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 2015  marzo 01 Domenica calendario

DALLE CELLE RUSSE AGLI HOTEL DI LONDRA QUELLA LUNGA SCIA DI DELITTI E MISTERI

Accanto al corpo di Anna trovarono una Makarov 9 mm, la vecchia pistola d’ordinanza di esercito e polizia, la semiautomatica delle spie nei romanzi di Frederick Forsyth, la firma che nella nuova Russia significa omicidio politico. Anna Politkovskaja lavorava a un articolo sulle torture delle forze di sicurezza cecene. Fu uccisa il 7 ottobre 2006, compleanno di Vladimir Putin, con quattro colpi. Quattro colpi e una Makarov. Venerdì sera è morto così anche Boris Nemtsov.
Ancora una «Makarova» ha ucciso il 15 luglio 2009 Natalia Estemirova, giornalista e attivista per i diritti umani rapita nella sua casa di Grozny, capitale della Cecenia, e ritrovata nei boschi dell’Inguscezia, la Repubblica caucasica alla quale è stata ricondotta la targa dell’auto dei sicari di Nemtsov. «Ricordatevi della Cecenia» aveva detto Natalia ritirando il Premio Anna Politkovskaja al Frontline Club, l’elegante circolo della stampa di Londra che aveva ospitato anche l’ex spia Aleksandr Litvinenko, a sua volta rifugiato politico nel Regno Unito. A Londra Litvinenko è morto il 23 novembre 2006, avvelenato con un tè al polonio-210. «Me lo sento — aveva confidato ai suoi cari —. Putin ucciderà tutti noi».
Giornalisti, critici, oligarchi e 007 passati all’opposizione, avvocati. I nemici del Cremlino scomparsi in circostanze violente e misteriose si ritrovano in una trama fitta di depistaggi, indizi che ritornano, processi agli esecutori e condanne senza mandanti. Storie di intrighi e inseguimenti internazionali dove eroi della resistenza civile finiscono accanto a protagonisti di quell’opaco sistema di connivenze tra potere e malaffare definitosi negli anni selvaggi della corsa all’oro subito dopo il crollo dell’Urss. La rete che ruota intorno al nuovo Zar e alla quale nessuno sfugge.
È così che nell’elenco delle vittime presunte ed eccellenti figurano ex rivali come l’imprenditore e matematico Boris Berezovskij e il reporter che lo accusò di essere un boss della mafia Paul Klebnikov. Quest’ultimo era nato a New York da emigrati russi discendenti di decabristi. Tra i suoi antenati comparivano un ammiraglio assassinato dai bolscevichi e un promotore della rivolta di San Pietroburgo del dicembre 1825 sedata da Nicola I.
Storico e giornalista investigativo, Klebnikov si era fatto notare con le mappature del pantano postsovietico per la rivista americana Forbes , della quale avrebbe poi diretto l’edizione russa. La sua storia di copertina su Boris Berezovskij, «Il padrino del Cremlino?», gli era valsa le prime minacce di morte. Il 9 luglio 2004 trovò un’auto ad aspettarlo fuori dall’ufficio, fu raggiunto da quattro colpi esplosi da una Makarov. I tre ceceni fermati furono poi rilasciati.
Per Berezovskij, l’ex favorito di Eltsin e compagno di Putin arricchitosi con le privatizzazioni, le intimidazioni erano cominciate alla fine degli anni Novanta. Nel 1998 era stato proprio l’agente segreto Litvinenko a denunciare un complotto dei vertici dell’Fsb (ex Kgb) per ucciderlo. Aleksandr scappò a Londra. Boris rimase a Mosca e pagò le critiche a Putin con l’accanimento dello Stato sulle sue proprietà. Dopo le presidenziali del 2000 fuggì in Gran Bretagna, dove perse la battaglia legale con l’oligarca filo-Cremlino Roman Abramovich sui diritti del vecchio colosso energetico Sibneft. Fu trovato impiccato nella casa di Sunninghill, vicino all’aristocratica Ascot delle corse dei cavalli. Per la polizia «una morte inspiegabile».
Misteriosa come la fine in carcere, il 16 novembre 2009, dell’avvocato Sergej Magnitskij, arrestato con l’accusa di frode fiscale mentre indagava su casi di corruzione per conto di una società americana. Infarto, sentenziò l’autopsia, ma le sospette torture innescarono una spirale di tensioni e atti legislativi tra Russia e Stati Uniti: al Magnitskij Act, con il quale gli Usa s’impegnavano a rendere pubblica la lista dei 18 funzionari coinvolti nella morte di Sergej, Mosca rispose con il divieto per gli americani di adottare bambini russi.
Nel 2009 fu ucciso anche Stanislav Markelov, l’avvocato 34enne che aveva fatto ricorso contro la scarcerazione del colonnello Yuri Budanov, accusato di aver torturato a morte la 18enne cecena Elsa Kungaeva. Fermato dai killer con la freelance Anastasia Baburova, 25anni, collaboratrice del giornale di Anna Politkovskaja Novaya Gazeta. Freddati a poca distanza dal Cremlino.