Francesco Battistini, Corriere della Sera 7/3/2015, 7 marzo 2015
Cancellarsi dai social net-work. Criptare i dati privati. Pixelare foto che mostrino la famiglia. Cambiare subito cellulare
Cancellarsi dai social net-work. Criptare i dati privati. Pixelare foto che mostrino la famiglia. Cambiare subito cellulare. Dimenticare quella notte di morte sulla Moscova e finalmente sparire sulle rive del Ros, nella quiete di Bila Tserkva e della casa di mamma, 80 km a sud di Kiev. Tutto questo non è bastato ad Anna, la bellissima e a quanto pare spaventatissima teste unica dell’ultimo delitto eccellente sotto il Cremlino. Giovedì, anche in Ucraina, l’avrebbero raggiunta le promesse di morte. Una telefonata. Parole simili a quelle che avevano preparato la fine del suo fidanzato Boris Nemtsov, leader dell’opposizione a Putin, ammazzato da quattro colpi di Makarov mentre passeggiava con lei sul lungofiume di Mosca: «Anna Duritskaya ha presentato una denuncia alla polizia — comunica la procura di Kiev —, afferma che ignoti hanno minacciato la sua vita mentre si trovava a casa dei genitori». L’episodio non è sottovalutato: aperta un’indagine per tentato omicidio, il governo ucraino le ha dato una scorta delle forze speciali. È probabile che le troveranno un nuovo indirizzo: la ragazza potrebbe lasciare la cittadina natale, dove il suo nome è ormai più famoso della storica gloria locale, il grande Benny Goodman che aveva la famiglia di qui, e magari trasferirsi all’estero. Se qualcuno si chiedeva perché i killer di Nemtsov avessero risparmiato Anna, queste minacce possono sembrare una risposta. O forse no: la fotomodella di 23 anni, da tre compagna del politico assassinato, peraltro sconosciuta alle agenzie internazionali che reclutano le mannequin ucraine, un po’ a sorpresa ha potuto lasciare Mosca dopo che la polizia russa aveva copiato tutte le informazioni del suo tablet, esaminato la sua versione («non ho visto niente») e segretato la sua deposizione. «Questo atto di terrore non ci spaventa», alza il pugno Alexei Navalny, il blogger anti-Putin che ieri è stato rilasciato dopo 15 giorni di carcere ed è andato, visibilmente provato, sulla tomba moscovita dell’amico: frammentata in un’«accozzaglia d’ex ministri, spie a riposo, oligarchi miliardari e intellettuali», come scrive il New York Times , l’anemica opposizione allo Zar Vladimir è assediata da un clima d’odio che spinge molti all’emigrazione, per evitare il destino carcerario di Navalny o quello cimiteriale di Nemtsov. «Non ho alcuna fiducia nelle indagini — dice Zhanna, figlia del leader ucciso —, non hanno nemmeno interrogato noi della famiglia». L’inchiesta ufficiale segue l’ipotesi islamica e perfino quella passionale, a causa proprio della bella Anna. Depistaggi, dicono i collaboratori. Ci sono mille altre piste: il giorno prima d’essere ammazzato, ad esempio, Nemtsov s’annotò su un foglio il contatto coi parenti di 17 parà russi dislocati nell’Ucraina dell’Est. «Quei parà sono morti — confidò —, ma voglio convincere le famiglie a parlare. E a smascherare le bugie di Putin, quando dice che non ci sono soldati russi laggiù». Francesco Battistini © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina Corrente Pag. 13 Immagini della pagina