Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 28/2/2015, 28 febbraio 2015
IL BRACCIO DI FERRO CON LO STATO E IL FUTURO DI TELECOM
Ecco cosa succede quando pubblico e privato non solo non si incontrano, ma neppure si parlano, su temi di interesse generale per i quali sarebbe auspicabile una collaborazione costruttiva. La bozza del decreto sulla banda ultralarga che dovrebbe essere portata al Consiglio dei ministri martedì prossimo contiene più di una stranezza che lunedì, alla riapertura dei mercati, potrebbe tradursi in un bagno di sangue in Borsa per l’incumbent delle tlc, Telecom Italia.
La previsione della fine della rete in rame, fissata per decreto al 31 dicembre 2030, probabilmente è superflua perché si spera che la tecnologia non si fermi ai parametri del Novecento. Ma se così non fosse, e fosse miracolosamente possibile allungare efficacemente la vita dell’infrastruttura in rame, imporne per decreto la morte prematura non avrebbe senso economico, né per il pubblico, che non ha risorse da sprecare, né per il privato, che per natura deve badare al profitto.
Ma c’è un altro passaggio della bozza del decreto che appare addirittura irrealizzabile e cioè la trasmigrazione coatta della clientela alla struttura Ftth/Fttb (Fiber to the home, Fiber to the building), dopo un anno dal suo completamento. Se ne deduce che, per esempio a Milano, dove Metroweb ha già da tempo completato la rete in fibra ottica in grado di raggiungere l’utilizzatore finale fino alla sua abitazione/ufficio, entro un anno tutti avrebbero a disposizione i 100 mega. Bello, ma chi paga? Il cliente che non ha richiesto il servizio perchè magari oggi non sa ancora cosa farsene? Oppure l’operatore telefonico che ha dovuto rottamare le sue strutture a favore della rete più avanzata? Probabilmente, almeno in prima battuta il secondo. Con costi a fondo perso, che sono l’esatto contrario dell’incentivo. Allacciare un cliente con la formula Fttc (Fiber to the cabinet), la fibra ottica fino all’armadio sul marciapiede (mentre fino all’abitazione si utilizza ancora il rame), consente di offrire velocità di navigazione dai 30 mega in su e costa 150-200 euro alla compagnia telefonica. Allacciare un cliente in Fttb/Ftth (fibra fino all’edificio o fino all’abitazione), moltiplica a 100 mega e oltre la velocità di navigazione, ma costa quattro volte tanto rispetto alla formula Fttc. Chi paga? La rete d’accesso Telecom è in carico a circa 15 miliardi, di cui 11 di avviamento: svalutarla radicalmente brucerebbe le riserve residue mettendo la società nell’impossibilità di pagare i dividendi per molti anni. Senza contare che si sgretolerebbero le garanzie a sostegno del debito, con conseguenze poco piacevoli.
C’è poi una questione più generale che tocca il principio dell’autonomia delle authority. Nella bozza in circolazione i poteri assegnati al Ministero per lo sviluppo economico, sotto cui rientrano le competenze sulle Comunicazioni, rischiano di sconfinare nelle prerogative dell’Agcom, l’Authority del settore che, come le omologhe europee, opera all’interno del quadro normativo europeo.
Parrebbe bizzarro con un solo colpo gettare scompiglio tra gli azionisti Telecom (molti dei quali retail), mettere in agitazione i consumatori, pestare i piedi all’Authority e attirarsi gli strali della Ue. E se più banalmente l’obiettivo fosse riportare Telecom al tavolo Metroweb?
Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 28/2/2015