collezionava ogni sorta di antichità. Lo fece condurre dalla sua regione natia, lo Shropshire, a bordo di una lettiga, a Londra, dove Parr fu mostrato e presentato al re.
• Un tale John Taylor, poeta, che scrisse un poemetto biografico intitolato Il vecchio, vecchio, vecchissimo uomo, dedicato a Thomas Parr. Raccontò persino dell’adulterio commesso dal vecchio all’età di 105 anni con «la bella Katherine Milton».
• Dopo la morte, il vecchio Parr fu anatomizzato dal chirurgo William Harvey, lo scopritore della circolazione del sangue.
• Nell’opuscolo La vita straordinaria e i tempi di Thomas Parr, scritta due secoli dopo la morte di Parr, si sosteneva che nel suo testamento il vecchio avesse svelato il segreto della longevità: un intruglio di erbe acquistabile sotto forma di «pillole di lunga vita di Parr per la salute, la forza e la bellezza». Il prodotto fu pubblicizzato fino al 1906.
• Parr, l’unico contadino mai sepolto nell’abbazia di Westminster.
• Il filosofo René Descartes, che a 41 anni, quando gli spuntarono i primi capelli grigi, cominciò a preoccuparsi dell’estensione della vita. Morì di polmonite a 53 anni.
• «È morto in Svezia un folle che si vantava di poter vivere quanto voleva» (così un gazzettiere dell’epoca commentò la morte di Descartes).
• Francis Bacon, in Storia della vita e della morte, elencava i nomi delle persone che avevano vissuto fino a tarda età, fornendo consigli su come imitarle.
• Bacon, morto a 65 anni per una polmonite, sorta come complicazione di un raffreddore che si era buscato effettuando un esperimento per stabilire se riempendo di neve la carcassa di una gallina sarebbe riuscito a preservare la carne dalla putrefazione.
• Nel 2010, in Grecia, il governo si accorse che trecento dei cinquecento presunti supercentenari che riscuotevano la pensione erano in realtà deceduti. Negli Usa si accertò che meno del 25% delle persone dichiarate supercentenarie aveva effettivamente raggiunto o superato i centodieci anni.
• Jeanne Calment, la donna più longeva mai vissuta e di cui esista un regolare certificato di nascita, morta nel 1997 all’età di 122 anni, 5 mesi e 2 settimane. Nata e cresciuta ad Arles, nel sud della Francia, vi conobbe, a tredici anni, Vincent van Gogh.
• Christian Mortensen, l’uomo più longevo la cui età sia stata sottoposta a verifica, un danese naturalizzato americano morto nel 1998 all’età di 115 anni.
• Jeanne Calment, all’età di 90 anni, firmò un contratto con un avvocato che si impegnava a versarle un affitto mensile con l’opzione di comprare la casa quando lei fosse morta. L’uomo continuò a pagare per tre decenni, salvo morire all’età di 77 anni, due anni e mezzo prima di Jeanne.
• A 110 anni Jeanne si trasferì in una casa di riposo, non per malattia, ma perché aveva quasi raso al suolo la propria abitazione: un giorno di gennaio, l’acqua del boiler si ghiacciò del tutto e lei salì in piedi su un tavolo nel tentativo di scongelarla con una candela accesa, facendo infiammare il materiale isolante.
• «Non ho mai avuto più di una ruga, e ci sto seduta sopra» (Jeanne Calment).
• Il proteo o «pesce umano», una minuscola salamandra cieca, del peso di una ventina di grammi, che vive nelle grotte dell’Europa orientale. Si reputa possa vivere anche oltre un secolo, un record per gli anfibi, anche quelli mille volte più grandi.
• L’invecchiamento, o senescenza, è il deterioramento delle funzioni biologiche a cui conduce la longevità. La senescenza limita la longevità in quanto porta a un aumento progressivo del rischio di morte.
• Secondo stime risalenti al 2009, la probabilità che un maschio americano muoia a 50 anni è dello 0,6% circa. I tassi di mortalità registrano un picco al momento della nascita per poi calare grosso modo fino all’età di 15 anni.
• Benjamin Gompertz, matematico di origine ebrea nato a Londra, al 3 di Bury Street, nel 1779. Ricevette un’educazione domestica e da autodidatta, in quanto in Inghilterra l’accesso all’università era precluso agli ebrei. A 19 anni era un collaboratore del Gentleman’s Mathematical Companion e per undici volte di fila vinse il concorso indetto annualmente dalla rivista. Come professione era attuario alle dipendenze di una compagnia di assicurazione. Il suo lavoro consisteva nell’analizzare le statistiche connesse a differenti tipologie di rischio e nell’utilizzarle per calcolare il premio necessario per assicurarsi contro di loro.
• La «legge di Gompertz»: studiando le tavole di sopravvivenza, nelle quali si indica il numero dei morti per fasce d’età, Gompertz scoprì che dai venti anni in su il tasso di mortalità cresce esponenzialmente con l’età. Cioè, il tasso di mortalità raddoppia a ritmo costante. Negli uomini questo raddoppia ogni otto anni.
• L’MRDT, il Mortality rate doubling time, il tempo di raddoppio del tasso di mortalità.
• Dal 1840 l’aspettativa di vita è cresciuta al ritmo di quasi tre mesi all’anno, quindici minuti all’ora.
• Gli uomini, che in media vivono meno delle donne. Il divario tra i sessi è passato da due a sei anni.
• Cause dell’aumento dell’aspettativa di vita: riduzione della mortalità infantile, a sua volta prodotta dal miglioramento dell’igiene, dell’ostetricia, della sanità pubblica, dell’immunizzazione, degli antibiotici e delle cure mediche.
• Nella legge di Gompertz sono due le variabili che determinano i tassi di mortalità: il tempo di raddoppio del tasso di mortalità (MRDT) e il tasso di mortalità iniziale (Initial mortality rate, IMR), misurato al raggiungimento della maturità sessuale. L’MRDT determina il tasso di senescenza, mentre l’IMR ne fissa il punto di partenza. Più è alto il tasso iniziale, maggiore diventerà il valore quando raddoppia.
• Considerazioni: se da un lato la longevità umana sta crescendo, dall’altro continuiamo a invecchiare allo stesso ritmo. La spiegazione è nel fatto che la crescente longevità è causata da una diminuzione del tasso di mortalità iniziale, non da un calo della senescenza.
• Quando si diventa davvero vecchi, la senescenza si interrompe.
• Secondo una stima approssimativa che sembra valere per i topi, i vermi nematodi e gli esseri umani, i geni incidono sulla lunghezza della vita degli individui in una misura che oscilla tra il 25 e il 35%.
• Un’eccezionale longevità alberga nelle famiglie i cui membri godono di una salute migliore della media nel corso della loro vita.
• Il primo gene della longevità, scoperto in un verme nematode dal nome trenta volte più lungo del corpo, il Caenorhabditis elegans. Lungo circa un millimetro, ha un’esistenza brevissima, di qualche giorno appena, nel suo habitat naturale. Meno di due giorni dopo la nascita, il verme diventa l’unico genitore di centinaia di piccoli. In un ambiente protetto può vivere fino a tre settimane.
• Il primo gene della longevità, chiamato age-I, fu identificato dai ricercatori Tom Johnson e David Friedman della University of California, Riverside. Allungava la vita media dei nematodi del 65%, principalmente in virtù dell’abbassamento del tasso di senescenza.
• La progeria di Hitchinson-Gilford, una malattia che colpisce un bambino su quattro milioni. Alla nascita gli individui non manifestano particolari anomalie, poi compaiono segni di ritardo nello sviluppo, perdita di capelli, pelle rugosa e indurimento delle arterie, fenomeni di solito associati alla vecchiaia. Per chi ne soffre l’aspettativa di vita è di circa tredici anni. Si tratta di una patologia causata da una mutazione a carico di un solo e specifico gene, laddove sono centinaia i geni associati al normale processo di invecchiamento.
• Benjamin Franklin, che per vivere più a lungo propose una strategia più pratica, mangiare meno.
• Il veneziano Luigi Cornero, imprenditore cinquecentesco che fece fortuna da giovane per poi dilapidare i propri beni nella sregolatezza. All’età di 35 anni, il medico gli disse che era necessario per lui cambiare radicalmente stile di vita, pena una morte precoce. Luigi modificò le proprie abitudini alimentari, tenendo fede al principio di non abbuffarsi mai e di alzarsi da tavola prima di aver raggiunto la sazietà.
• La dieta di Luigi Cornero: in primo luogo «panatella, o brodetto con ovo», e pasti accompagnati da un bicchiere di vino. L’apporto calorico era di 1500-1700 calorie al giorno.
• Cornero morì nel 1566 a 82 anni, più del doppio dell’aspettativa di vita che dominava in quel secolo.
• Non è sempre possibile chiarire quali siano i fattori genetici che associano la restrizione dietetica a una maggiore longevità, e questi fattori sembrano variare da una specie all’altra.
• I pini dai coni setolosi dell’Ovest soprannominati Patriarca e Matusalemme. Si trovano sulle White Mountains della California. Uno dei due, il Matusalemme, aveva 4.789 anni quando venne campionato negli anni Cinquanta del Novecento ed era il più longevo organismo vivente.
• La crescita indeterminata, rara tra gli animali (la si trova unicamente in alcuni pesci, aragoste, coralli e molluschi), è pressoché una regola tra le piante.
• Il legno degli alberi è composto per lo più da materia morta. L’attività cellulare è limitata agli strati più esterni del tronco. Subito al di sotto della corteccia si colloca un tessuto, detto floema, che trasporta gli zuccheri dalle foglie alle radici. Sotto il floema si trova uno strato di cellule in divisione: il cambio cribro-vascolare. Queste cellule si occupano della produzione del floema sulla superficie esterna del cambio, mentre su quella interna si dividono formando lo xilema. Le cellule dello xilema svolgono la loro funzione soprattutto a morte avvenuta. In quel momento, infatti, formano dei vasi conduttori, uniti alle estremità, che trasferiscono l’acqua dalla radici alle foglie e a tutte le parti viventi dell’albero.
• In un albero, ogni anello indica il passaggio di un anno.
• Generale Sherman, l’esemplare di sequoia gigante che cresce nel boschetto del Sequoia National Park. È un colosso di duemila anni che pesa quanto sei jumbo messi assieme. Fu battezzato così nell’Ottocento in omaggio all’eroe militare per proteggerlo dai taglialegna.
• Quasi tutti gli alberi più longevi appartengono alla sottospecie delle conifere, e in tutto il mondo ne esistono solo 627 specie.
• Di qualunque origine siano i fattori che limitano la longevità di un albero, essi non risiedono in un decadimento, legato all’età, della capacità che le cellule hanno di dividersi e di produrre una crescita vigorosa o una discendenza sana.
• Le piante, che sembrano essere quasi del tutto immuni dagli effetti distruttivi del cancro. Motivo: le cellule delle piante, contrariamente a quelle degli animali, sono immobilizzate da una parete cellulare che previene la loro diffusione attorno al corpo della pianta, così le metastasi non possono colpirla. In più, nelle piante la divisione cellulare è soggetta a un controllo più serrato da parte delle cellule confinanti di quanto non avvenga negli animali, il che rende molto più difficile che una singola cellula mutante si moltiplichi senza controllo.
• Diverse analisi condotte sugli anelli di accrescimento mostrano che, in una popolazione di alberi, quelli che sopravvivono più a lungo rispetto ai propri consimili sono contraddistinti da una crescita più lenta.
• Il cespuglio di creosoto, un arbusto nativo dei deserti dell’America sudoccidentale. Si propaga per mezzo di radici sotterranee che si irradiano dalla pianta e germogliano producendo nuovi cespugli geneticamente identici al primo. Le piante sono dette clonali.
• Il «Re Clone», il più vecchio creosoto del deserto del Mojave, la cui età è stata stimata in 11.700 anni.
• La senescenza, ossia il progressivo deterioramento delle funzioni biologiche dovuto all’età, è uno degli elementi che influiscono in maniera più decisiva sulla durata della vita, ma non il più importante.
• Essenzialmente, i geni preposti alla longevità sono gli stessi in molti organismi, tra cui il lievito di birra e gli esseri umani.
• La menopausa, che nelle donne si verifica intorno ai 50 anni, non si presenta in un nessun altro primate e sembra essere un tratto distintivo degli esseri umani, a differenza della senescenza.
• Le femmine di scimpanzé, che continuano a riprodursi fino alla fine della loro vita.
• Nel 2008, in India, una signora, tale Rajo Devi, partorì all’età di settant’anni tramite fecondazione in vitro.
• L’«ipotesi della nonna», elaborata per spiegare l’evoluzione della menopausa. Da uno studio condotto presso due villaggi del Gambia, in Africa occidentale, che si avvalse di dati raccolti prima dell’insediamento di strutture mediche, risultò che i bambini di uno o due anni la cui nonna materna fosse ancora viva avevano il doppio delle probabilità di sopravvivenza rispetto agli altri coetanei.
• Anche i cetacei dentati sono affetti da menopausa. Le femmine di orca, per esempio, smettono di riprodursi verso i 40 anni, benché vivano fino a 90.
• Solo in specie eccezionalmente longeve la femmina riesce a vivere tanto a lungo da contribuire al successo riproduttivo delle successive generazioni.
• Donne e uomini invecchiano allo stesso ritmo, ma il tasso di mortalità di base o iniziale nelle donne è più basso che negli uomini.
• «Le donne sono nate per soffrire, gli uomini per morire» (Jonathan Silvertown).
• La vicenda ovidiana di Semele, figlia di Cadmo, fondatore e re della città greca di Tebe. Incinta del figlio di Giove, rimase uccisa dal dio stesso, a causa della vendetta messa a punto da Giunone. In omaggio alla sua storia i biologi hanno coniato il termine di «semelparità», o big-bang riproduttivo, cioè il costo che la riproduzione comporta.
• Gli organismi semelpari sono quelli che si riproducono una sola volta nella vita.
• Il «Club dei Ventisette», alcuni musicisti rock che morirono a 27 anni: Robert Johnson (1911-1938), per avvelenamento da stricnina; Jimi Hendrix (1942-1970), soffocamento; Janis Joplin (1943-1970), overdose di eroina; Brian Jones (1942-1969), annegamento; Jim Morrison (1943-1971), arresto cardiaco; Amy Winehouse (1983-2011), intossicazione da alcol.
• I toporagni, piccoli mammiferi con il bisogno di consumare quantità di cibo sufficienti a rifornire di carburante il proprio organismo mai pago. Ogni giorno devono mangiare l’equivalente in cibo del doppio o triplo del proprio peso corporeo, e basta un digiuno di dodici ore a sancirne la morte.
• Gli esseri umani sono in grado di vivere per intere settimane nutrendosi solo di acqua.
• Gandhi, che all’età di 74 anni sopravvisse a un digiuno che durò ventuno giorni.
• Se gli animali grossi vivessero allo stesso ritmo di quelli più piccoli andrebbero in fiamme. Ciò non accade perché, non appena aumenta la mole corporea, il ritmo metabolico si abbassa.
• Il cuore di un toporagno, che martella al ritmo di oltre seicento battiti al minuto, mentre quello di un elefante pulsa a venticinque battiti al minuto.
• Nel 1908, il fisiologo tedesco Max Rubner pubblicò una ricerca sulla relazione tra ritmi metabolici e longevità. Secondo i suoi studi gli animali che vivono al massimo muoiono giovani.
• Rubner misurò i ritmi metabolici di cinque mammiferi addomesticati, le cui dimensioni variavano da un porcellino d’India a un cavallo, e la longevità compresa tra sei e cinquant’anni. Gli animali più piccoli hanno un ritmo metabolico più elevato rispetto a quelli di dimensioni maggiori, ma Rubner calcolò che quando si confrontano le quantità totali di energia usate nel corso della vita, risulta che il porcellino d’India e il cavallo utilizzano grosso modo la stessa quantità di energia.
• Raymond Pearl, biologo e studioso di statistica americano autore di diciassette libri e più di settecento articoli.
• Pearl, convinto che qualunque fosse il problema, i numeri erano la soluzione. Purtroppo, non sempre li azzeccava e diventava estremamente aggressivo quando glielo si faceva notare.
• Sin dall’età di 24 anni, Pearl andò alla ricerca di una soluzione matematica alle leggi della vita e della morte.
• Nel 1919 Pearl si iscrisse alla facoltà di Medicina della Johns Hopkins University di Baltimora, ma dopo appena tre settimane un incendio distrusse tutti i suoi materiali di ricerca, saggi e perfino i topi di laboratorio che avrebbero dovuto fungere da cavie per uno studio sull’invecchiamento.
• Raymond Pearl, socio del Saturday Night Club, i cui membri passavano notti di baldoria nella casa dello scrittore satirico e giornalista H.L. Mencken.
• Quella volta che Pearl si esibì al corno francese e lo strumentò saltò in aria. L’orchestra del club stava eseguendo le prime otto sinfonie di Beethoven in successione, quando, al primo movimento della quinta sinfonia, avvenne lo scoppio.
• Pearl, tra i primi scienziati a dimostrare che un consumo moderato di alcol non solo non accorciava la vita, ma poteva allungarla, e tra i primi a dimostrare la dannosità del fumo, anche a basse dosi.
• Pearl fece una comparsa nel libro pubblicato nel 1925 da Sinclair Lewis, vincitore del premio Pulitzer: in Arrowsmith, il dottor Martin Arrowsmith si consulta con Raymond Pearl riguardo la sua cura contro la peste bubbonica.
• L’ipotesi del ritmo metabolico che determina la lunghezza della vita è ormai morta e sepolta.
• L’idea dell’influenza delle dimensioni corporee sulla longevità risale ad Aristotele, ma esistono palesi eccezioni alla regola secondo cui gli animali più grossi vivono più a lungo.
• Se l’invecchiamento fosse unilaterale, una cura diventerebbe possibile, ma non lo è. È un collasso generale di sistemi multipli. Come tale, il nostro patrimonio evolutivo ci consentirà di ritardare la senescenza, ma non possiamo eliminarla del tutto.
• L’aspettativa media di vita è maggiore nei paesi ricchi che in quelli poveri, ma il rapporto tra ricchezza e durata della vita non è lineare.
• Negli Stati Uniti, dove la disparità di reddito tra i cittadini più ricchi e quelli più poveri varia a seconda dello Stato preso in considerazione, l’aspettativa di vita tende a essere più alta negli Stati in cui il divario è minore.
• In Giappone, dove il divario tra ricchi e poveri è minimo, si riscontra un’aspettativa di vita assai elevata. Portogallo, Usa e Singapore presentano le più alte disparità di reddito e le aspettative di vita più basse tra i paesi avanzati. Un aspetto interessante è che queste statistiche sono indipendenti dalla ricchezza in quanto tale: il reddito pro capite in Portogallo, per esempio, è la meta di quello degli Stati Uniti, ma il divario tra ricchi e poveri è ampio in tutti e due i paesi ed è all’origine della bassa aspettativa di vita in entrambi.