Paolo Siepi, ItaliaOggi 11/3/2015, 11 marzo 2015
PERISCOPIO
Mattarella elogia il «lavoro silenzioso delle donne». L’avesse detto Berlusconi, l’avrebbero subito messo agli atti. Spinoza. Il Fatto.
Bei tempi quando lui faceva le cene eleganti, ancora esisteva la sinistra. Jena. la Stampa.
Negli Usa la polizia uccide un nero nell’anniversario di Selma. È importante tenere viva la memoria. MF.
Sono uno che si arrabbia. Però se uno mi tende il mignolo, gli do il braccio. Renato Brunetta, capogruppo Fi alla Camera. Agenzie.
L’informatica è l’oppio dei popoli. La Stampa.
La destra, in Italia, è oggi orfana di un leader. Non basta che ci sia un’onda di destra, come in altri paesi d’Europa. Ci vuole anche qualcuno che sia in grado di mettersi alla guida. Qui non c’è la signora Le Pen, che da sola vale dieci uomini. Giampaolo Pansa (Massimo Rebotti). Corsera.
L’incontro che dà il marchio della giornata è con una signora-bene che non conosco, mi ferma, a dir poco concitata: «Mi dica, mi dica: è fatta? Lo cacceremo?». «Signora, non le so dire. Penso di sì...»: « Ma lei me lo deve dire, perché qui non ce la facciamo più... Guardi, se non si vince, io me ne torno a Parigi, e qui non vengo più». Primo giramento di coglioni. «Lei si rende conto che figura facciamo all’estero? Le vede le tv straniere, li legge i giornali? Come ci trattano a causa sua... Io mi vergogno di essere italiana...». Il giramento diventa rottura. «E guardi che non sono la sola. Anche altri amici hanno deciso di andarsene. Ha sentito Eco?». Opto per la fuoriuscita morbida: «Beh, signora, speriamo bene. Arrivederla». Salto con educazione, ma lei è chiaramente delusa per la mia scarsa tensione rivoluzionaria. Claudio Velardi, L’anno che doveva cambiare l’Italia. Mondadori. 2006.
Berlusconi ha avuto la capacità e la fortuna di avere l’Italia in mano, ma purtroppo è riuscito a farsela sfuggire. Certo, non è stato aiutato, i suoi l’hanno lasciato da solo e ci si sono messi anche i giudici.... Assunta Almirante, vedova di Giorgio Almirante, segretario del Msi (Mimmo Di Marzio). il Giornale.
Forza Italia si è disintegrato, com’è accaduto alle regionali in Emilia Romagna e come rischia di succedere anche in Puglia. In troppi sono convinti che sia sufficiente Berlusconi e il simbolo. Denis Verdini, per esempio. Ottimo organizzatore ma con la terribile convinzione che nei partiti la democrazia non serva. Errore blu! Io, per dire, che qualche votuccio lo spostavo e ancora lo sposto, fui epurato dalle liste per le europee perché dovevano infilare il signor Toti. E qual è il risultato? Che ora sentiamo questo Toti rilasciare, nei panni del consigliere di cartavetrata, brutali interviste contro Fitto. Claudio Scajola, ex ministro Forza Italia (Fabrizio Roncone). Corsera.
C’è un aspetto non entusiasmante della nostra democrazia: la sua vocazione a far coincidere la libertà di tutti con i comodi di ciascuno. I quali comodi, alla lunga, si rivelano scomodi per tutti e per ciascuno. Saverio Vertone, L’ultimo manicomio. Rizzoli, 1992.
La sirena proviene dalle nostre spalle. Lacera l’aria, e noi tutti, in auto, accostiamo in fretta. Ecco l’ambulanza che passa a stento, e si allontana veloce, urlando il suo lamento. Resto a guardarla, presa dalla nostalgia. Da ragazza, sulle ambulanze ho fatto la volontaria. Croce Verde Baggio: la sede era in fondo a via Forze Armate, tra le case popolari, d’inverno sempre dentro a un pozzo di nebbia - la nebbia che c’era, una volta, a Milano. A inizio turno si parcheggiava in «colonnina», cioè in una piazzola con un telefono collegato al 118. La nebbia, con la notte, si faceva più fitta; le strade, negli anni di piombo, semideserte. Ma noi dell’equipaggio avevamo vent’anni. Scherzavamo fra noi, e ci bevevamo un caffè a un dopolavoro dell’Atm: dove i vecchi giocavano a carte, e il fumo si tagliava a fette. Una chiamata dalla centrale. Se era urgente l’autista accendeva la sirena, che era diversa da adesso, più acuta; e si partiva di corsa, traversando con il rosso, spaccando con quel grido stridente il silenzio della periferia. (Quel correre, lo confesso, mi piaceva; sentivo il cuore che mi saliva in gola). Spesso, era un incidente. A volte l’uomo sul selciato era già inerte. Lo guardavo con sbalordimento: un attimo, mi dicevo, e tutto già finito. E quante volte siamo andati nei casermoni di Baggio, chiamati da un vecchio che aveva in faccia il livido pallore di un infarto. E allora si correva all’ospedale, ed era bello vedere i portelloni del pronto soccorso, avvertito, spalancarsi, come ad accogliere quello sconosciuto. Marina Corradi. Tempi.
Con Gassman ebbi un incidente divertente. Lui curava la pressione alta con l’aglio e io sono un vampiro. Su un set di Scola dovevo baciarlo spesso e ne uscivo regolarmente frastornata. Ettore minimizzava: «Che vuoi che sia?» e io cercavo di spiegargli l’incubo: «Tu non lo baci, ma ti assicuro che mi sta uccidendo». Vittorio era fragile. Vulnerabile. Ironico. Come Tognazzi. Un signore. Uno che sapeva scusarsi. Con Sordi, simpaticissimo, ho invece fatto un solo film, ma ci frequentavamo. Adorava affascinare. Sapeva che mi sarei schiantata per un suo sketch e abbondava generoso con le gag, anche a tavola. Stefania Sandrelli, attrice (Malcom Pagani e Fabrizio Corallo). Il Fatto.
Mi addormentai su una panchina di legno, terza classe, e arrivai a Venezia che l’alba dava una mano rosa alle cuspidi dei campanili. Dal fornaio degli Scalzi, davanti al ponte, usciva un buon odore di pane fresco. Bussai due colpetti alla saracinesca e chiesi all’uomo in canottiera che si affacciava se aveva una «mantovana» da vendermi. Lui me ne passò una, ma non volle i soldi. Nantas Salvalaggio, Rio dei pensieri. Mandadori. 1980
Seduti davanti tre tazze di caffè, discorrono, ad Alamein, di guerra, di insalata, di cavolfiori, d’uva, dei tedeschi prepotenti e dei latini che si lascian fare. Il cappellano, un piemontese dalla faccia intelligente e contadina, che ha pronunciato poche parole, esce e ricompare con un libriccino che ha tolto dalla sua valigetta, lo apre e legge: «Cuis exhibetis vos servos ad obidiendum, servi estis eius», quando si obbedisce a uno come schiavi, si diventa suoi schiavi. Epistola di San Paolo ai romani, capo settimo, paragrafo sedici. E così sta succedendo agli italiani con i tedeschi. Paolo Caccia Dominioni, Alamein. Longanesi. 1966.
Il successo meritato suscita più invidia di quello immeritato. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 11/3/2015