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 2015  marzo 03 Martedì calendario

LA MAPPA DELLA DISSIDENZA RUSSA

L’esecuzione a Mosca dell’oppositore Boris Nem­tsov, obbliga ad una rivi­si­ta­zione dell’opposizione oggi in Rus­sia. Non c’è alcun para­gone con gli anni ’60, quando i Tg nostrani e fan­fa­niani si distin­gue­vano anche per i quo­ti­diani aggior­na­menti dall’Unione sovie­tica sui dis­si­denti Sin­ja­v­skij e Daniel denun­cia­vano la «dit­ta­tura sovie­tica», anche se nella forma dello Stato russo di sovie­tico natu­ral­mente rima­neva ben poco. Oggi, di fronte alla con­danna recente di un ladro di miliardi di dol­lari, come è stato Alek­sej Naval­nyj, si è ripar­lato di «ritorno alla dit­ta­tura sovie­tica» ma l’Urss non c’è più e al potere c’è il nazio­na­li­sta Putin erede di una Rus­sia deva­stata social­mente dai «libe­rali» eltsi­niani che nel ’93 pre­sero a can­no­nate il nuovo parlamento.
Così, al posto degli intel­let­tuali come Sin­ja­v­skij e Amal­rik, nell’epoca del web c’è il blogger-imprenditore Alek­sej Naval­nyj. Se prima era Sol­ge­ni­tsin, a dire che «il can­cro par­tiva da Lenin», negli anni 2000 furono i magnati Bere­zo­v­skij, Gusin­skij, Kho­dor­ko­v­skij, a chia­rire che, dopo la paren­tesi demo­cra­tica occi­den­tale degli anni ’90, si tor­nava a oppri­mere il gua­da­gno. Poco importa che si trat­tasse di lotte per assi­cu­rare ad alcuni, a danno di altri, la con­cen­tra­zione economico-politica, tacendo che molte pseudo-indipendenti Ong erano quasi sem­pre finan­ziate da magnati e petrolieri.
E poi ven­nero Andrej Sakha­rov e sua moglie Elena Bon­ner. Sem­pre e comun­que sin­goli: il dis­senso, negli spot occi­den­tali, esclude ogni forma di massa e con­te­nuto di classe, pun­tando sugli aclas­si­sti «diritti dell’uomo». Solo sin­gole «forze sane» in lotta con­tro il tota­li­ta­ri­smo o la cor­ru­zione. Pec­cato che quelle forze sane fini­scano poi per cadere in appro­pria­zioni di fondi e gio­chi mono­po­li­stici. Radio Svo­boda ne è sem­pre stata l’altoparlante e non dava certo voce a chi par­lava di «Pcus revi­sio­ni­sta» o a chi, negli anni 2000, dava vita ai sin­da­cati alter­na­tivi o al Fronte della Sinistra.
Che una quin­di­cina di anni fa la Rus­sia adot­tasse un codice del lavoro det­tato dal Fmi, spa­rando sui col­let­tivi ope­rai, non faceva audience. Crol­lata la «dit­ta­tura sovie­tica», ora che solo un cro­ni­sta fan­ta­sioso potrebbe scri­vere di «Putin comu­ni­sta», lo si inco­rona come «zar», visto anche il com­pia­ci­mento del sog­getto e la sua durata da 16 anni al potere. san­cita l’uguaglianza comunismo-dittatura, la Rus­sia appare un paese iper­bo­reo che tran­sita dall’autocrazia al tota­li­ta­ri­smo e approda al dispo­ti­smo: con­tro lotta l’individuo libe­rale, por­ta­tore degli inte­ressi comuni di una classe agiata e pre­oc­cu­pato dei pro­pri affari per­so­nali, forte dei prin­cipi della demo­cra­zia senza classi, «atlan­tica» e «occi­den­tale». Così si denun­ciano «le bru­ta­lità degli agenti puti­niani», se le Femen offrono una per­for­mance nella cat­te­drale di Mosca, ma la stessa esi­bi­zione viene cen­su­rata come «inu­tile eccesso» se la sce­no­gra­fia si spo­sta in Vati­cano. (…) Men­tre merita solo la qua­li­fica di “con­ser­va­tore” chi pro­te­sta con­tro le pri­va­tiz­za­zioni nei ser­vizi sociali, mai arre­sta­tesi dagli anni ’90.
Allora chi sono gli oppo­si­tori oggi in Rus­sia? Man­cano tutti di un rife­ri­mento ideo­lo­gico che non sia l’interesse per­so­nale? Oppure gli onori delle cro­na­che sono solo per gli oli­gar­chi in lotta per spar­tirsi quanto appar­te­neva, for­mal­mente, a «tutto il popolo»?
Archi­viata come «vetero-ortodossia fol­klo­ri­stica» la paren­tesi di Nina Andree­vna, in epoca gor­ba­cë­viana, i primi anni ’90 videro un fio­rire di oppo­sti rag­grup­pa­menti. A fronte di un’infinità di pic­cole for­ma­zioni che, accanto al PC di Ghen­na­dij Zju­ga­nov, si richia­ma­vano all’esperienza sovie­tica o di qual­che intel­let­tuale mar­xi­sta (ne è esem­pio Alek­sandr Buz­ga­lin: uno dei più gio­vani mem­bri del CC del PCUS nel 1990; ora diret­tore di “Alter­na­tive”), pre­sero corpo orien­ta­menti nazio­na­li­stici (Zhi­ri­no­v­skij) o fasci­sti (Bar­ka­shov). Obiet­tivo dei primi era “ri-costruire” il socia­li­smo. Gli slo­gan dei secondi erano “la Rus­sia è dei russi”, “fuori gli ebrei e i cau­ca­sici”. Oggi, i liberal-democratici di Vla­di­mir Zhi­ri­no­v­skij e il PC russo sono le uni­che due for­ma­zioni di rilievo sorte dopo la fine dell’Urss a essere ancora in vita. Quanto a oppo­si­zione: se Zhi­ri­no­v­skij è ospite quo­ti­diano dei talk show filo­go­ver­na­tivi, il PC di Ghen­na­dij Zju­ga­nov con­danna sì la poli­tica libe­rale del pre­mier Med­ve­dev, ma, salvo pochi appunti, appog­gia la poli­tica di Vla­di­mir Putin. Tanto che anche oggi, come negli anni ’90, non poche for­ma­zioni si pon­gono in alter­na­tiva alla linea di Zju­ga­nov, pur con obiet­tivi non ben defi­niti. Cosa ha spinto, ad esem­pio, l’ex lea­der di Rus­sia Lavo­ra­trice (una delle più rumo­rose avan­guar­die degli anni ’90) Vik­tor Anpi­lov, nelle brac­cia della libe­rale “L’altra Rus­sia” dell’ex pre­mier Mikhail Kasja­nov, spon­so­riz­zata dall’ambasciata inglese? Quali forze rap­pre­senta il depu­tato del PC Ilija Pono­ma­rëv, (tran­sfuga dalla neo­tro­tski­sta Unione inter­re­gio­nale dei comu­ni­sti, uffi­cio­sa­mente interna al PC russo; vi figu­rano nomi quali l’attivista sin­da­cale Boris Kagar­lin­skij, accanto all’ex numero due del PCUS, il 95enne Egor Liga­cëv) coor­di­na­tore del fondo “La Rus­sia dopo Putin” a brac­cetto con l’ex magnate Mikhail Kho­dor­ko­v­skij? Cosa espri­mono Pono­ma­rëv e il suo com­pa­gno Alek­sej Sakh­nin (il primo emi­grato negli USA, il secondo in Sve­zia), allor­ché si incol­pano a vicenda di accu­sare di fasci­smo la junta ucraina?
E cosa ci fa l’ex lea­der del “libe­ral­co­mu­ni­sta” Par­tito del Lavoro Oleg Shein, nel Coor­di­na­mento delle oppo­si­zioni, a brac­cetto della teleop­po­si­trice Kse­nija Sob­chak (figlia di Ana­toli Sob­chak), com­pa­gna di oppo­si­zione di Alek­sej Naval­nyj? Quali forze mobi­lita l’opposizione libe­rale di Par­tito repub­bli­cano, Soli­dar­nost, Fronte civile, Libertà popo­lare, dei Naval­nyj, Kaspa­rov, Jashin, da cui si divi­sero in fretta, dopo un’iniziale ade­sione durante le pro­te­ste del 2012 di Piazza Bolot­naja, forze di sini­stra come i nazional-bolscevichi di Eduard Limo­nov? Quali sono gli obiet­tivi del Par­tito repub­bli­cano di Kasja­nov e del defunto Nem­tsov, che, insieme a “Jabloko” di Gri­go­rij Javlin­skij (uno dei padri delle pri­va­tiz­za­zioni eltsi­niane) fa parte della “Alleanza di libe­rali e demo­cra­tici per l’Europa”, che nel novem­bre scorso si espri­meva “per le san­zioni e per l’Europa”?
Se non ha avuto rilievo la noti­zia della comu­ni­sta (ha migrato dal PC di Zju­ga­nov al Fronte di sini­stra, al “Fron­te­rosso”) Darja Pol­ju­dova, arre­stata con l’accusa di fomen­tare il sepa­ra­ti­smo nel Kuban, sem­bra che i media occi­den­tali qua­li­fi­chino oggi di dis­si­denza, nella Rus­sia di Putin, solo l’opposizione libe­rale e altra non ne esi­sta. Secondo un’indagine con­dotta mesi fa dal Cen­tro Levada per conto del PC, la per­cen­tuale di per­sone che pen­sano esi­sta un’opposizione in Rus­sia sarebbe scesa dal 66% di due anni fa all’attuale 50%. Se nel 2012 il 72% vedeva l’opposizione quale ele­mento sociale neces­sa­rio, oggi la per­cen­tuale è del 57% e l’opposizione del tipo Naval­nyj “viene inter­pre­tata come distrut­tiva, por­ta­trice di instabilità”.