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 2015  marzo 02 Lunedì calendario

ARTICOLI SULLA SERIE A DAI GIORNALI DI LUNEDI’ 2 MARZO 2015


MARIO SCONCERTI, CORRIERE DELLA SERA -
La Juve non arriva bene alla partita con la Roma. Pirlo manca, Pogba anche, Vidal ha problemi fisici, Marchisio sta correndo per tutti. Ma è anche un momento di fiducia: 9 punti di vantaggio e una Champions che mostra una squadra competitiva. Difficile chiedere di più ad Allegri. Eppure questo non basta, se stasera la Roma vincesse, il campionato tornerebbe a essere incerto. Non è mai chiuso un campionato, il calcio ha risorse da grande commedia. Non ricordo per esempio un tecnico che abbia lasciato in dieci la propria squadra cambiando l’uomo sbagliato com’è successo a San Siro. Non è un’accusa a Montella, è un inno al calcio. Tornando alla partita di stasera, giudicandola al netto del lavoro di Coppa, penso che vincerà la Roma se saprà essere veloce come può e come si è scordata di essere. Parliamo di una partita, non del campionato. In una partita secca la Roma è la squadra che più del Borussia può mettere in difficoltà una Juve abbastanza improvvisata. Non prendetevela se sbaglio, sono molti anni che cerco di vedere prima le partite e molte volte il calcio va da un’altra parte. Non penso alla Roma che davvero sarà, penso alla partita che ho in testa. E questo, per tanti piccoli segnali, mi sembra il suo momento. Ne riparleremo. Intanto l’Inter interrompe la sua buona striscia. La Fiorentina gioca meglio fino al vantaggio, poi subisce e resiste. Montella cambia tutti rispetto al Tottenham, Mancini molto meno. L’Inter ha adesso una volontà diversa, ma non la qualità per seguirla. L’errore in una grande città, in una squadra di tradizioni e pubblico, è giudicare se stessi senza tener conto degli altri. L’Inter sta guarendo, ma gli altri non sono malati. Vanno per la loro strada. L’Inter è in compenso avanti al Milan perché ha capito il suo problema. Il Milan è una piccola illusione continua. Ha giocato le ultime 5 partite contro la Juve, poi contro Parma, Empoli, Cesena e Chievo. Si sono giudicati i punti come se avesse battuto avversari diretti. Conta poco il centravanti se non hai chi gli porta idee, contano poco i buoni giocatori se sono doppioni come Montolivo o Poli, Ménez con Cerci e Honda. E Bonaventura protagonista è il limite sottinteso della realtà di oggi.


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MAURIZIO CROSETTI, LA REPUBBLICA -
Tutto quel che resta dello scudetto, certezza e follia, orgoglio e pregiudizio, ragione e sentimento, stasera scivola nell’imbuto di Roma-Juve che non sarà più la madre di tutte le sfide (i bianconeri a più 9 non lo consentono), ma almeno la sorella sì. C’è dentro molto: desiderio di rivalsa, sicurezza di sé, vertigine di una sola notte che non sposterà troppo la classifica ma peserà sugli animi, e un poco sulle settimane a venire, con la Juve già orientata verso la Champions e la Roma che non può continuare la filastrocca dei pareggi, o peggio.
L’attesa dura da quattro mesi, dalla rabbia giallorossa contro l’arbitro, da Totti che disse «la Juve dovrebbe giocare un campionato a parte» e che ora parla di vittoria per riaprire tutto, per spalancare la speranza come una porta, possibilmente quella di Buffon. Quattro mesi hanno dimostrato che la Juventus è migliore, più completa e continua, più forte di cuore, però stasera non conterà niente. Siccome Garcia deve aver fatto il liceo classico da qualche parte, in Francia, eccolo parlare di “hybris”, cioè dell’invidia di qualche divinità per punire la sua tracotanza quando disse: vinceremo lo scudetto. Avrà imparato, Garcia, che gli dei sono quasi tutti juventini.
La frizzante aria olandese ha rivitalizzato la Roma, mettendole un po’ di ossigeno nelle arterie. Le serviva un’impresa a Rotterdam per l’autostima, e per la quadratura di qualche cerchio tattico: con Pjanic, Ljajic, Totti e Gervinho, la carestia dell’attacco potrebbe anche finire. All’Olimpico arriva una Juve non del tutto decifrabile, solo discreta contro il Borussia dopo troppa stanchezza non prevista e qualche frenata. Dovrà essere in salute perfetta per non soffrire la prevedibile onda d’urto giallorossa, quel sentimento da ultima chiamata e ultimissima occasione.
Il problema di Allegri potrebbe diventare il centrocampo, com’era stato ultimamente anche senza infortuni e malanni. Il reparto è tutto da ridisegnare: fuori Pirlo per venti giorni almeno, recuperato Vidal ma scricchiolante, a probabile riposo precauzionale Pogba, rimane la sola certezza di monsù Marchisio, unico torinese della Juventus. Dalle risposte che arriveranno lì nel mezzo, si capirà il destino della partita.
Con l’umana speranza che a nessuno parta l’embolo e che gli isterismi rimangano a casa: litri di veleno, all’andata, non cancellarono del tutto la bellezza elettrica di quella gara, varrebbe la pena tenersi la bellezza di stasera e lasciar perdere le sclerate, qualunque cosa veda o fischi l’arbitro Orsato (uno bravo, molto).
In attesa dunque della sorella di tutte le sfide, il campionato ha proposto ieri una mini Europa League. Il Napoli poteva raggiungere la Roma anche solo per qualche ora, non c’è riuscito perché ha atteso troppo il Toro e perché il Toro è diventato proprio forte: non perde da tre mesi.
Vittoria granata sacrosanta dopo l’impresa di Bilbao, e sarebbe il caso di inserire Giampiero Ventura tra i grandi allenatori italiani degli ultimi quindici anni. Se non ha mai avuto una grande occasione, peggio per chi non gliel’ha offerta. Invece la Fiorentina ha vissuto momenti di vero eroismo sportivo, resistendo in nove contro undici all’impatto nerazzurro e conservando un successo pesante. Da segnalare la classe dell’egiziano Salah e l’espressione di Thohir in tribuna, ormai quasi un sosia di Massimo Moratti quando Moratti era afflitto.
In una domenica in cui il vuoto del Parma è diventato voragine, con inaccettabile ricaduta anche aritmetica sulla classifica (definirla falsata è poco), il miglior calcio l’ha offerto la Lazio, come accade spesso. Il Sassuolo è in caduta libera (lunedì prossimo l’attenderà la Juve), ma questo non riduce i meriti dei biancazzurri e del loro campione Felipe Arderson, un gol e un assist. Interessante anche la rimonta della Samp a Bergamo, mentre sorprendono le zero reti del Palermo farcito di fantasia e talento: molto bravo, al solito, l’Empoli. E al solito asfittico il Milan, un guscio vuoto anche sul campo del Chievo.
Colpiscono, tra i moltissimi limiti rossoneri, la staticità dei giocatori, oltre agli imbarazzi di Pippo Inzaghi che non sa più da che parte girarsi. Qualcuno ha scherzato su Twitter con crudeltà: se il Verona, prossimo avversario del Milan, dovesse per caso fallire in settimana, almeno una vittoria per Inzaghi sarebbe sicura.

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GIGI GARANZINI, LA STAMPA -
È presto detto. Rispetto ai primi di ottobre, al confronto, anzi allo scontro dell’andata la Juve è forse un tantino più forte, più sicura di sé: ma è di sicuro più debole la Roma, atleticamente, tatticamente e di conseguenza anche psicologicamente. Questo non significa che stasera la Roma non possa prendersi una rivincita che nei primissimi tempi sognava arrivasse il prima possibile e di cui adesso farebbe forse anche a meno. Ma per come i rapporti di forza sono nel frattempo mutati, questi tre punti prima che a riaprire il campionato servirebbero alla Roma per difendere il secondo posto: dal Napoli innanzitutto, e hai visto mai anche da Lazio e Fiorentina.
In questi cinque mesi la Juve è cambiata di poco, ma in meglio. Ha prima un po’ alla volta provato, e adesso ormai mandato a memoria un altro sistema di gioco. Ora è in grado di alternare difesa a quattro e difesa a tre a seconda delle assenze – e potrebbe essere il caso di stasera – piuttosto che delle esigenze tattiche nel corso di una stessa partita: è dunque meno dogmatica, anche meno granitica rispetto a quella di Conte, ma più duttile, più ricca di soluzioni. Le pedine non sono cambiate, tantomeno quelle che contano: ma è cresciuto Morata, che allora era un’alternativa potenziale e adesso è una risorsa concreta. Ha vissuto qualche giornata poco brillante. Ma non ha mai smarrito né il filo del gioco né quello dei risultati: confermandosi ancora una volta la squadra da battere in una corsa a tappe.
La Roma invece un po’ alla volta si è persa. La goleada a domicilio inflittale dal Bayern ne ha picconato l’autostima. Il gran numero di infortuni, a cominciare dalla ricaduta di Strootman, ne ha fiaccato le risorse. Ma non sono mancati nemmeno gli errori, alcuni dei quali da matita blu in campo, in panchina, in società: e l’unico ad accusarne ricevuta è stato l’onesto Sabatini che, effettivamente, nell’acquisto di difensori è libero docente ma se parliamo di attaccanti tra Ibarbo e Doumbia poteva far meglio. Lui, che a Palermo aveva portato due ragazzotti di belle speranze a nome Cavani e Pastore. Analoga autocritica non si è sentita, per esempio, in materia di preparazione atletica. Perché se la Roma di ottobre correva, e in alcune combinazioni in velocità proprio a Torino aveva dato l’impressione di volare, adesso e da tempo cammina. Anche in Olanda l’altra sera, e anche in undici contro dieci. Stasera chissà.

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GIUSEPPE DE BELLIS, IL GIORNALE -
Scorri la classifica e fermati sulla Fiorentina: quinta, 42 punti. Ieri ha vinto a Milano, contro l’Inter, sono otto partite che non perde. Soprattutto: ha venduto il suo giocatore di maggior valore di mercato a gennaio per 33 milioni, cioè Cuadrado. Ne ha speso uno per rimpiazzarlo con Salah, arrivato in prestito per un anno e mezzo. Ha fatto un affare due volte: massimizzato l’incasso e preso un giocatore forte (quattro gol tra campionato e coppe europee, più di quanto abbia fatto Cuadrado in mezza stagione). Non è vero che il calcio italiano fa schifo tutto. Ce lo dicono le 5 qualificate su 5 in Europa League e ce lo dice una storia come questa: se si trattano le squadre di calcio come delle aziende si possono fare molte cose. Vendi bene e spendi meglio: avere il coraggio di togliersi nel momento giusto i giocatori più forti fregandosene del giudizio dei tifosi è una strada.
Allora vendere uno come Pogba, alla fine della stagione non sarebbe un insulto al pubblico della Juve, né un segno di povertà del calcio italiano. Se ti danno 70 milioni per un giocatore, bisogna venderlo. Se l’anno dopo s’infortuna, o gioca peggio, varrà la metà e ti sarai rovinato. Il problema è solo come reinvestire quel denaro: se trovi calciatori buoni, quasi nessuno si accorgerà della perdita subita, se sbagli acquisti non sarai mai perdonato. È questo, a volte, che blocca le operazioni e quindi i club: la paura di passare per quelli che hanno rovinato un giocattolo che funzionava. Ci vuole coraggio sia a incassare denaro che a spenderlo. Succede solo nel pallone.

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MASSIMO CAPUTI, IL MESSAGGERO –
Si fa fatica a credere che dopo tutto quello che è accaduto in questi giorni, Manenti abbia la faccia per affermare «Fatemi un’offerta, posso andarmene». È una vergogna che il nostro calcio dia spazio a simili personaggi permettendogli di guadagnare la scena. Del resto, di cosa ci meravigliamo se in questi mesi chi poteva e doveva, come Lega e Federcalcio, ha lasciato che il Parma si riducesse in questo stato? I due organi, con tutte le loro componenti, hanno la responsabilità di non aver vigilato come dovuto e di non aver tutelato sia il Parma sia il campionato. Il torneo, contrariamente a quanto si afferma, è già falsato, e sarà doveroso trovare una soluzione che non penalizzi nessuno. Si fa fatica a essere ottimisti con questo pressappochismo, non c’è difesa e, soprattutto, non può esistere un futuro certo. A proposito di certezze, ne abbiamo sempre meno persino su orari e giorni in cui si disputano le partite. Tra impegni europei, partite di rugby e obblighi televisivi, è un tourbillon da perdere la testa e che cancella ogni tradizione. Basti pensare che domenica 8 marzo, alle 15, si giocherà una gara sola: Juventus-Genoa.
Nonostante tutto e tutti, ci rimane il campo con il crescere prepotente di Lazio e Fiorentina e il fascino delle grandi sfide, come quella di stasera all’Olimpico tra Roma e Juventus. Tutti, compresa la stessa Juve, pensavano che questo match si sarebbe giocato con un minor distacco di punti. Ciononostante gli ingredienti per una serata all’insegna del grande calcio rimangono inalterati. Non sarà una rivincita ma una sfida che comunque peserà sul campionato. Le due squadre l’affrontano con obiettivi precisi. La Roma per tenere accesa la speranza e per dimostrare, prima a se stessa, tutto il proprio valore. La Juventus per mantenere a distanza di assoluta tranquillità gli avversari, potendo contare su due risultati.