Sabino Cassese, Corriere della Sera 8/3/2015, 8 marzo 2015
IL PERCORSO A OSTACOLI DI UNA RIFORMA NECESSARIA
Il disegno di legge sulla riorganizzazione della Pubblica amministrazione fu presentato al Parlamento il 23 luglio dello scorso anno. Da sette mesi è fermo alla commissione Affari costituzionali del Senato, che deve esaminarlo in sede referente. La Commissione ha dovuto dedicare due mesi all’esame della legge elettorale. Poi, ritornata alla riforma della Pubblica amministrazione, è stata costretta ad attendere i pareri di 14 commissioni, e in particolare quelli della commissione Bilancio, a loro volta condizionati dalle relazioni tecniche della Ragioneria generale dello Stato. Sono piovuti emendamenti e sub-emendamenti. Forse siamo arrivati alla settimana decisiva. E tra quindici giorni il disegno di legge potrebbe passare in Aula per essere discusso e approvato, salvo cominciare lo stesso percorso alla Camera dei deputati. Insomma, sembra un caso di scuola per spiegare gli inconvenienti del parlamentarismo e del bicameralismo. Si è lamentato di questa situazione anche il presidente del Consiglio dei ministri, consapevole che questa è la terza gamba del suo progetto di riforma istituzionale, accanto alle modificazioni costituzionali e alla legge elettorale
C’è una ragione di questo lentissimo procedere? Il disegno di legge è ambizioso. Ma è quello di cui il Paese ha bisogno, considerato che tutti si lamentano delle disfunzioni amministrative. Contiene undici diverse deleghe, di cui alcune multiple. Ma queste erano necessarie perché nessun Parlamento al mondo riuscirebbe a regolare nei particolari il complesso universo amministrativo. Tocca molte materie, dall’organizzazione periferica dello Stato al Corpo forestale, dalle forze di polizia all’attuale dirigenza, dai segretari comunali alle Camere di commercio. Ma anche questo era necessario, perché se tutto resta come è oggi, tutto continua a funzionare male. E allora sarebbe compito del Parlamento procedere speditamente, non farsi frenare dai mille interessi in gioco, non rivendicare le proprie prerogative senza nello stesso tempo far fronte alle proprie responsabilità. È evidente che ogni articolo di un disegno di legge di questa natura ha un nemico pronto a rallentare e a opporsi. Ma il Parlamento non deve solo ascoltare, deve anche convincersi e decidere.
Credo che neppure il governo sia immune da colpe. Avrebbe dovuto e dovrebbe ricordare ogni giorno che questa è una priorità. Che si ha un bel chiedere fisco più giusto, cittadino meglio servito, sanità più funzionante, scuola più moderna, se la macchina del fisco, dei servizi sociali, della sanità, della scuola ha strutture arcaiche, procedure lente, personale mal scelto e poco motivato. Che la Pubblica amministrazione è la più grande azienda del Paese: se essa funziona male, il Paese funziona male.
Infine, Parlamento, governo e la stessa Pubblica amministrazione dovrebbero ricordare — come amava dire Filippo Turati — che le tranvie non stanno lì per dare lavoro ai tranvieri, ma per trasportare la gente. In altre parole, che l’obiettivo da perseguire è di fornire un miglior servizio ai cittadini, non di ascoltare gli interessi degli addetti ai lavori.