Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 28 Sabato calendario

GIALLO A PARMA, KILLER E MANDANTI

Se infiliamo le coordinate del problema in un simulatore per cercare una via d’uscita perdiamo tempo. Nelle scuole di guerra, i top gun americani la chiamano «No Win Situation»: una situazione estrema creata per misurare le reazioni del pilota a una sconfitta senza scampo, quali che siano le sue scelte. Il regolamento, per quanto farraginoso e forse ingiusto, parla chiaro: se una squadra fallisce e ha già iniziato il girone di ritorno, rimangono validi tutti i risultati ottenuti fino alla cessazione dell’attività. Il resto è tre a zero a tavolino. Spiace per la Roma, che con la squadra di quel galantuomo di Donadoni ha pareggiato, ma pensare di raddrizzare un’ingiustizia cancellando tutti i risultati sin dalla prima giornata produce altre ingiustizie. La decisione di cambiare le regole in corsa scatenerebbe le proteste delle rivali ai piani alti della classifica e non solo, visto che qualcuno lotta per lo scudetto ma bisognerebbe ricordarsi anche di chi si fa in quattro per non retrocedere. L’unica misura equa, a pensarci bene, sarebbe quella di costringere in qualche modo il Parma a giocarsele tutte. Ma ci vorrebbe un simulacro di società e un attore vero che ci metta i soldi, non gli opachi figuranti di questi giorni. E chi, di grazia? La Lega, e a quale titolo? Oppure un mecenate folle disposto a bruciare svariate decine di milioni in perfetta serenità?
Si sente pure cianciare con insistenza di «fallimento pilotato». Ipotesi quantomeno azzardata per una società la cui bancarotta, stando alle notizie che filtrano dalla procura, potrebbe essere giudicata fraudolenta. E non per pochi spiccioli. Lo dico con immenso dolore per i tanti amici parmensi cui va la nostra amicizia e solidarietà granitica, ma è ora di guardare in faccia la realtà. Molto probabilmente la loro squadra fallirà fragorosamente, cesserà l’attività agonistica e la ricomincerà in Serie D. Nel mondo del business, che così poco somiglia alla fiabesca illusione del pallone, si parlerebbe di morte annunciata e di lento strangolamento. Alle esequie non scorrerebbero lacrime di rimpianto.
Qui sì possiamo tranquillamente usare parole grosse. Il glorioso, sfortunato Parma Calcio, riconsegnato pochi anni fa alla comunità calcistica senza un debito dal mai abbastanza rimpianto commissario Bondi dopo il crack Tanzi, è stato assassinato dall’insipienza o dall’ingordigia, oppure tutte due le cose assieme. La lista degli indiziati non può arrestarsi comodamente a Tommaso Ghirardi, possibile esecutore materiale, o agli improbabili fantasmi di Taçi e Manenti. Bisogna arrivare ai mandanti e ai complici se davvero vogliamo cambiare le regole ed evitare che questo sconcio si ripeta.
Di mestiere faccio il giornalista, non l’inquisitore. Mi limito ad allineare fatti accaduti in quel litigioso condominio che è il calcio italiano nel tentativo di arraffare voti e conquistare posizioni di potere. Lì si è consumato il delitto. Cinque domande, cinque pezzi facili. Chi e perché ha consentito al Parma, escluso dall’Europa per le inadempienze riscontrate dalla Uefa, di iscriversi tranquillamente al campionato italiano? Chi e perché ha consentito al Parma, e non solo al Parma, nel lontano 2013 di fattorizzare i proventi televisivi delle stagioni successive fino al 2015? Chi e perché si è adoperato affinché l’Agenzia delle Entrate accettasse la dilazione dei pagamenti dovuti scordandosi che questo, in caso di insolvenza, è un reato penale? Chi ha consentito al Parma, e non solo al Parma, di scontare in banca il paracadute garantito a chi retrocede in serie B, pratica espressamente vietata dal regolamento? Insomma, chi ha consentito al Parma di continuare a operare senza cassa, in stato di virtuale insolvenza?
In tempi non sospetti abbiamo chiesto che la musica cambiasse ai vertici del calcio italiano e della Lega, autentici responsabili di questo scandalo. E che i vari stakeholder si accordassero per assicurare a un sistema che dovrebbe essere patrimonio di tutti un assetto nuovo, trasparente e manageriale. Ci hanno trattati come eversori e disfattisti. Peccato. Ora il re è nudo e sarà l’inesorabile, spietata verità di questo scandalo a metterlo alla gogna.