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 2015  marzo 11 Mercoledì calendario

LA GERMANIA SI RIARMA: PER MERKEL LA PACE «NON È UN FATTO SCONTATO» E JUNCKER PROPONE UN UNICO ESERCITO UE, ANCHE IN CHIAVE ANTI-PUTIN

La pace in Europa? Non è un fatto scontato». Parole di Angela Merkel, pronunciate a Roma il 22 febbraio scorso, dopo un lungo colloquio con Papa Francesco. Quel giorno la cancelliera, quale presidente di turno del G7, si era recata dal pontefice per esporgli l’agenda della sua presidenza, soprattutto gli impegni nella lotta contro la povertà, a cui Francesco tiene molto. Subito dopo, fece visita alla Comunità di Sant’Egidio, a volte braccio secolare della politica estera vaticana, e fu in quella sede che parlò della pace come fatto non più scontato in Europa, dopo 70 anni di pace. Da sempre, quando parla la Merkel, è bene drizzare le antenne. Così, nel mio piccolo, dopo il 22 febbraio ho cominciato a raccogliere in una cartellina alcuni ritagli sulla «fine della pace», distinti da quelli sui focolai di guerra accesi dall’Isis e dalla crisi ucraina.
In meno di un mese, è stato un crescendo. Il 3 marzo, il Corriere della sera titola: «La Germania si riarma (pensando a Mosca): sale la spesa per la difesa». Il 5 marzo, sempre sul quotidiano milanese, un’intera pagina è dedicata alla «corsa al riarmo della Cina», dove «la spesa militare cresce del 10 per cento». E l’8 marzo, in un’intervista al quotidiano domenicale tedesco Die Welt am Sontag, il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, afferma: «La Nato non basta: l’Unione europea ha bisogno di un proprio esercito, da usare non immediatamente, ma per far capire alla Russia che siamo seri nel difendere i nostri valori». Parole forti, che Juncker, non avrebbe mai pronunciato senza il consenso tacito di Angela Merkel.
Così, mentre in Italia il teatrino politico si dedica alle solite chiacchiere e a finte riforme (come la trasformazione del senato in un dopolavoro per sindaci e consiglieri regionali), è sempre più a Berlino e a Bruxelles, vale a dire all’Europa, che bisogna guardare per capire cosa ci aspetta. A Berlino, infatti, il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, nel presentare il budget 2015, ha annunciato che la Germania, per la prima volta dal 1981, aumenterà la spesa per la difesa. Schauble non ha indicato cifre, ma è scontato che si tratterà di miliardi di euro, visto che le forze armate tedesche sono considerate in stato di decadimento. Nel 1981 Berlino spendeva per la difesa il 3,2% del pil. Un impegno che, nei tre decenni successivi, si è via via ridotto, scendendo all’1,4% del pil nel 2013, con una spesa di 48,8 miliardi di dollari l’anno.
Questo ha fatto sì che la Germania sia scesa al settimo posto nella graduatoria mondiale delle spese per la difesa, preceduta da: Stati Uniti (640 miliardi di dollari di spesa militare nel 2013, pari al 3,8% del pil), Cina (132 miliardi, 2%), Russia (87,8 miliardi, 4,1%), Arabia Saudita (67 miliardi, 9,3%), Francia (61,2, 2,2%), Regno Unito (57,9, 2,3%). In pratica, Berlino spende per la difesa poco più dell’Italia, visto che il nostro Paese è undicesimo nella graduatoria mondiale, con 32,7 miliardi di dollari spesi, pari all’1,6% del pil.
Nel settembre scorso, durante un vertice Nato, la Germania, al pari degli altri membri dell’alleanza atlantica, si è impegnata a portare gli investimenti nella difesa al 2% del pil, sia pure con gradualità. Oggi le caserme militari tedesche sono giudicate in gran parte fatiscenti, a volte inabitabili, e l’esercito è dotato di sistemi d’arma vecchi e inadeguati. Per questo il ministro della Difesa, Ursula Von der Leyen, ha incaricato duecento esperti militari di ridisegnare la strategia delle forze armate tedesche del futuro.
Da notare: la signora Von der Leyden è stata la prima a dirsi d’accordo con Juncker, spiegando che «il nostro futuro di europei esigerà un giorno che ci dotiamo anche di un esercito comune». Ma Juncker sembra avere una certa fretta, e nell’intervista a Die Welt am Sontag ha spiegato: «L’immagine dell’Europa ha sofferto drammaticamente anche in termini di politica estera: non sembra che siamo presi completamente sul serio». Parole tremende, da bocciatura senza appello: chiunque, nei panni di Lady Pesc, Federica Mogherini, avrebbe chiesto quanto meno spiegazioni, e in loro mancanza, si sarebbe già dimesso. Ma per Juncker (che non cita mai la Mogherini) la debolezza della politica estera europea dipende dal fatto che l’Europa non ha un esercito proprio: «La Nato non può bastare, visto che non tutti i Paesi membri dell’Alleanza atlantica lo sono anche della Ue. Una forza armata europea, invece, mostrerebbe al mondo che non ci saranno mai più guerre tra gli Stati membri, aiuterebbe a disegnare una politica estera e di sicurezza comune, e permetterebbe all’Europa di assumersi le sue responsabilità nel mondo».
Non è detto, però, che la proposta di Juncker sia approvata dall’intera Unione europea. Anzi: a fronte del sostegno della Germania, ha già incassato il «no» secco del premier inglese, David Cameron, che considera «la difesa una responsabilità nazionale». La Francia non si è ancora pronunciata, ma in passato l’ha sempre pensata come Cameron. Quanto alla Russia di Vladimir Putin, la risposta a Juncker è stata immediata: «Un esercito europeo? Sarebbe una provocazione». E l’Italia? Matteo Renzi, di solito loquace, per ora tace.
Tino Oldani, ItaliaOggi 11/3/2015