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 2015  febbraio 28 Sabato calendario

L’ORDINE PUBBLICO IN ITALIA FRA NO GLOBAL E TEPPISMO SPORTIVO

Abbiamo tutti assistito alle prodezze degli ultrà olandesi e alle polemiche sulla presunta inadeguatezza dell’ordine pubblico. La sensazione maturata in 45 anni di attività nell’Arma dei carabinieri e nel corso di innumerevoli servizi di ordine pubblico, è che il comportamento delle forze di polizia in tali circostanze sia condizionato dal basso profilo imposto dal ministero degli Interni e della direzione generale di P.s. Ciò perché (ritengo) i vertici centrali valutano che il rischio di considerevoli danni materiali e fisici e di un’eventuale vittima tra le forze dell’ordine sia meglio gestibile, a posteriori, che non lo scenario opposto. E pare prassi consolidata che nel primo caso il problema possa essere risolto con la rimozione del Questore. Determinati mezzi di coazione fisica, normalmente usati da polizie di Stati di sicura impostazione garantista e democratica — proiettili in gomma, idranti e mezzi di trasporto con caratteristiche più militari — che darebbero alle forze dell’ordine consistenti vantaggi sulla controparte, sono vietati in Italia. Pure non dovrebbe essere difficile addestrare personale selezionato di carabinieri e polizia per l’impiego ponderato del munizionamento in gomma. Come risulta dai filmati dei disordini del G8 di Genova, gli idranti non erano che una doccia, non certo paragonabile ai getti d’acqua che, ai tempi di Scelba, buttavano a terra una persona. Il basso profilo imposto dai vertici finisce per creare reazioni di frustrazione negli appartenenti ai vari corpi di polizia (vedasi scuola Diaz ed episodi similari) e provoca l’uso di armi da fuoco da parte di agenti rimasti isolati ed esposti al pericolo di linciaggio.
Emanuele Garelli

Caro Garelli,
Le esperienze fatte nel corso di una vita sul campo rende le sue considerazioni particolarmente interessanti. Anch’io penso che vi siano circostanze in cui il controllo dell’ordine pubblico richiede maggiore fermezza e strumenti che in altre democrazie vengono utilizzati senza suscitare critiche e timori. Sui disordini di Genova, tuttavia, credo che la sua analisi dovrebbe essere rovesciata. Durante la riunione del G8, nel luglio del 2001, polizia e carabinieri dovettero affrontare squadre di giovani che volevano paralizzare la città, terrorizzare i suoi abitanti, distruggere beni pubblici e privati, provocare le forze dell’ordine. Occorreva reagire con la maggiore fermezza possibile, ma senza cadere nella trappola delle provocazioni. L’incursione nella scuola Diaz, durante la notte, ha avuto l’effetto di modificare la percezione dell’intera vicenda. Senza quella sciagurata iniziativa i vertici delle forze di sicurezza avrebbero avuto il diritto di chiedere al governo una radicale revisione delle modalità di intervento. Dopo la «punizione» della scuola Diaz, invece, finirono sul banco degli imputati. Molti sostengono che la magistratura avrebbe dovuto tenere conto della strategia distruttiva con cui i dimostranti erano arrivati a Genova. Ma non è necessario avere simpatie progressiste per pensare che le vendette della polizia siano più pericolose, per una democrazia, delle scorribande di qualche centinaio di teppisti.
Approfitto della sua lettera, caro Garelli, per rispondere alle osservazioni di altri lettori. Alcuni sostengono che l’Olanda avrebbe dovuto assumere la responsabilità dei danni provocati dai suoi cittadini. Deve certamente collaborare con la polizia italiana per individuare i responsabili, ma non credo che abbia altri obblighi. Uno Stato che risponde delle malefatte dei suoi cittadini all’estero è potenzialmente uno Stato totalitario.
Altri confrontano il caso dei teppisti olandesi con quello dei due sottufficiali lungamente trattenuti in India e sostengono che anche in questo caso, l’Italia «non sa farsi valere». Queste reazioni mi sembrano caratteristiche di un nazionalismo vittimista, alimentato dai movimenti populisti e deciso a vedere umiliazioni in ogni vicenda che consenta di manifestare sfiducia nella classe politica.
Altri infine si chiedono ironicamente se un governo incapace di controllare i teppisti olandesi sia in grado di fare fronte alle minacce dell’Isis. È davvero possibile pensare che le due minacce abbiano qualcosa in comune?