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 2015  marzo 07 Sabato calendario

SEMPRE SINCRO CON ME STESSO


[Giorgio Minisini]

Quando con la nostra intervista in tasca salutiamo Giorgio Minisini, 19 anni da compiere il 9 marzo, la sensazione che ci resta è di insolito ottimismo. Ce ne andiamo con la convinzione che i giovani possano davvero garantire un futuro migliore a questo Paese di ignoranti e furbetti. Giorgio ha fatto scelte controcorrente. Giorgio ha sofferto. Giorgio ha resistito. Giorgio sa vedere le cose al di là della loro immagine, oltre i luoghi comuni, tuffandosi nella vita in profondità. Perché se ti limiti a galleggiare, vedi solo quello che gli altri ti vogliono far vedere.
Giorgio ha scelto di essere un sincronetto. Già, un maschio tra le belle ragazze extratrucco, brillantini e tappanaso del nuoto sincronizzato. Non che sia il primo al mondo (ricordate l’americano Bill May?), ma in Italia nessuno è andato avanti quanto lui. Agli Assoluti, Giorgio è il solo a gareggiare con le donne e quest’inverno ha ricevuto la convocazione in Nazionale che lo porterà, a luglio, ai Mondiali di Kazan, in Russia. La Federazione internazionale di nuoto ha infatti da poco deciso di concedere anche agli uomini la storica opportunità di partecipare e lui ci sarà, pronto a battersi con i migliori del pianeta (e ce ne sono) nel duo misto.
Lo incontriamo tra l’allenamento in vasca e quello in palestra all’Olgiata 20.12, la sua società, praticamente dall’altra parte di Roma rispetto alla sua casa di Ladispoli.

Dunque si va ai Mondiali, responsabilità non da poco, Giorgio.
«Quest’anno sono arrivati la Nazionale e i collegiali, per me è tutto talmente nuovo che non riesco ancora ad aver paura dei Mondiali. Di sicuro c’è una gran voglia di far bene. Con le mie fenomenali doppiste (Manila Flamini per il tecnico e Mariangela Perrupato per il libero; ndr) moriamo dalla voglia di spaccare tutto. In Russia farò il duo classico e, per la prima volta, il duo misto contro altre coppie di uomini e donne. I rivali numero uno restano gli americani: incontrerò Bill May, il mio mito, sarà un onore e una grandissima emozione. Ma c’è anche un russo molto bravo, un giapponese, un ucraino, un turco, un colombiano... Eh, ce ne sono parecchi! Finalmente».
Sua madre è allenatrice, suo padre giudice internazionale. Una famiglia devota al nuoto sincronizzato. Eppure per lei la scelta non è stata cosi scontata, giusto?
«Pare che fino a tre anni fossi terrorizzato dall’acqua...».
Saranno stati tutti contenti...
«Uh, moltissimo... Per fortuna un giorno mi hanno trovato già immerso a galleggiare, mi muovevo senza nessuno intorno. Da lì ho iniziato le lezioni di nuoto, ma la molla che ha cambiato tutto è stato proprio Bill May, il primo, famosissimo sincronetto. Ero un bambino quando l’ho visto esibirsi, mio fratello ha voluto iniziare subito con il sincro e io l’ho seguito poco dopo, nel 2002. All’epoca avevo 6 anni e ovviamente mi allenavo con le ragazze».
In tempi come questi, di bullismo, intolleranza e pregiudizio, non dev’essere stato facile.
«I pregiudizi c’erano allora e ci sono adesso. Ce ne sono tanti ovunque, figuriamoci davanti a una situazione del genere... Quando ero molto piccolo mi sembrava tutto normale, non c’erano ombre, ma da adolescente è stata dura. Qualcuno diceva che ero gay e in quella fase della vita non è semplicissimo far finta di niente. Io poi facevo da anni anche taekwondo... Lì insegnano a evitare lo scontro fisico, ma devo ammettere che ogni tanto non mi sono tenuto. Alle medie e al liceo mi sono più volte chiesto se ne valesse la pena, vista pure la mole di allenamenti che mi tagliava fuori dalla vita dei miei coetanei. Ma alla fine sono andato avanti, non potrei vivere senza il sincro. Adesso è diverso, sono cresciuto e mi concentro solo su quello che faccio, non su quello che pensa la gente».
Anche perché quello che fa le viene parecchio bene.
«È vero. Poi basta guardare un mio esercizio per capire che non imito le ragazze: io in acqua faccio il maschio. Inevitabilmente c’è il gioco uomo-donna, ma ci sforziamo sempre di mantenere altissimo anche il tasso tecnico, altrimenti verrebbe fuori una piacionata... Non dimentichiamoci poi che il sincro è un’evoluzione del nuoto, non è la danza in acqua. Nasce come uno sport maschile, ma nella prima metà del Novecento, complice Esther Williams, è diventato femminile. Si pensa a uno spettacolo più che a un esercizio, ma dietro c’è un lavoro massacrante e alcune specialità (come il tecnico) non sono divertenti per niente da vedere. Nel libero però c’è il voto per l’espressione artistica: è chiaro che è più bello vedere Romeo e Giulietta se Romeo è un uomo, ma rischi anche di essere banale. Credo davvero che sia un’arma a doppio taglio, non solo da quel punto di vista: sono più forte delle ragazze ma affondo, sono più veloce ma molto meno elastico. Alla fine la mia performance e quella delle donne si equivalgono».
Possibile che alcuni talent, che hanno messo in luce in televisione il valore di tanti giovani ballerini senza dar peso alla loro sessualità, abbiano aiutato a sdoganare ruoli, diciamo, atipici come il suo?
«È molto vero. I talent hanno grandi meriti e qualcosa nel sincro si sta muovendo: io resto l’unico maschio della mia età, ma nelle categorie giovanili qualcuno c’è e questo mi fa ben sperare».
Anche l’ok agli uomini ai Mondiali avrà aiutato.
«Più che altro aiuterà. Questa novità è un’ottima rampa di lancio. È meglio iniziare sapendo di avere qualche porta aperta, piuttosto che tutte porte chiuse».
Pensa mai al suo futuro?
«No, le cose si ottengono passo dopo passo, come questi Mondiali. L’Olimpiade? Se si aprisse anche quel portone sarebbe incredibile... Io comunque vado avanti, ma senza sapere quale sia il mio traguardo».
Prima parlava di sacrifici.
«Ho rinunciato a moltissimo. Non uscivo mai con gli amici, ho anche perso un anno di scuola (frequenta il liceo scientifico Pio XII a Roma; ndr). Ora studio tanto, principalmente in treno. Sono un appassionato di biochimica. E poi, tra le cose cui non potevo dedicare molto tempo, ci sono le ragazze... Anzi c’erano. Adesso sono fidanzato: da due anni sto con Eleonora Cordeschi, mia compagna di squadra. Ha quattro anni più di me quindi all’inizio non sembrava possibile, invece...».
E gli altri sport?
«Se c’è l’occasione di fare una partita a pallone o a pallavolo con gli amici, state sicuri che non mi tiro indietro. E voglio pure vincere! Sono competitivo, lo sono sempre stato, una volta ho anche tirato una racchetta a mio fratello... Poi tifo Milan, senza scaldarmi troppo».
Invidioso dei successi e dei guadagni dei calciatori?
«Non è colpa loro se tutta l’Italia li guarda. A me non piace solo chi non rispetta lo sport e la passione degli altri».
La musica?
«Non suono e non canto. Ma ascolto. Principalmente rap non commerciale. Insomma quello che sento io non passerà mai nelle radio. Come Mezzosangue, uno che scrive testi veri, crudi, denuncia realtà preoccupanti».
Per lei qual è la realtà più preoccupante dell’Italia di oggi?
«Le classi sociali: i poveri sono in continuo aumento e i ricchi sono sempre meno ma sempre più ricchi. Gli immigrati? Lo siamo stati anche noi, non dovrebbe essere un problema».
Da come parla verrebbe da dire che segue la politica.
«Purtroppo. Preferirei non seguirla, ma lo faccio. E l’unica cosa che posso dire è che stiamo andando nella direzione sbagliata. La situazione è delicatissima, non solo in Italia, ma anche in Ucraina, in Siria, in Libia...».
Non la spaventano le minacce dell’Isis?
«Mi fa più paura l’odio che possono scatenare, l’intolleranza verso i musulmani tutti. Il nostro è un Paese che pensa poco e quando pensa lo fa solo per sé, senza mai riflettere sulle ragioni degli altri».