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 2015  marzo 01 Domenica calendario

MEDICO, AGRICOLTORE, POLIZIOTTO, PESCATORE: I DELUSI DAL PREMIER HANNO TROVATO UNA CASA

Sì, c’è stato anche il discorso di Matteo Salvini, che chiudendo la manifestazione della Lega Nord a Roma ha mandato il suo vaffa a Matteo Renzi e pure detto qualcosa che «gli chiedono sempre i giornalisti» sulle alleanze politiche che sceglierà: «Punto a una sola alleanza, quella con 60 milioni di italiani», ha tagliato corto lui. C’è stato un pizzico di politica come ai comizi tradizionali, e quindi è salita sul palco (e si intravvedeva appena, con la testolina che spuntava) pure Giorgia Meloni: erano lì i Fratelli d’Italia, e qualche parola dovevano pure dirla. Giorgia si è sgolata, e ha pure divertito e accarezzato la pancia della piazza gigioneggiando su Renzi «figlio segreto di Wanna Marchi» e sull’unico «Nazareno che rispettiamo: Gesù». Il diritto di parola è stato dato anche a qualche altro politico, come Simone Di Stefano, vicepresidente di Casapound, presentato però sul palco come leader di "Sovranità", che molti non avranno capito manco cosa era. E qualche minuto è stato concesso pure ad Armando Siri, leader del Partito Italia Nuova che aderiva alla manifestazione e che aveva suggerito a Salvini il progetto di flat tax al 15% poi ripreso pure da Silvio Berlusconi. Piccoli ingredienti di un menù tradizionale. Ma il piatto forte della giornata leghista di ieri a Roma è stato un altro, ed è proprio guardando quello che si può capire il successo di Salvini e anche quel che potrebbe accadere nel centrodestra. Sul palco di piazza del Popolo per gran parte del pomeriggio è sfilato il presepe dell’Italia che non si sente rappresentata da Renzi. Esodati, medici, poliziotti, studenti, genitori separati, agricoltori, pescatori. Certo, alcuni di loro leader di categorie di settore, ma il fatto di essere rappresentativi di interessi più vasti ha contribuito ancora di più a dare l’impronta alla manifestazione. È grazie a quel presepe che c’è stata la differenza fra le consuete kermesse politiche, dove sfilano leader e leaderini sempre più virtuali e i simboli di una Italia vera, che esiste, e che non si sente rappresentata e anzi, spesso si sente contrastata, messa in difficoltà dalle politiche di questo o quel governo. Sul palco uno dopo l’altro sono arrivati il leader degli esodati «non salvaguardati», Claudio Ardizio, che ha scaldato la piazza sui guai combinati dalla famigerata legge Fornero che la Corte Costituzionale non ha consentito di abolire con referendum. Dopo d lui Vincenzo Spavone, leader del Gesef, il movimento dei genitori separati che chiedono di potere stare con i figli che la giustizia ha loro tolto. Diritti civili e umani spesso ignorati perché non sono di moda, e non hanno patria nella sinistra italiana, più attenta ad altri tipi di minoranze. E poi i medici con le loro difficoltà contrattuali: microfono a Claudio Cogliati, coordinatore dei Gruppi Sanità della Lombardia. E ancora: gli agricoltori, come Roberto Cavaliere, presidente della Copagri Lombardia e protagonista delle battaglie sulle quote latte con l’Europa, che ha lanciato il suo allarme: «Se Angela Merkel chiuderà le frontiere del latte, a giugno l’Italia non ne avrà più». Dopo di lui lo spezzino Lorenzo Viviani, laureato in biologia, ma pescatore a Monterosso per non lasciare senza eredi la piccola impresa di mare di papà Franco (sul palco al suo fianco). E ancora, Gianni Tonelli, poliziotto che guida il sindacato autonomo del Sap, che ha scaldato la piazza raccontando i guai delle forze dell’ordine, i finanziamenti negati alla sicurezza, e ha messo in parallelo i 5 milioni che sarebbero serviti per la formazione contro i rischi del terrorismo islamico (negati) con i 6 milioni che la Camera dei deputati paga ogni anno per le sue pulizie. «Possibile che la polvere dell’onorevole valga più della sicurezza nazionale contro questa nuova minaccia?». Infine una giovane ragazza, di cui è stato fatto solo il nome di battesimo: «Greta», annunciata così: «Non tutti gli studenti sono uguali. In rappresentanza di quelli che a scuola non vanno solo per scaldare la sedia...». Un presepe efficace, che potrebbe essere la vera strada da percorrere per un centrodestra che sta morendo di virtualità e da troppo tempo si è scordato di rappresentare interessi, che è lo scopo principale della politica. È stata la forza di Salvini in questi mesi, insieme ad altro certo. Ma non ci sono molti politici in grado di battagliare - come fa lui - contro i centimentri del diametro delle vongole da pescare. Però è da quel millimetro in più o in meno che dipende la vita dei pescatori italiani, e quel diametro vale più di mille caminetti sulle riforme e di infinite discussioni sulle alleanze politiche. Salvini in questo è come l’altro Matteo: allergico alle liturgie della politica tradizionale. Fotografi e giornalisti l’hanno trascinato quasi a forza dopo che è sceso dal palco a fianco di un contrattissimo Flavio Tosi per una foto opportunity di pacificazione (che Luca Zaia ha invece rifiutato). Ma è durato un paio di secondi, e prima e dopo la foto si poteva vedere solo la smorfia del leader leghista. Che invece si è lanciato ad abbracciare i suoi militanti. «Siamo di Rignano sull’Arno, e siamo leghisti», «Matteo, ti aspettiamo a Catania», «Vieni da noi, di Palermo», «Vieni anche in Calabria, ti aspettiamo». L’ho seguito e filmato. Poco più di 40 minuti di comizio dal palco, poi oltre un’ora paziente di selfie con chiunque lo pretendesse da un lato all’altro di piazza del Popolo. Sorrisi, battute, sempre disponibilità. Si è concesso foto dopo foto. Erano le sette di sera quando dietro il palco ha chiesto un panino e una birra, perché non aveva pranzato, e implorato i suoi: «Fatemi riposare mezz’ora, senza giornalisti». Seduto sull’ultima fontana nascosta di piazza del Popolo con la birretta in mano, è stato raggiunto da due ragazzini, figli di un membro del servizio d’ordine. «Lo fai un selfie con noi?». Ha sorriso, li ha fatti sedere di fianco, posando birra e panino, ed è partito lo scatto.