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 2015  marzo 03 Martedì calendario

RICONVERSIONE ARMATA PER FINMECCANICA

Un vec­chio vizio della sini­stra e dei movi­menti è tenere sepa­rate la lotta per il lavoro e quella con­tro la guerra, men­tre invece sono due facce della stessa meda­glia. Emble­ma­tico il fatto che, quando Fin­mec­ca­nica ha annun­ciato la ven­dita alla giap­po­nese Hita­chi di Ansaldo Sts e Ansaldo Breda, l’attenzione poli­tica e sin­da­cale si è con­cen­trata sulla difesa dell’occupazione, lasciando in ombra la por­tata stra­te­gica della deci­sione: ridurre la pro­du­zione civile per accre­scere quella militare.
Nella clas­si­fica delle 100 mag­giori indu­strie pro­dut­trici di armi redatta dal Sipri, Fin­mec­ca­nica si col­loca al nono posto mon­diale, pre­ce­duta da sei sta­tu­ni­tensi (Lockheed-Martin. Boeing, Ray­theon, Nor­th­rop Grum­man, Gene­ral Dyna­mics, Uni­ted Tech­no­lo­gies), una bri­tan­nica (Bae Systems) e una franco-tedesca-spagnola (Air­bus Group, già Eads). Con la ven­dità di armi, Fin­mec­ca­nica rea­lizza il 50% del suo fat­tu­rato: ciò signi­fica che, accre­scendo tale pro­du­zione, salirà di rango tra le mag­giori indu­strie bel­li­che mondiali.
Tale ope­ra­zione viene effet­tuata ven­dendo a Hita­chi l’Ansaldo Sts, azienda lea­der nei sistemi di segna­la­mento per tra­sporto fer­ro­via­rio e urbano, e Ansaldo Breda, lea­der nella pro­du­zione di mate­riale rota­bile per sistemi fer­ro­viari (com­presi treni ad alta velo­cità) e per tra­sporto urbano (già oltre 1000 con­vo­gli per le metro­po­li­tane di Washing­ton, Los Ange­les, San Fran­ci­sco, Miami e altre grandi città, Milano com­presa). Anche se Hita­chi pro­mette di man­te­nere i livelli occu­pa­zio­nali di que­ste indu­strie (le cui atti­vità pro­dut­tive, pro­ba­bil­mente, saranno in futuro delo­ca­liz­zate in paesi dove il costo del lavoro è infe­riore), resta il fatto che l’Italia dovrà acqui­stare dalla giap­po­nese Hita­chi sistemi di segna­la­mento e mate­riale rota­bile, spen­dendo (con denaro pub­blico) molto di più per i trasporti.
In com­penso Fin­mec­ca­nica accre­scerà fat­tu­rato e pro­fitti pun­tando su indu­strie come la Oto Melara, pro­dut­trice di sistemi d’arma ter­re­stri e navali (tra cui il vei­colo blin­dato Cen­tauro, con potenza di fuoco di un car­rar­mato, e can­noni con muni­zioni gui­date Vul­cano ven­duti a più di 55 marine nel mondo); la Wass, lea­der mon­diale nella pro­du­zione di siluri (tra cui il Black Shark a lunga git­tata); la Mbda, lea­der mon­diale nella pro­du­zione di mis­sili (tra cui quello anti-nave Marte e quello aria-aria Meteor); l’Alenia Aer­mac­chi che, oltre a pro­durre aerei da guerra (come il cac­cia da adde­stra­mento avan­zato M-346 for­nito a Israele), gesti­sce l’impianto Faco di Cameri scelto dal Pen­ta­gono quale polo di manu­ten­zione dei cac­cia F-35 schie­rati in Europa.
La ricon­ver­sione di Fin­mec­ca­nica dal civile al mili­tare, che riduce i posti di lavoro dato che le indu­strie bel­li­che high-tech richie­dono meno addetti, è stata inco­rag­giata dall’attuale e dai pre­ce­denti governi: lo scorso otto­bre, la mini­stra della difesa Pinotti ha pre­sen­ziato alla firma dell’accordo di col­la­bo­ra­zione tra Fin­mec­ca­nica e Fin­can­tieri per la costru­zione di navi da guerra con «l’obiettivo di aumen­tare la com­pe­ti­ti­vità sui mer­cati nazio­nali ed esteri».
Sul mer­cato ita­liano ci pensa il governo ad assi­cu­rare la «com­pe­ti­ti­vità»: la «Legge di sta­bi­lità» stan­zia 6 miliardi di euro per la costru­zione di altre navi da guerra e il Mini­stero dello svi­luppo eco­no­mico ha già finan­ziato 8 delle 10 fre­gate lan­cia­mis­sili Fremm. Altro denaro pub­blico che si aggiunge alla spesa mili­tare: 52 milioni di euro al giorno secondo la Nato, 67 secondo il Sipri. Sem­pre il governo pro­muove l’export mili­tare, die­tro il para­vento del «Trat­tato sul com­mer­cio di arma­menti» che l’Italia ha solen­ne­mente firmato.