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 2015  marzo 10 Martedì calendario

BOIA - Almeno 753 esecuzioni: la metà per reati legati al traffico di droga e il 32% per omicidio. Alcuni sono casi che hanno fatto scalpore, come quello di Reyhaneh Jabbari (nella foto), una ventiseienne che confessò di aver pugnalato l’uomo che voleva stuprarla; di tanti altri si conoscono soltanto le iniziali

BOIA - Almeno 753 esecuzioni: la metà per reati legati al traffico di droga e il 32% per omicidio. Alcuni sono casi che hanno fatto scalpore, come quello di Reyhaneh Jabbari (nella foto), una ventiseienne che confessò di aver pugnalato l’uomo che voleva stuprarla; di tanti altri si conoscono soltanto le iniziali. È il quadro della pena capitale nella Repubblica Islamica nel 2014 che emerge dall’ultimo rapporto di «Iran Human Rights». Solo il 39% di queste condanne sono state annunciate ufficialmente, ma gli attivisti del gruppo con sede a Oslo assicurano di basarsi su testimonianze certe raccolte all’interno del Paese. Per numero, le esecuzioni segnano un record da 15 anni a questa parte, con un aumento notevole sotto la presidenza del riformista Rouhani. E questo succede — denuncia il portavoce Mahmood Amiry-Moghaddam — proprio ora che migliorano i rapporti tra l’Iran e i Paesi occidentali. Mentre le potenze cercano un’intesa sul programma nucleare di Teheran, 47 senatori repubblicani hanno avvertito in una lettera all’Iran che l’accordo non durerà sotto il prossimo presidente Usa. Gli attivisti di «Iran Human Rights» invece non sono contrari ai negoziati, ma spiegano che «è ora che anche i diritti umani traggano beneficio da questo dialogo». L’Iran ha dichiarato in passato al Corriere , attraverso la vicepresidente Massoumeh Ebtekar, che la ragione di tante esecuzioni è il traffico di droga, un problema serio. Ma diverse nazioni, inclusa l’Italia — nell’ambito della «revisione universale periodica» al Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra — hanno chiesto a Teheran di «considerare una moratoria sulla pena di morte in vista di una sua abolizione, in particolare per quanto riguarda i reati di droga e per altri crimini che non rientrano tra i più gravi». La risposta è attesa il 20 marzo, e gli attivisti chiedono al mondo di tenere alta l’attenzione. Intanto, anche all’interno della Repubblica Islamica sembra crescere l’opposizione alla pena capitale: in 681 casi, tra il marzo 2013 e il dicembre 2014, i parenti delle vittime hanno perdonato il killer risparmiandogli la forca.