Filippo Ceccarelli, la Repubblica 3/3/2015, 3 marzo 2015
Tra il processo di Kafka e Totò alle primarie, il super-vincitore del Pd Vincenzo De Luca rischia adesso di vincere anche le elezioni regionali e un minuto dopo tornarsene a casa per via della legge Severino
Tra il processo di Kafka e Totò alle primarie, il super-vincitore del Pd Vincenzo De Luca rischia adesso di vincere anche le elezioni regionali e un minuto dopo tornarsene a casa per via della legge Severino. De Luca è un tipo sanguigno e anche divertente da vedere su YouTube e da ascoltare alla radio. Forse lui stesso, che è un uomo colto, è il primo a saperlo e infatti non solo ci dà dentro sempre di più, ma come dice il voto di domenica questi show gli giovano pure. Si tratta in ogni caso di un personaggio «cult», una rappresentazione evoluta di un populismo autoritario, o forse di un singolare plebeismo erudito e spettacolare, comunque dotato di una così fantastica inventiva polemica da aver generato veri e propri gruppi di ascolto, non solo nelle redazioni, dediti a condividere infinite volte i crudi numeri di De Luca sulla capigliatura di Casaleggio («un cane da pastore») o sulla effettiva somiglianza del ministro Lupi alla «figlia di Fantozzi»; anche se taluni preferiscono esibizioni più ferme e contenute nel loro sdegno tipo la pubblica offerta di «Leocrema» a coloro i quali si sentissero da lui medesimo colpiti «nel delicato». A Salerno le performance dell’ex primo cittadino hanno assunto d’altra parte un notevole gradimento, per così dire, anche fra gli oppositori, e in questo senso le forme espressive della politica trovano un’inedita e ludica testimonianza nel sito e nella pagina Facebook di un gruppo di oppositori che si sono autobattezzati “Figli delle chiancarelle” e che postano filmati antologici, gallery, fotomontaggi, barzellette, giochi e perfino «Chiancanonymous» per segnalare ingiustizie, disservizi e sprechi municipali che possano fare riferimento al vincitore delle primarie contro tutti e contro tutti, ma al dunque impossibilitato a governare. Il problema infatti – del resto comune a gran parte della estrosa classe dirigente di questo tempo un po’ dissennato – è che gli spettacoli non fanno innocente De Luca, tantomeno lo sollevano da quelle che con qualche pudore le cronache nazionali definiscono «le note e complesse vicende giudiziarie». Queste sono in realtà davvero troppo complesse da potersi esaurire in un articolo, almeno per chi non sia il titolare di una cattedra di diritto penale e/o amministrativo. Basti pensare che il personaggio è stato dichiarato decaduto per due volte da due distinti organismi e per due vicende nell’arco di appena dieci giorni. Ma siccome, come si sarà compreso, De Luca è un mega campione di tigna e inoltre dispone di un team di avvocati che ha poco da invidiare a quello di altri protagonisti della vita pubblica italiana, non c’è pronunciamento che non si tiri appresso una formidabile e intrecciatissima sequela di notifiche, ricorsi, delibere, impugnazioni, protocolli, albi pretori e precedenti emessi dall’inesorabile Tar, dall’immancabile Authority e da tribunali di vario ordine e grado. In ogni caso una caterva di atti processuali che si precedono, si rincorrono e danzano l’uno con l’altro in un crescendo che contempla, e più di una volta, una formula dinanzi a cui il giurista s’inchina, ma di cui il potere di De Luca si alimenta. Tale formula, riferita agli incarichi e un po’ anche ai traguardi, è la sospensione della sospensione. Cioè tutto accade, ma nulla avviene. E se pure la situazione è ad un passo dalla perdita del senso, a lungo il personaggio è potuto essere sindaco e al tempo stesso viceministro del governo Letta (ma senza delega, donde l’ira contro Lupi). Così come, pur essendo stato condannato in primo grado a un anno per via di un termovalorizzatore, e poi avendo avuto qualche problema con la Corte dei conti riguardo a un’assunzione, di fatto De Luca è rimasto lo stesso per un po’ nel municipio e in tv. Prima di dichiararsi, anche qui un caso più unico che raro, «orgoglioso nelle vesti di sindaco emerito». Con tale attribuzione ha dunque partecipato alle delicatissime primarie, evento su cui da Roma hanno spedito a vigilare un dirigente che si chiama Riccardo Tramontano. Reati minimi, ma tali da aggrovigliare il tutto. L’altra potenziale tegola, sempre in vista delle prossime elezioni, ha a che fare con un rinvio a giudizio a proposito della gigantesca piazza, il Crescent, che De Luca sta facendo edificare su progetto dell’architetto catalano Bofil. Proprio qui, nella stagione lieta del potere trionfale e senza impicci, De Luca aveva previsto di farsi seppellire. Urna con ceneri, al centro, in faccia al mare, mausoleo dell’impossibile e del reale: tra Franz Kafka, Totò alle primarie del Pd e Paola Severino.