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 2015  marzo 07 Sabato calendario

COME LA CODA DEL MAIALE

C’è un parcheggio dei taxi che, quando ci passo di fianco, spesso suona il telefono, un suono di quelli vecchi, meccanici, come un campanello da bicicletta, ma forte, e io, quando passo di lì e sento quel suono forte, mi vien da cercarmi in tasca il mio telefono, che sul mio telefono ho una suoneria di quelle vecchie, meccaniche, che si chiama «Nostalgy», se non mi sbaglio. E mi viene in mente quella cosa che è successa in questi ultimi decenni in Germania Est, quel fenomeno che si chiama Ostalgie, che c’è della gente che consuma prevalentemente cose che c’erano nella Germania Est, fuma le sigarette che c’erano nella Germania Est, si veste come ci si vestiva nella Germania Est, beve le bibite che si bevevano nella Germania Est, ascolta la musica che si ascoltava nella Germania Est, e lo fa perché adesso la Germania Est non c’è più, se ci fosse ancora credo non lo farebbe, o forse lo farebbe perché costretta, per mancanza di alternative, e mi son chiesto se questa nostalgia per quelle cose lì vecchie, meccaniche, che, tra l’altro, i nostri meccanici, quelli delle macchine, li chiamiamo ancora meccanici anche se le macchine, se si rompono, si rompe quasi sempre una componente elettronica, se le portiamo a far riparare le dovremmo forse portare da un elettronico, non da un meccanico, e mi sono chiesto se questa nostra predilezione per le cose vecchie, meccaniche, non sia la spia del fatto che anche qui, ormai, da qualche anno, è cominciata una specie di Ostalgie solo che non si chiama Ostalgie: dovremmo trovarle un nome. E la sparizione di quel mondo lì vecchio, forte, meccanico, dove siam nati, che era un mondo dove i telefoni facevano ancora dei suoni forti e campanellosi che per noi voglion dire «telefono», anche se abbiamo dei telefoni che coi campanelli non c’entran più niente, quella sparizione produce una nostalgia che, data la nostra propensione a identificarci con gli oggetti che usiamo, mi sono chiesto se non si possa chiamar «Noistalgia». E a pensare a tutti gli oggetti che conservano il loro nome ma mancano come oggetti, mi sembra che, forse, si potrebbe fare un repertorio di quel mondo lì, che potrebbe dirci quello che non siamo più e ci dispiace, cioè potremmo cercare di rintracciare il filo di questa Noistalgia mettendo in fila le parole che continuiamo a usare ma che rimandano a degli oggetti che non ci sono più, come un bar che c’è a Bologna, era di fianco a un teatro, e il teatro l’han chiuso perché è fallito, ma il bar ci chiama ancora «Bar del teatro», o come certe scuole dove ci sono le ore di 50 minuti, che duran 50 minuti e si chiamano ore, e allora, non so, io vado a correre tre quarti d’ora tutti i giorni, posso chiamarla la mia ora di corsa? O il dolce preferito di una bambina che conosco che sono le fragole con panna senza fragole. O un ponte grosso, imponente, che hanno costruito a Parma qualche anno fa, sul torrente Parma, appena fuori dalla città, che l’hanno inaugurato d’estate e ci han portato il direttore dell’Agenzia europea dell’Alimentazione, che era un inglese, e gliel’han fatto vedere e lui sembra che abbia detto «Bellissimo ponte, peccato che non avete il fiume».