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 2015  marzo 02 Lunedì calendario

QUATTRO MATRIMONI E UNA CESSIONE: I BENETTON RIORGANIZZANO L’IMPERO

Diceva a ottobre 2013: “Il nostro unico interesse è per un accordo strategico, non vogliamo vendere. Terremo il 30% di ogni singolo gruppo per mantenerne la guida”. Diceva pure: “La parola d’ordine è internazionalizzare” e “Largo ai manager in tutte le società di famiglia”. Parole di Gilberto Benetton, che disegnava la nuova mappa di Edizione Holding. Oggi con le trattative per World Duty Free (Wdf) è probabile che la regola indicata un anno e mezzo fa sarà contraddetta e i Benetton lasceranno il timone di questa società. Sarà il primo passo di una nuova strategia. U na strategia che chiama in causa anche Autogrill, Atlantia (con le controllate Aeroporti di Roma e Autostrade per l’Italia), Benetton Group. Insomma è in gioco l’intero universo di business della famiglia trevigiana, in un passaggio di evidente delicatezza. Probabilmente, nel nome di Wdf la regola indicata un anno e mezzo fa sarà contraddetta e i Benetton lasceranno il timone. Ma il top management sta in pari tempo coltivando una serie di altri obiettivi: trovare un partner per Adr entro sei mesi e poi per le autostrade di Aspi, per Autogrill nel corso del 2016, per Benetton Group tra 2-3 anni. Scadenzamenti differenziati a seconda dello stato di maturazione dei processi di valorizzazione dei singoli gruppi e delle relative strategie di crescita. Nulla per Wdf è ancora deciso. Ma è assai probabile che prima dell’estate i Benetton ne concludano la vendita. Dipenderà
in primis dal prezzo, la decisione finale se vendere il 50,1% detenuto tramite la cassaforte Edizione s.r.l. oppure fondersi con una società che non pretenda di avere in mano la totalità di Wdf. Al momento - prima che al tavolo inizi la discussione sui valori e sui modelli di governance - la famiglia di Ponzano Veneto pare privilegiare la tesi della cessione. In questi ultimi mesi è andata maturando la persuasione che Wdf non ha la massa critica per competere da leader sulla scena internazionale. Occorrerà capire se emergerà un’offerta che proponga una plausibile soluzione di co-governance e, non di meno, la creazione di un player in grado di battersi su scala planetaria. Intanto va osservato che il piano industriale triennale presentato da Wdf a metà gennaio una prima risposta la fornisce: il neo amministratore delegato Eugenio Andrades non candida il gruppo a essere aggregatore, ogni enfasi è posta sulla ricerca di efficienza. Quale che sia l’esito delle trattative, ossia che i Benetton escano del tutto o mantengano una partecipazione nel gruppo aggregante, su Wdf avverrà un’Opa, perché è in questione il passaggio di controllo della società quotata a Piazza Affari. E su tali aspettative dunque il titolo sta salendo a razzo. Sono quattro i pretendenti ammessi alle informazioni societarie di Wdf. Ma ve ne sono altrettanti fuori dalla porta, in attesa di poter visionare pur essi i libri contabili e intavolare un confronto con i Benetton. I nomi sono noti, circolati a più riprese, e includono sostanzialmente i principali attori del settore: dal colosso svizzero Dufry ai francesi LS Travel Retail (Lagardère) e Dfs (Lvmh), ai coreani Lotte e Shilla, a Dubai e Qatar Duty Free, alla turca Setur, al fondo americano Kkr, a un grande fondo di private equity presente nel capitale di un operatore asiatico. In pole position ci sta Dufry, perché nell’integrazione con Wdf avrebbe le sinergie più rilevanti e pertanto potenzialmente sarebbe in grado di formulare l’offerta più vantaggiosa. Dufry non pone la condizione secca di liquidare i Benetton, ma il peso specifico di Edizione holding sarebbe di molto inferiore ai soci messicani e brasiliani attuali azionisti di riferimento del gruppo elvetico. E dunque che senso avrebbe mantenere la quota in portafoglio? Un puro investimento finanziario è lontano dalle logiche sin qui seguite da Edizione, cui risale comunque la questione di dove re-investire e quali altri business coltivare in via privilegiata. Uno dei perni della strategia di diversificazione, rispetto all’originaria United Colors of Benetton, ha a che fare con la gestione di infrastrutture tramite la holding Atlantia. La programmata cessione del 30% di Adr, e in futuro di Aspi, ha in questo senso un fine immediato: reperire risorse per sostenere lo sviluppo su scala internazionale. Quando nelle scorse settimane, in particolare, l’amministratore delegato di Atlantia, Giovanni Castellucci, ha dichiarato che nel primo semestre del 2015 sarebbe avvenuta la vendita del pacchetto di Adr dipendeva dal fatto che era in gioco la possibilità di assumere la gestione della società concessionaria dell’aeroporto di Santiago (tramite la controllata Costanera Norte). Ipotesi sfumata e con essa pure l’urgenza. Ma non è affatto sfumato l’interesse che viene da alcuni fondi sovrani del golfo - Adia (Abu Dhabi) a Qatar Holding, a Wren House (Kuwait) - e fondi pensione canadesi. Alla voce “ipotesi tramontate” va messa pure la fusione con la sub-holding per le infrastrutture di Ferrovial, concessionario in particolare per gli aeroporti britannici di Heathrow, Glasgow, Aberdeen e Southampton, esplorata da Edizione con il presidente e azionista di controllo del gruppo spagnolo: Rafael Del Pino non ne vuol sapere di avere attività in Italia, evidentemente poco si fida delle autorità di regolazione delle concessioni nel nostro Paese. Poiché in termini prospettici sempre più emerge la necessità di aumentare la quota dei ricavi di matrice extra-italiana, Atlantia sta valutando gare per concessioni e acquisizioni di gestori soprattutto in Centro-Sud America, a partire da Brasile e Cile, ma anche Messico e Colombia. Nel radar rientrava fino a un anno fa pure la Russia. E pure la Turchia, dove sono stati messe in gara per 25 anni dieci concessioni (tra cui i due ponti sul Bosforo). Gara che nel 2013 era stata vinta dalla cordata composta da Koç Holding, Ma-laysia’s Uem, Group Berhad e Gözde Private Equity e che poi è stata annullata dal governo Erdogan. La massima spinta sulla internazionalizzazione vale pure per Autogrill, che sotto la guida di Gian Mario Tondato sta vivendo una ulteriore fase di metamorfosi. A fronte dei pesanti cali di ricavi e margini nelle concessioni per la ristorazione autostradale, soprattutto tra Italia e Francia, Tondato sta cercando mercati geografici nuovi e sviluppando in particolare il segmento aeroportuale. D’altra parte, il calo dei traffici e dei consumi lungo le autostrade è fenomeno di lungo periodo e che avrà stabili significative ripercussioni sull’organizzazione dell’impresa (e sui dati occupazionali). Di sicuro la ricerca di un partner per Autogrill, società cui Gilberto Benetton è particolarmente legato, è un imperativo: il gruppo deve crescere in zone del pianeta dove oggi non è sufficientemente presente e per questo lo scouting è preferenzialmente orientato su un operatore medio-orientale o asiatico (senza scartare del tutto l’ipotesi in campo da anni di una fusione con la britannica Ssp). Tra tutti i campi presidiati, quello che richiede ancora maggior tempo prima che le sementi possano crescere porta il marchio Benetton Group. La svolta più drammatica e più importante di quest’ultimo biennio ha a che fare proprio con l’industria che è stata l’innesco delle fortune della famiglia veneta. Orgoglio della prima generazione, sotto la guida di Luciano, capace di generare profitti tanto elevati da dare l’abbrivio ai fratelli per misurarsi con la storica partita delle privatizzazioni di Autogrill, Autostrade (e poi Telecom). Alessandro Benetton, nel suo breve periodo da vicepresidente esecutivo, ha avuto il coraggio di affermare a casa che l’azienda era diventata un po’ vecchia. Se prima potevano dire con fierezza “come noi non c’è nessuno”, negli ultimi anni toccava dire piuttosto “come noi non c’è più nessuno”. Da qui lo scorporo della manifattura industriale e delle proprietà immobiliari, rispetto alle attività commerciali legate alla valorizzazione del brand. Impensabile che i Benetton dichiarassero l’interesse a avere soci anche nella bottega di casa, ma tra un paio d’anni apriranno le porte anche a partner per il business abbigliamento. La testa del gruppo è stata del tutto rinnovata, con una squadra guidata da Marco Airoldi, con una mai vista prima struttura commerciale di manager interna. Sistemi informatici, logistica, rete produttiva, relazioni commerciali in franchising, revisione della presenza solo nei mercati strategici a sufficiente redditività: tanti cantieri che configurano una sfida davvero cruciale per Benetton Group. Ma a ben guardare, il concetto di sfida e di svolta, dopo un ventennio abbondante di crescita aggressiva e rampante per Edizione, riguardo tutto l’impero che fa capo a villa Minelli.