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 2015  marzo 07 Sabato calendario

L’AFFARE PERFETTO (MA NON PER TUTTI) DELLE TORRI TV

Qualche piccolo aggiornamento sull’oggetto del desiderio del mercato: e cioè quei pezzi di ferro attraverso i quali si diffonde il segnale televisivo e dei telefonini. Meglio chiamate torri, e oggi alla ribalta per la scalata fatta da Ei Towers nei confronti di Rai Way.
Vi diciamo subito due cose, tanto per essere chiari. In Italia ci sono troppi operatori: il mercato è parcellizzato e dunque diseconomico. Come sempre avviene in questi casi, arriverà il lupo cattivo, in genere straniero, pieno di soldi che si pappa tutto. Meglio così. Basti però ricordarsi che un tentativo di aggregazione era stato promosso e targato Italia, anche se (dicono quelli ossessionati) in provincia di Mediaset.
Nel mercato vagano circa 50mila torri per la diffusione mobile e 6mila per quella broadcast, cioè televisive. Ovviamente le cose non sono così semplici, poiché quelle televisive vengono sfruttate anche per il mobile, e non viceversa.
Sulle mobili giocano i quattro operatori di Tlc, i cui azionisti sono tutti stranieri (anche Telecom è sempre meno italiana). Telecom e Vodafone, i due big, hanno fatto un accordo per trovare sinergie industriali sulle antenne. Regge e non regge: gli operativi sanno che anche se l’accordo c’è, si fanno qualche sgambetto. Dall’altra parte Wind (14mila torri) e H3g (scarse 10mila) sono destinate anch’esse a giocare insieme: forse addirittura a livello superiore, cioè di gestori mobili. I russi di Wind (tosti veri) hanno ceduto la metà delle torri (poco più di 7mila) alla multinazionale Abertis. È il primo grande affare del settore. E farà scuola. Abertis ha battuto per una quarantina di milioni (e si dice anche per alcune clausole segrete nel caso effettivamente Wind e H3g si fondessero) proprio Ei Towers-Mediaset. Ha pagato un sacco di quattrini, circa 16 volte il risultato operativo delle torri Wind (con cui c’è ovviamente un contratto pluriennale).
Telecom, sempre alla ricerca di modi per ridurre il debito, potrebbe presto quotare una parte delle sue torri: circa 11-12mila sul totale di 16mila.
Se sono vere le voci di mercato che parlano di un mol di circa 100 milioni e si applicano i multipli dell’operazione Abertis (anche se quando ci si quota si deve prevedere uno sconticino) la società verrebbe valorizzata 1,5 miliardi. Vodafone è talmente piena di cassa che si tiene stretta le sue 15mila torri.
Sintetizzando: nel laghetto delle torri nuotano due pesci grossi, Abertis e Vodafone, pronti a papparsi i pesciolini più gracili. Avere quattro network mobili in concorrenza non ha alcun senso economico. Ci sono costi e sovrapposizioni, che rendono dunque questo mercato più che mobile, dal punto di vista finanziario.
È ciò che i manager di Ei Towers avevano capito per tempo facendo l’offerta (persa) sulle torri Wind. Hanno poi dovuto ripiegare su quelle della Rai. Si tratta, come abbiamo detto, di ferri diversi, ma il modello di business cambia poco. Spesso si cercano motivazioni dietrologiche alle mosse delle aziende riconducibili a Berlusconi (come lo è questo Giornale peraltro), ma si perde di vista la ragione economica.
Oltre alle ragioni industriali, probabilmente, su Ei Towers c’è anche una motivazione più finanziaria. L’azienda è quotata e come si può vedere dalle sue trimestrali è gonfia di cassa (circa 170 milioni). Continua a fare risultati operativi che superano i 100 milioni l’anno e, soprattutto, non distribuisce utili ai suoi azionisti (il 40% circa è in mano a Mediaset). Forse anche per questo sono alla ricerca di un buon affare sul mercato: hanno quattrini per fare shopping che altrimenti ritornerebbero ai legittimi proprietari. Senza parlare del fatto che c’è una fila di banche alla ricerca di impegni per i miliardi di euro presi dalla Bce e finalizzati a prestiti alle imprese: cosa c’è di meglio se non finanziare acquisizioni di pezzi di ferro che sono affittati, hanno scarso bisogno di manutenzione, e che ogni anno girano una cedola, quasi fossero un’obbligazione? Le torri sono l’affare perfetto. Per chi può permetterselo.