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 2015  marzo 11 Mercoledì calendario

REPUBBLICANI

Anni renziani. Di politica svelta, qualche volta anche spiccia. Anni grillini. Di antipolitica, di guerra senza confine ai partiti tradizionali, Male Assoluto da distruggere. Eppure. Eppure da venerdì a domenica scorsi a Roma si è riunito a congresso il Partito repubblicano italiano. Congresso numero 47. Morto che parla? Non esageriamo, che balbetta. Le agenzie di stampa alle nobili assise della forza politica che fu di Ugo La Malfa e Bruno Visentini, che espresse la presidenza del Senato con Giovanni Spadolini, non hanno dedicato neppure una riga. Nonostante l’annunciato messaggio di saluto del neopresidente Mattarella, nonostante l’intervento dell’«amico Pannella». Durata? Quasi un’ora. Ma almeno il vecchio Marco ne ha tentate tante per tenere la sua creatura al passo coi tempi. Invece il vecchio Pri, è solo il vecchio Pri. Con le furibonde e irrilevanti liti interne per cui a una settimana dalle assise la fazione romagnola chiedeva al coordinatore nazionale Saverio Collura di rinviare il congresso di un mese. Collura, renzianamente, ha tirato dritto. A differenza del vecchio Pri, in Parlamento non c’è più: il presidente Francesco Nucara, quello che li portò in territori berlusconiani, non è stato rieletto. L’altro particolare mancante nella foto sbiadita è la location : lo sparuto gruppo di delegati non si riuniva all’Ergife. Problema di costi? Però era proprio il caso di finire al Centro Congressi The Church sull’Aurelia, a due passi dal Vaticano, in un hotel costruito attorno a una chiesa a tre navate dove si dice regolarmente messa? Ma come? Il partito laico erede di Garibaldi e Mazzini? Che malinconia. Una domanda sorge spontanea: ha senso resistere così? La spiegazione? Il Partito liberale italiano, l’eterno alleato-rivale. Anche loro esistono ancora. Il congresso l’hanno fatto a ottobre. E hanno pure un deputato, Ivan Catalano, transfuga grillino. Pri battuto. Vabbe’.