Paolo Fallai, Corriere della Sera 26/2/2015, 26 febbraio 2015
La notte ha portato consiglio nella sede delle Edizioni E/O: nel primo pomeriggio di ieri Sandro Ferri «d’accordo con Sandra Ozzola e l’autrice» ha firmato una breve lettera di accettazione della candidatura del libro di Elena Ferrante St oria della bambina perduta
La notte ha portato consiglio nella sede delle Edizioni E/O: nel primo pomeriggio di ieri Sandro Ferri «d’accordo con Sandra Ozzola e l’autrice» ha firmato una breve lettera di accettazione della candidatura del libro di Elena Ferrante St oria della bambina perduta. L’amica geniale. Dunque avete cambiato idea? «No — risponde Sandro Ferri —: ribadisco che noi non l’avremmo mai candidata e che della vittoria al premio Strega ci interessa poco o niente. Semplicemente non ci siamo opposti all’iniziativa di Roberto Saviano e Serena Dandini». Quindi? «Non cambia niente. Non faremo campagna per conquistare voti, anzi avverto che alle sollecitazioni, già cominciate, non risponderemo nemmeno». Quindi la scrittrice fantasma sarà protagonista suo malgrado del premio letterario più mediatico e sovraesposto. La Fondazione Bellonci, ha motivo di essere soddisfatta. La candidatura di Elena Ferrante è stata fortemente voluta dai vertici di un Premio «dominato» dai grandi gruppi editoriali. Perfino sulle regole, a volte un po’ nebulose, hanno fatto di tutto per venire incontro a questa candidatura. A essere pignoli l’accettazione l’avrebbe dovuta scrivere la stessa Ferrante, magari attraverso il suo editore, ma pur sempre lei. Come avrebbe dovuto dichiarare di non essere uno dei 400 «amici della domenica» (non si può votare per se stessi) o uno dei vincitori delle ultime tre edizioni. Va bene, nessuno pensa che Elena Ferrante possa nascondersi dietro Alessandro Piperno, Walter Siti o Francesco Piccolo, ma anche questa regoletta è saltata. «Abbiamo scelto di rispettare fino in fondo l’anonimato dell’autrice, è una scelta che non ha alternative», ha detto Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci. Ciò che salta agli occhi è la capacità mediatica di questo «anonimato», che porta Elena Ferrante a rifiutare interviste tranne rari casi, occupando comunque i giornali. Ieri due casi esemplari. Il «Mattino» di Napoli ha pubblicato una lettera firmata Elena Ferrante, premettendo di averla ricevuta per posta ma di non poter garantirne l’autenticità. E/O ha chiarito poi che era falsa. Il «Secolo XIX» di Genova ha affidato allo scrittore Marco Cubeddu una «intervista immaginaria» a Elena Ferrante. Sono gli effetti moltiplicatori di un dato di fatto: niente come il sottrarsi produce una luminosa pubblicità. Sarà interessante ora verificare come reagiranno gli altri candidati, che lo Strega costringe a durissimi tour de force tra presentazioni e incontri. Il campo si va delineando: tra i «grandi» Bompiani lancia Mauro Covacich con La sposa , Mondadori ha candidato Fabio Genovesi con Chi manda le onde e Nicola Lagioia con La ferocia (Einaudi). In corsa poi Clara Sereni con Via Ripetta 155 (Giunti) e Marco Santagata con C ome donna innamorata (Guanda), Neri Pozza ha indicato Wanda Marasco con Il genio dell’abbandono. Feltrinelli potrebbe saltare un giro e se ne sta prudentemente alla larga. Perché la presenza della Ferrante rinvia di fatto al 2016 la novità più importante tra le nuove regole varate due giorni fa dalla Fondazione Bellonci: l’opportunità offerta ai piccoli e medi editori di entrare come «sesti» in finale, se rimangono fuori dai più votati alla cinquina. Se non dovesse entrare in cinquina (del tutto improbabile) il posto è suo. Se entra in finale il guaio ce l’avranno i «grandi»: sono troppi, tra i vari marchi di Mondadori, Rizzoli, Gems, Giunti... qualcuno rimarrà fuori. È consolante lo Strega, non delude mai. @pfallai PIERLUIGI BATTISTA Ora però basta con lo snervante discussificio sulle sempiterne macchinazioni alle spalle del Premio Strega. Elena Ferrante ha accettato la candidatura. Ora si leggano i romanzi, suoi e degli altri concorrenti. Si voti. Si apprezzi la buona letteratura. Si parli di libri. E vinca il (la) migliore. La candidatura della Ferrante doveva portare un po’ d’aria fresca nello Strega? Ecco, appunto. Novità, «spariglio» (come lo definisce Roberto Saviano), scompaginamento, stupore. Ma la novità non può essere la cosa più vecchia del mondo: la lamentazione sulle oscure mene editoriali dei premi. La sindrome cospirazionista, le denunce dell’orrido Sistema: da quanti decenni ci affliggono? E così la novità Ferrante poteva, e doveva, essere la sintesi perfetta. Da una parte l’ingresso prepotente di un’autrice (autore? Tutt’e due? Tutti, tranne me che pure la voterò, dicono di sapere chi si cela dietro lo pseudonimo Elena Ferrante) che ha scritto un sacco di romanzi senza inchinarsi ai riti del presenzialismo, della visibilità, dell’ostentazione del potere, delle liturgie promozionali, ma costruendo un rapporto di fiducia con i suoi lettori, un appuntamento imprescindibile con la buona letteratura oramai da decenni. Finalmente, ci voleva. Un riconoscimento per una scrittrice (uno scrittore? Tutt’e due?) che ha appena ricevuto una consacrazione negli Stati Uniti e che la «Paris Review» sta per intervistare favorendone l’ingresso nel Pantheon letterario più ambìto e prestigioso. E poi, l’altro elemento della sintesi perfetta, un po’ di respiro dalle eterne polemiche sullo Strega, da quel complesso di meschinità, invidie, accuse, complottismi, dietrologie, piccinerie che avvolge il Premio voluto da Maria Bellonci e che si ripete identico dalla sua nascita, con la stessa regolarità del caldo d’estate o dell’allarme per qualche pandemia, aviaria o suina che sia, d’inverno. Finalmente basta. Solo una competizione in cui gli Amici della Domenica scelgono i libri migliori: ricetta semplice, banalissima, ma insomma in fondo non dovrebbe essere così? Ma la sintesi perfetta è saltata. Anzi, con questa storia della candidatura della Ferrante qualcosa è peggiorato: e infatti le sfibranti polemiche sullo Strega hanno avuto inizio a febbraio anziché, come di prassi, a marzo. Un mese in più per il Nulla travestito da pensosità profonda. E non è finita: adesso, complice l’anonimato, sono comparse persino le false Elena Ferrante, con una drammatica spaccatura, che sta giustamente indignando la casa editrice E/O, tra le Ferrante doc e i fake , le Ferrante autenticate e quelle di origine incontrollata, le Ferrante anonime ma certificate e quelle false come le banconote della Banda degli onesti con Totò e Peppino. E stavolta la colpa è anche, purtroppo, della stessa Elena Ferrante, che vincerà (speriamo) con merito questa competizione dello Strega, ma certo non ha contribuito, con l’articolo in cui dichiarava di accettare la candidatura di Saviano, alla fine della straziante diatriba sul Sistema che soffocherebbe lo Strega. Anzi. Anzi, proprio il contrario. Con la storia che lo Strega sarebbe, testuale, un «tavolo tarlato» e che solo i suoi romanzi potrebbero rimetterlo in sesto, la Ferrante meravigliosamente fuori dei giochi, meravigliosamente protetta dall’anonimato, meravigliosamente in grado di parlare solo attraverso i suoi romanzi, le sue tetralogie, le sue amiche geniali, sembra entrare senza nemmeno accorgersene nelle eterne diatribe, alimentandole a dismisura. Come ha scritto sul «Foglio» una super «ferrantiana della prima ora» come Annalena Benini, la bellezza dei romanzi della Ferrante non ha bisogno del «disprezzo», peraltro articolato con argomenti un po’ triti, per un Premio che dalle sue parole sembrerebbe dannato se lo vincono gli altri, e incorrotto se lo vince lei. Alt. Il dibattificio può chiudere. Parlare di libri?