Germano Dottori, Limes: Moneta e impero 2/2015, 12 marzo 2015
BLACKROCK, IL MOLOCH DELLA FINANZA GLOBALE
(Note alla fine)
1. DI QUANTO ACCADE NEL NOSTRO PIANETA si capisce poco se non si prende atto che l’economia si è finanziarizzata e che tale finanziarizzazione ha allargato significativamente la platea degli attori capaci di influire sulla politica degli Stati. Sono cambiati dei parametri fondamentali. Secondo la Banca mondiale, il prodotto lordo globale nel 2012 è stato pari a 73.514 miliardi di dollari correnti. Di questa grandezza, l’anno seguente, il valore totale dei flussi d’esportazione di merci rappresentava poco più del 25%: 18.816 miliardi. Per quanto riflettano ingenti ricchezze, questi dati impallidiscono di fronte a quelli che concernono la liquidità virtuale. La Banca centrale europea (Bce) ha recentemente rilevato come il valore complessivo delle attività finanziarie internazionali primarie sia passato dal 50 al 350% del prodotto lordo globale nei quarantanni intercorsi tra il 1970 e il 2010, raggiungendo i 280 mila miliardi di dollari. Inoltre, alla fine di giugno 2013 si stimava che il valore nozionale [1] dei cosiddetti derivati over the counter, cioè negoziati al di fuori dei circuiti borsistici, avesse raggiunto i 693 mila miliardi di dollari.
Sono cifre da capogiro, che descrivono una realtà molto diversa da quella esistente all’epoca in cui gli economisti e gran parte della classe dirigente attuale perfezionarono la propria preparazione professionale [2]. Fanno riflettere anche le dimensioni di una grandezza intermedia come il Foreign Exchange Market, o Forex, cioè il mercato delle valute, sul quale in assenza di turbative si scambierebbero mediamente 1.900 miliardi di dollari al giorno (praticamente quanto produce ogni anno l’Italia in beni e servizi), 300 dei quali soltanto per comprare o vendere i buoni del Tesoro americano.
Gran parte di questa nuova liquidità è monetizzabile soltanto alla condizione che il pubblico creda effettivamente che agli asset in suo possesso corrisponda denaro. Se questo convincimento manca o viene meno, magari per effetto del pronunciamento negativo di un’agenzia di rating, tutta questa ricchezza virtuale si trasforma in carta straccia e la società sperimenta un rapido processo di impoverimento, perché nel tentativo di evitare la rovina il grosso dei risparmiatori corre agli sportelli per salvare il salvabile, ritirando i propri capitali dai conti correnti o cercando di vendere i titoli di cui dispone, come accadde ad esempio in Italia durante l’estate del 1992, quando si diffuse tra la gente il (giusto) convincimento che la lira sarebbe stata svalutata.
Ha avuto luogo, in sostanza, un processo di smaterializzazione della ricchezza che ha reso fiduciaria persino la moneta, il cui valore ora dipende essenzialmente dagli stati d’animo del pubblico, non essendoci più alcun aggancio all’oro dal lontano ferragosto del 1971, quando Richard Nixon pose fine alla convertibilità aurea del dollaro e al regime di cambi fìssi che legava il biglietto verde alle divise di tutti i paesi a economia di mercato.
2. È questo tipo di ambiente che ha generato BlackRock, fondata nel 1988 in piena deregulation e basata a New York, facendone una protagonista di primo piano della finanza internazionale, in grado di dispiegare una significativa influenza sulla scena politica mondiale.
Questo risultato non è frutto di un processo rapido, ma di una sapiente strategia di dilatazione delle attività che ha gradualmente portato la «Roccia Nera» a conquistare posizioni ovunque le interessasse acquisirne. Senza suscitare allarme, ma comprando via via in modo mirato piccoli quantitativi di azioni sufficienti a garantirle il diritto di entrare nei consigli d’amministrazione di banche e imprese. Così BlackRock si è inserita sia nel mercato dei venditori di asset sia in quello degli acquirenti di attività, dove si è espansa fino a gestire ben 4,1 miliardi di dollari di azioni, obbligazioni, titoli pubblici e proprietà: una cifra che corrisponde al pil combinato di Francia e Spagna.
Poi la Roccia ha compiuto due capolavori. Primo: è entrata nel capitale di due delle tre maggiori agenzie di rating esistenti al mondo, acquistando il 5,44% delle azioni di Standard & Poor’s e il 6,6% di Moody’s. In questo modo, BlackRock ha ottenuto la possibilità di influire sulla determinazione del merito di credito di titoli sovrani, azioni e obbligazioni private e per questo tramite conquistato anche il potere d’incidere indirettamente sul prezzo e sul valore delle attività da essa stessa vendute o acquistate come fondo d’investimento. Scelte analoghe sono state fatte da soggetti simili, come Capital World Investors, State Street, Vanguard Group e Thomas Rowe Price Associates [3].
Secondo: BlackRock ha preso a operare autonomamente nel settore dell’analisi del rischio, che in seguito è divenuto un comparto trainante, giacché una parte cospicua del business del colosso è oggi rappresentata dalla vendita di «soluzioni informatiche per la gestione dei dati economici e finanziari». Ormai BlackRock fa previsioni e delinea scenari, che a differenza di quelli elaborati da Standard & Poor’s o da Moody’s (sui quali ha comunque voce in capitolo) incorporano anche pesanti elementi politici.
BlackRock è riuscita a volgere in proprio favore anche la crisi economica, sfruttandone le opportunità sia per accreditarsi presso il potere politico statunitense che per rafforzarsi. Nel 2007 ha preso parte alla breve esperienza del superfondo Master Liquidity Enhancement Conduit, introdotto a sostegno del sistema creditizio statunitense vittima del credit crunch e dotato di 60 miliardi di dollari. Quindi, nel 2009 viene consultata dal segretario al Tesoro Timothy Geithner, che desiderava conoscere le vere condizioni di Bear Stearns prima di decidere sul suo eventuale salvataggio. Successivamente, l’amministrazione americana chiederà a BlackRock di individuare, valutare e liquidare gli asset tossici che aveva scoperto a sua volta di possedere o comunque garantire. Grecia e Gran Bretagna ne seguiranno le orme [4].
In pratica, insieme alla Federal Reserve che interverrà con il suo quantitative easing a stimolare la ripresa, BlackRock si è prestata a sostenere la credibilità esterna e interna del modello americano, agendo per certi versi alla stregua di un Iri privato. Lo prova il fatto che le sia stato affidato il compito di smaltire i titoli tossici della stessa Bear Stearns e dell’American International Group. In questi frangenti, la Roccia ha mostrato inoltre di possedere una gran sensibilità politica. Il suo fondatore e leader carismatico, Larry Fink, non ha del resto mai fatto mistero di essere un fervente democratico e di intrattenere rapporti cordiali con Barack Obama. Nel frattempo, sempre nel 2009, BlackRock rilevava per 13,5 miliardi di dollari Barclays Global Investors e il suo ingente portafoglio [5].
La Roccia è divenuta in tal modo un fattore di potenza del suo sistema paese di riferimento, in dialogo costante con le istituzioni statunitensi e quindi presumibilmente in grado di agire sulla base di una visione effettivamente condivisa degli interessi nazionali americani anche senza input specifici.
3. Nel perseguimento del profitto, cercato senza trascurare le esigenze della nazione di cui è e si sente parte, BlackRock ha sviluppato progressivamente la capacità di informare, formare e se del caso manipolare i propri clienti, utilizzando tecniche e software non troppo diversi da quelli impiegati da Google (del quale detiene il 5,8% del capitale) o dalla National Security Agency americana per sondare gli umori profondi delle moltitudini.
La piattaforma di cui BlackRock si serve è Aladdin, che dispone di almeno 6 mila computer concentrati in dodici siti più o meno segreti, quattro dei quali di nuova concezione, ai quali si rapportano più di 20 mila investitori professionisti sparsi per il mondo, mille «sviluppatori» e 800 analisti in house, che monitorano qualcosa come 30 mila portafogli d’investimento [6]. La pagina Internet con la quale BlackRock lo presenta al pubblico spiega che Aladdin è molto più di una semplice tecnologia, configurandosi piuttosto come un sistema produttore e fornitore di «collective intelligence» a profitto di quanti acquistano i suoi servizi.
La Roccia dispone altresì di un suo centro studi d’eccellenza, il BlackRock Investment Institute, che a differenza delle agenzie di rating elabora analisi qualitative e non puramente quantitative, in cui si tengono in alta considerazione anche le variabili politico-strategiche. Nel suo recente rapporto Dealing with Divergence risalente al novembre scorso, ad esempio, il quarto elemento che viene additato alle valutazioni dei lettori in vista del 2015 è la presenza «di molti conflitti regionali a somma zero privi di soluzioni rapide (si pensi a Ucraina e Medio Oriente)». All’andamento delle singole crisi sono collegate le possibili conseguenze sul piano economico: un urto militare con la Russia, ad esempio, secondo BlackRock provocherebbe una fuga di capitali verso Stati Uniti e Germania. Aggiunge il rapporto: «Lo spettro di una decomposizione dell’Unione Europea potrebbe riaffacciarsi con un voto greco ed elezioni britanniche che probabilmente prepareranno la strada a un referendum sull’appartenenza del Regno Unito all’Ue» [7].
Dunque, BlackRock è un grande fondo d’investimento dotato di notevole potere di mercato e di spiccata sensibilità politica, interessato al profitto, ma anche alla stabilità, alla sicurezza e alla prosperità degli Stati Uniti, di cui interpreta gli interessi, motu proprio o all’interno di un meccanismo informale di concertazione. Proprio per questo ne andrebbe tracciato il comportamento, allo scopo di comprendere portata, significato e implicazioni delle sue mosse.
In ragione della loro opacità rispetto al grande pubblico, i mercati finanziari su cui operano i fondi d’investimento come BlackRock si prestano alla realizzazione di campagne sanzionatorie informali, che non impegnano ufficialmente gli Stati, ma possono efficacemente veicolarne ambizioni e volontà. Pochi sanno, a questo proposito, che BlackRock svolse probabilmente un ruolo molto importante nel precipitare la crisi del debito sovrano italiano che travolse nel 2011 il governo presieduto da Silvio Berlusconi. Lo spread tra i Bund tedeschi e i nostri Btp iniziò infatti a dilatarsi non appena il Financial Times rese noto che nei primi sei mesi di quell’anno Deutsche Bank aveva venduto l’88% dei titoli italiani che possedeva, per un controvalore di 7 miliardi di euro [8]. Non pochi videro in quel gesto un attacco al nostro paese ispirato da Berlino e dai poteri forti di Francoforte [9]. A uno sguardo più attento, tuttavia, si scopre che il potente istituto di credito tedesco vantava all’epoca un azionariato estremamente diffuso, con poco più di 660 mila stakeholders (quasi tutti investitori privati) e il 48% del capitale sociale detenuto fuori dai confini della Repubblica Federale. Il suo azionista più importante era proprio BlackRock, con il 5,14%. Seguivano la svizzera Credit Suisse (3,86%) e la Capital Research and Management Company di Los Angeles (3,08%): per statuto gli unici investitori a dover essere pubblicamente menzionati nei reports di Deutsche Bank, date le dimensioni delle loro quote [10].
Si può escludere che BlackRock non abbia avuto alcuna parte nel determinare una scelta di valenza tanto strategica quale quella di dismettere in pochi mesi quasi tutti i titoli del debito sovrano di un paese dell’Unione Europea? Se attacco c’è stato, non è detto pertanto che sia stato congegnato e perpetrato dalle autorità politiche ed economiche della Germania. Ed è comunque un fatto che a picchiare più duramente contro i nostri titoli a partire dall’autunno 2011 siano proprio Standard & Poor’s e Moody’s, le agenzie partecipate anche da BlackRock, piuttosto che Fitch. Alla loro pressione non sfugge neanche il governo di Mario Monti, che il 13 gennaio 2012 si vede sfilare da S&P l’ultima A, con conseguenze che continuiamo a pagare.
4. C’è un’ulteriore ragione che dovrebbe indurci, come italiani, a prestare attenzione a BlackRock: il ricco fondo americano ha messo radici in molte realtà imprenditoriali di peso del nostro paese e dal 2000 dispone di una propria sede a Milano. Secondo Paolo Gila e Mario Miscali, a fine 2011 la Roccia deteneva il 5,7% di Mediaset, il 3,9% di Unicredit, il 3% di Enel e del Banco Popolare, il 2,7% di Fiat e Telecom Italia, il 2,5% di Eni e delle Generali, il 2,2% di Finmeccanica, il 2,1% di Atlantia (società che controlla Autostrade per l’Italia) e Terna, il 2% della Banca Popolare di Milano, di Fonsai, Intesa San Paolo, Mediobanca e Ubi [11].
Molte di queste partecipazioni si sono dilatate in questi tre anni. BlackRock è diventata ormai il primo azionista di Unicredit con il 5,24%, mentre con il 5% ha scavalcato la Cariplo come secondo stakeholder di San Paolo Intesa, alle spalle della Compagnia di San Paolo. Sarebbe salita al 5% anche la sua partecipazione in Atlantia e al 4% quella in Fiat, prima del suo dissolvimento in Fca. Sarebbe, infine, ormai pari al 9,4% la quota acquisita in Telecom. Si tratta di presidi strategici, in quanto permettono a BlackRock di posizionarsi al meglio in vista di quella svendita degli asset italiani pregiati che molti invocano da tempo per alleggerire il debito pubblico e la pressione fiscale. E forse anche di condurre operazioni di vera e propria intelligence economica, se non azioni di vera e propria segnalazione politica.
Non mancano, sotto questo profilo, precedenti inquietanti. Il più noto ha avuto come protagonista Saipem, gioiello del gruppo Eni che deve la sua fama al fatto di essere l’azienda leader nella posa dei tubi sottomarini. BlackRock vi aveva una partecipazione del 2,3%, venduta all’improvviso nel gennaio del 2013 proprio alla vigilia di comunicazioni sociali con le quali Saipem avrebbe ufficializzato il drastico calo dei propri utili. Un caso probabile di insider trading? Può darsi. Ma magari anche il tentativo di affossare una società giudicata scomoda oltreoceano in ragione dei progetti in cui era coinvolta. L’annessione della Crimea e la cancellazione da parte russa del gasdotto South Stream, della cui posa Saipem era incaricata, erano al tempo di là da venire.
Giova ricordare come l’Italia sia un paese molto vulnerabile, tanto dal punto di vista economico quanto da quello politico. Da qualche tempo si dice che la disinvoltura con cui i nostri governi stanno cercando di attrarre capitali e investitori dall’estero sia motivo di preoccupazione tra gli anglosassoni, i quali non avrebbero gradito la cessione alla State Grid Corporation of China del 35% di Cdp Reti, che tra l’altro controlla Terna (l’infrastruttura elettrica nazionale). I cinesi avrebbero altresì acquisito da Finmeccanica il 40% di Ansaldo Energia e conquistato posizioni – solitamente pari al 2% – in molte imprese dov’è presente anche BlackRock, come Enel, Eni, Fiat, Generali e Telecom [12].
In un contesto in cui la politica italiana guarda a oriente e gli americani si chiedono perché, non manca chi pensa che compito principale di BlackRock nel nostro paese sia marcare stretto gli investitori cinesi per conto di Washington. Che sia vero o no, la Roccia può prestarsi a questo disegno di containment finanziario dell’espansionismo di Pechino. E sarà bene che chi di dovere ne tenga conto.
Note:
1. Si definisce nozionale il valore dell’attività Finanziaria alla quale è legato un contratto derivato.
2. Su questo cambiamento, si vedano le pertinenti osservazioni di G. TREMONTI, Uscita di sicurezza, Milano 2012, Rizzoli, pp. 43-56.
3. CFR. P. GILA, M. MISCALI, I SIGNORI DEL RATING, TORINO 2012, BOLLATI BORINGHIERI, PP. 70-83.
4. «BlackRock. The Monolith and thE Markets», The Economist, 7/12/2013.
5. M.J. DE LA MERCED, «BlackRock’s Big Deal with Bardays», The New York Times, 11/6/2009.
6. Uno dei siti si troverebbe a East Wenatchee, nello stato americano di Whashington. Degli altri tre nuovi, uno dovrebbe trovarsi sempre in Nordamerica, un secondo in Europa, probabilmente in Gran Bretagna, il terzo in Asia o Medio Oriente.
7. Dealing with Divergence, 2015 nvestment Outlook, BlackRock Investment Institute, novembre 2014, pp. 2 e 12.
8. R. MILNE, J. WILSON, «Deutsche Bank Hedges Italian Risk», Financial Times, 26/7/2011. Nel prezzo si nota come la riduzione dell’esposizione complessiva dell’istituto tedesco nei confronti dell’insieme dei Piigs fosse stata inferiore: 70% contro l’88% deliberato sui titoli italiani.
9. F. SAVELLI, «“La scelta di Deutsche Bank? Un suicidio”. L’ex premier: “Significa la fine di ogni legame di solidarietà. Sono assolutamente turbato”», Corriere della Sera, 28/7/2011 ; M. MUCCHETTI, «Btp nel mirino della speculazione. Chi scommette contro di noi», Corriere della Sera, 29/7/2011.
10. Informazioni e dati sono tratti dal sito Internet della Deutsche Bank. Cfr. in particolare, Deutsche Bank Annual Review 2011-Stakeholders, p. 39.
11. P. GILA, M. Miscali, op. cit., p. 76.