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 2015  marzo 07 Sabato calendario

BRIENZA PER SEMPRE

C’è un veterano di quasi 36 anni che alimenta le speranze di salvezza del Cesena. Si tratta di Franco Brienza, un piccolo (168 cm di altezza) e grande (5 gol e 5 assist) genio incompreso del calcio italiano. Il talento non gli manca(va) per essere un titolare in un grande club, ma la sfortuna e qualche pregiudizio lo hanno spesso frenato quando avrebbe potuto spiccare il volo. Eppure dalla vecchia Serie C1 è arrivato in Nazionale (due presenze nel 2005) passando per l’Europa col Palermo dopo avere segnato gol pesanti. In Sicilia ricordano quello che permise ai rosanero di battere la Juve dieci anni fa, un successo che aprì la strada verso la prima storica qualificazione alla Coppa Uefa. Proprio la strana parabola che lega Brienza al Palermo, l’avversario di domani del Cesena al Manuzzi, sintetizza al meglio la carriera del rifinitore nato in Brianza di origini ischitane.
Brienza e il Palermo è un rapporto nato e finito quattro volte. Come lo può spiegare?
«È stato un via vai iniziato nel 2000 e concluso nel gennaio 2013. Al Palermo arrivai dal Foggia della galassia Sensi. Vincemmo subito la C1, poi ci salvammo bene in B. Il periodo più bello, nel quale ho raggiunto l’apice della carriera, è il 2005 quando segnai 10 gol in A e venni chiamato da Lippi in Nazionale. Doveva essere la consacrazione, invece al Palermo non sono riuscito a diventare un simbolo. Dopo le esperienze ad Ascoli e Perugia in prestito, mi hanno ceduto alla Reggina, poi sono tornato tre anni fa prima di essere girato all’Atalanta. In totale ho giocato quasi 7 stagioni in rosanero, il mio bilancio è positivo, non ho rivincite da prendermi».
La Nazionale poteva aprirle un’altra carriera. È d’accordo?
«Ho realizzato un sogno vestendo la maglia azzurra. Il c.t. Lippi mi chiamò per una tournée in Canada prima del Mondiale vinto in Germania. Lippi attinse a piene mani dal Palermo: con me c’erano Zaccardo, Barzagli, Barone, Toni, Grosso. Quel gruppo arrivò a Berlino, io invece rimasi a casa. Fossi stato convocato adesso racconterei un’altra storia».
Lei ha giocato in tante squadre provinciali. Forse ha pesato sulla sua immagine?
«Non credo. I tempi sono cambiati. Dieci anni fa un buon giocatore uscito dalle giovanili faceva la gavetta in Serie C, oggi viene subito lanciato in B o in A nella speranza, vista la crisi economica, di monetizzarlo subito, con il risultato che la qualità dei campionati di vertice si è abbassata rispetto al passato. Il mio problema è che sono nato troppo presto, avessi 26 anni oggi giocherei in un grande club».
Passiamo al Cesena. La salvezza è alla vostra portata?
«Gli ultimi risultati hanno ridato fiducia ma scontiamo un girone d’andata con pochi punti. Ci tocca rincorrere, il nostro obiettivo è rimanere agganciati alla Serie A fino alla fine».
Defrel, Djuric e Rodriguez sono in crescita. Si sente una chioccia per loro?
«Per carattere sono un altruista ma non voglio prendermi meriti personali. Questi ragazzi sono inseriti in un gruppo sano. Nessuno qui si tira indietro, tutti sono a disposizione di tutti. È bello giocare nel Cesena».
Ci tiene a battere il Palermo?
«Non nego che per me sia una partita diversa dalle altre. Voglio vincere per il bene della mia squadra. Il resto non conta. Il Palermo ha tanta qualità con Dybala e Vazquez sopra tutti: sarà difficile batterlo ma dobbiamo provarci».
Alla sua età vede ancora molto calcio davanti a sé?
«Non penso al ritiro. Ho un’opzione col Cesena legata alla salvezza. Spero di rimanere qui il più possibile».
C’è un aspetto curioso della sua carriera che vuole ricordare?
«Ho fatto gol a Buffon due volte a distanza di dieci anni: nel 2005 col Palermo e un mese fa con il Cesena. È un piccolo record che mi tengo stretto perché non credo che nel 2025 potrò migliorarlo».