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 2015  febbraio 28 Sabato calendario

LA MADRE DEL BIMBO FANTASMA “DALLA CULLA AL FUNERALE COSÌ CI SIAMO INVENTATI LA VITA DEL NOSTRO FERNANDO”

PATTI (MESSINA).
Dopo una notte passata in cella, Lorella parla con un filo di voce davanti a un giudice donna: «Io potevo avere solo figli microcefali... e non c’era niente che volessi più che un bambino sano. Lo volevo ad ogni costo. Ho provato tante volte, un aborto dietro l’altro, l’ultimo sette anni fa in Svizzera. Ero caduta in depressione, poi a Messina, in ospedale, mi hanno prospettato questa strada e ho ceduto. Mio marito non voleva, ma per farmi contenta, ha finito per acconsentire. Ci hanno detto di registrare la nascita di un bambino mai nato, che il bimbo vero sarebbe arrivato presto. Ed è iniziato l’inferno. Pensi che due mesi fa, pur di finirla con tutte queste bugie e questa richiesta continua di soldi, avevamo deciso di farlo morire questo bambino mai nato, era già tutto pronto per il finto funerale subito prima di Natale, anche la bara bianca».
È un racconto-choc quello che Lorella Conti Nibali, la donna fermata a Castell’Umberto sui Nebrodi insieme al marito Calogero in attesa della consegna di un bimbo romeno appena “comprato” a Timisoara per 30.000 euro, fa davanti al gip Ines Rigoli. Persino l’avvocato che l’assiste, Alessandro Pruiti, la ascolta sconvolto. «Questa coppia — dice il legale — è vittima di una doppia truffa cominciata sette anni fa e subìta fino ad ora per cercare non solo di realizzare il desiderio di avere un figlio sano ma anche per potere finalmente far comparire un bambino in carne e ossa che tutta la famiglia e il paese intero aspettavano di vedere».
Sette anni di bugie, un patrimonio andato in fumo, un’altalena di depressione ed euforia, che questa donna di 48 anni, una vita passata tra la Sicilia e la Svizzera in simbiosi con una figlia ventenne gravemente handicappata e un marito che aveva finito, suo malgrado, per assecondare questa ossessione, racconta così al giudice che deve decidere se tenerla in carcere con la gravissima accusa di riduzione in schiavitù di quel piccolo romeno di otto anni destinato a lei che non ha fatto neanche in tempo a vedere: «Tutti mi hanno sempre detto che sono una mamma speciale, per mia figlia Stefania che è nata microcefala farei qualsiasi cosa. Ma quando mi hanno detto che qualsiasi altro tentativo di gravidanza avrebbe avuto sempre lo stesso esito, sono uscita di testa. L’ultimo aborto l’ho avuto a Lugano, ero al sesto mese di gravidanza. Anche quel bimbo sarebbe nato microcefalo. Quando sono tornata in Sicilia, qualche settimana dopo, ero in uno stato di profonda depressione. Mia mamma, che era ricoverata in ospedale a Messina per una grave forma di Sla, non poteva vedermi in questo stato. Fu lei a dirmi che in ospedale delle persone, non so se medici o infermieri, le avevano suggerito questa soluzione: dichiarare la nascita di un bambino e ottenere così i documenti per un bimbo che mi avrebbero procurato loro, partorito da una donna che non lo voleva. Il certificato dell’ostetrica me lo hanno procurato loro. Mi dicevano: «C’è un bambino che nasce fra 15 giorni, poi un altro tra un mese, poi mi dicevano che era morto o che era femmina. E rimandavano di mese in mese, e volevano soldi, sempre soldi».
Soldi per gli intermediari, soldi per le donne che avrebbero dovuto partorire, soldi per i documenti. Era necessario riempire dei vuoti giuridici, dalle vaccinazioni alla scuola. E Lorella e Calogero avevano tutte le carte in ordine. La carta d’identità per il bambino che stava per arrivare dalla Romania era già pronta: Calogero Conti Nibali era andato a ritirarla al Comune di Castell’Umberto il 28 novembre scorso. La foto è quella di un bimbo con le fattezze descritte a tutti: bruno con gli occhi azzurri. La doppia cittadinanza italiana e svizzera facilitava le loro bugie: a Lugano dicevano che il bambino era malato, ricoverato in un istituto e iscritto a scuola in Italia e in Sicilia raccontavano che il piccolo era ricoverato in una clinica specializzata in Svizzera, gravemente malato ma con ottime possibilità di guarigione. Perché poi la comparsa di un bambino sano in qualche modo avrebbero dovuto giustificarla.
«Ci hanno preso in giro per anni. Io mi sarei presa in casa anche un bambino con la sua mamma e, a novembre, sembrava che ce l’avessimo fatta. Un figlio ce l’ho avuto, per 13 giorni. Poi sono scappati, madre e figlio». Piange Lorella quando racconta la delusione seguita a quel momento di euforia costato 38.000 euro. «Le avevamo dato già quasi tutti i soldi, prima 25.000 poi altri 13.000, e mio marito era andato in Svizzera a prendere l’ultima tranche, sono usciti per andare a fare una passeggiata e non sono più tornati».
È a questo punto che Lorella a Calogero dicono “basta”. Vogliono uscirne, ma non sanno come. E sono ancora gli intermediari a proporre loro di “far morire” il bambino mai nato. «Avevano preparato anche il funerale, la cassa bianca, subito prima di Natale, ci hanno chiesto altri 12.000 euro, gli abbiamo dato un acconto di 2000. Poi ci hanno detto che avevano trovato il bambino in Romania. E abbiamo detto sì per l’ultima volta. Ora è finita, fatemi andare a casa, mia figlia ha bisogno di me». Torna in cella Lorella, così come suo marito in attesa che il giudice, stamattina, decida.
Alessandra Ziniti, la Repubblica 28/2/2015