Caterina Minnucci, il Fatto Quotidiano 28/2/2015, 28 febbraio 2015
MONNA LISA AFGHANA: DOPO QUELLA FOTO SOLO GUAI
Il suo sguardo fiero incorniciato dal velo rosso potrebbe essere riconosciuto da chiunque. Quando nel dicembre del 1984 Steve McCurry scattò quella fotografia, Sharbat Gula aveva 12 anni e non poteva immaginare che i suoi occhi avrebbero fatto il giro del mondo sulla copertina del National Geographic.
Adesso, una sua foto segnaletica ritorna sulle pagine dei giornali: è stata denunciata dalle autorità del Pakistan perché ha falsificato i documenti per poter rimanere nel Paese; aveva ottenuto infatti da aprile dello scorso anno con il nome di Sharbat Bibi, per sé e per i suoi due figli, di essere iscritta all’anagrafe pachistana. L’ex ragazza afghana dagli occhi verdi oggi ha 46 anni e vive con la sua famiglia in un campo profughi di Peshawar, la stessa città in cui il fotoreporter americano la notò, ancora bambina, dentro la tenda-scuola improvvisata nel campo. L’autorità che gestisce il registro (Nadra) ha deciso di annullare il suo documento perché illegale in quanto è riservato soltanto ai cittadini pachistani, lei invece è una rifugiata da quando a sei anni i bombardamenti sovietici uccisero i suoi genitori e scappò dall’ Afghanistan con la nonna e il fratellino. Questa volta la foto sfocata dalla luce al neon del suo documento falso, ottenuto probabilmente a pagamento, è di nuovo un simbolo: l’ostilità del Pakistan verso i rifugiati, quasi tre milioni di persone.
Senza il tesserino digitale d’identità (Cnic) la libertà di movimento di queste persone è molto ridotta, non è possibilità acquistare una proprietà o aprire un conto in banca. Finora le autorità hanno sequestrato 22.000 carte illegalmente detenute da afghani e sospeso i quattro funzionari che hanno intascato le tangenti per emettere i documenti falsi. La tensione nei confronti dei profughi negli ultimi mesi è arrivata al limite e, dopo l’attacco dei talebani pakistani a una scuola di Peshawar in cui sono morti oltre 140 studenti, il governo ha tentato più volte di rimuovere le baracche nei campi, una strategia di coercizione per costringere i rifugiati al rientro in Patria che l’Onu ha più volte condannato come violazione grave dei diritti umani. Nel 2002, quando il fotorepoter americano tornò a cercare la ragazza, non sapeva neppure il suo nome ma la riconobbe subito: lo stesso verde acceso, puro, ipnotico, lo stesso tratto delle labbra. Solo il volto era cambiato ormai segnato dal tempo e dall’amarezza di chi ha provato la guerra sulla propria pelle. “Ho avuto una vita difficile, non ho conosciuto un giorno in cui mi sono sentita felice e al sicuro, forse solo al mio matrimonio”.
La Monna Lisa afgana, della tribù guerriera dei pashtun, si è sposata a 16 anni con un matrimonio combinato; non ha mai sorriso all’obiettivo di McCurry perché se avesse dato confidenza a uno sconosciuto sarebbe stata punita.
Caterina Minnucci