Maurizio Chierici, il Fatto Quotidiano 8/3/2015, 8 marzo 2015
URUGUAY, SE IL FIGLIO È UN LADRO IN CARCERE FINISCE LA MAMMA
A volte i magistrati inciampano nel calendario: distrazione, dimenticanza, chissà. Sabato 7 marzo, vigilia della festa dedicata alle donna e ricordata in pompa magna in ogni microfono del mondo; poche ore prima degli speciali Tv, mimose e discorsi per spiegare come mai si rende omaggio alla dignità dell’altra metà del cielo, a Montevideo, Uruguay, un giudice condannava a 3 mesi di carcere una donna di 50 anni, fedina penale immacolata.
Alla signora Maria H.G. si rimprovera una colpa che non ammette perdono: d’essere madre di un ragazzo di 12 anni il quale trascura la scuola, intruppato in una banda di adolescenti “mani lunghe” sulle bancarelle dei mercati. La sentenza che la inchioda recita “omissione dei doveri inerenti alla patria potestà “
Maria H.G. sbarca il lunario come può, storia che ripete milioni di storie attorno alle luci di ogni capitale, da Buenos Aires a Città del Messico. Lava pavimenti, fruga nelle immondizie dei quartieri rosa per raccogliere, stracci, piatti, bicchieri di plastica, bottiglie vuote da rivendere sotto gli ombrelloni che accompagnano il traffico delle strade. Vedova da anni ha cresciuto il ragazzo così: alla sera torna nella baracca coi soldi che assicurano la cena. Qualche settimana prima era stata condannata a 16 mesi la madre di un giovanotto di 17 anni: coltello in mano per spaventare le commesse, era scappato con un tablet da 180 dollari, lupo solitario mentre i genitori sgobbavano in chissà quale lavoro. In tribunale è finita solo la madre, il padre no perché il ruolo sociale che gli compete si ferma al mantenere la famiglia mentre la moglie oltre al mantenere deve per legge vigilare sui figli, quindi responsabile delle loro malefatte, imperdonabile omessa patria potestà.
Come mai solo le madri vengono considerate responsabili delle ruberie dei figli? Lo stabilisce la legge dettata dai militari nel 1972: chiudere fra le sbarre gli angeli del focolare ai quali i ragazzi sono legati a doppio filo per l’evanescenza di padri svuotati dalla fatica attorno alle tavole della cena; insomma, strappare il pilone portante della famiglia viene considerato un ricatto funzionale al ravvedimento dei baby malfattori. Non ha funzionato e ancora non funziona. Furti, assalti, automobili svuotate attraversano le cronache dei nostri giorni.
In Uruguay un po’ meno che a Rio e New York, ma l’allarme continua. Non importa se dal 2005 è tornata la democrazia del Frente Amplio di Pepe Mujica, presidente contadino “più povero del mondo” ormai in pensione per lasciare la poltrona al dottor Tabaré Vazquez, borghese progressista ma meno radicale. Pepe ha resuscitato la vecchia legge nel 2013 quando la “delinquenza minorile si è fatta insopportabile”, parole del ministro dell’interno Eduardo Bonomi. Non si sa quante madri hanno scontato le colpe dei figli: carcere fino a 4 anni se “le infrazioni sono pesanti”. Ma l’emarginazione perseguita le onde di chi si affaccia e assalti, droga e qualche delitto finiscono sulle spalle delle donne colpevoli di mettere al mondo generazioni emarginate dai dogmi del mercato. Qualcuna torna in libertà e racconta la vita dentro. Con la scusa della rieducazione, lavori forzati dieci ore al giorno. Intanto fuori come se la passano i ragazzi abbandonati ? Più liberi nel bene e nel male vanno avanti come prima con polizie e magistrati che li aspettano al varco della maggiore età. Resta il dubbio: appena i figli ladri e qualche figlio assassino superano i 18 anni e finiscono in galera, le madri dentro vengono liberate o restano nelle prigioni della vergogna? Silenzio, nessuno ne parla.
Maurizio Chierici, il Fatto Quotidiano 8/3/2015