Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore 28/2/2015, 28 febbraio 2015
RAGIONE E SENTIMENTO
Nello spread sotto 100, come nei 575 punti del novembre 2011, c’è dentro di tutto. Fondamentali e umori. Tecnicismi uniti all’aria che tira. L’altalena dei rating. L’Italia dentro e fuori la recessione. Omt, Esm e ora Qe. Euforia sotto 100, terrore a 575.Continua?pagina?3
È così che funziona sui mercati. Il prezzo è una sintesi, in quell’istante dell’incontro della domanda e dell’offerta si fondono i dati e i movimenti del passato con le notizie del presente e le previsioni sul futuro, si amalgamano i fondamentali macroeconomici con gli umori degli operatori, i tecnicismi della finanza con il clima politico, le regole ferree con l’aria che tira.
Lo spread Btp/Bund è migliorato enormemente da 100 a 575, tornando ai livelli del 2010. Ma intanto, dal 2011 a oggi, il debito/Pil italiano, uno dei più alti nell’Eurozona e dei paesi industrializzati nel mondo, è peggiorato dal 116,4% del 2011 al 131,6% del 2014 e al 133,4% previsto per quest’anno. Tutto questo a colpi di aste attorno ai 450 miliardi l’anno, le più pesanti di un Paese membro dell’area dell’euro. Ma allora perchè mai lo spread (termometro che misura l’affidabilità dell’Italia nella sua veste di debitore rispetto al rischio-Germania) è sceso sotto quota 100 nonostante questo paese arranchi con prospettive di crescita fragilissime, un elevato tasso di disoccupazione, una persistente perdita di competitività, una pressione fiscale alta e che stenta a calare e un debito pubblico straripante? Lo spread ha sforato al ribasso la soglia 100 per quella stessa spirale che lo aveva fatto impennare nel 2011: un numero, quindi, da prendere con le pinze, dove c’è del buono ma c’è anche l’imprevedibilità dei mercati, ora come non mai sempre più umorali e a disagio per adattarsi alle misure straordinaria di politica monetaria non convenzionale delle banche centrali.
Se prima l’Italia entrava e restava in recessione, ora ne sta uscendo anche se malconcia e grazie a petrolio ed euro debole. Se prima fioccavano i declassamenti (perfino notches multipli) , da qualche tempo a questa parte i rating dell’Italia sono fermi e gli outlook semmai sono migliorati da negativi a stabili(Fitch aprile 2014, Moody’s e S&P’s dicembre 2014). Ai tempi di quota 575 la lettera inviata a l governo Berlusconi da Jean-Claude Trichet della Bce e Mario Draghi della Banca d’Italia sembrava carta straccia, ora non passa giorno che il governo Renzi non annunci una qualche riforma epocale. Tra coloro che detenevano i 1.200 miliardi di BTp in circolazione soltanto quattro anni fa, in molti all’epoca, stranieri e non solo, hanno temuto di non essere ripagati puntualmente e integralmente e hanno venduto. Ora invece i titoli di Stato italiani promettono facili guadagni, come un “free lunch” per lo meno sul breve termine.
Tra i fattori che hanno mosso e continuano a muovere lo spread, comunque almeno due preponderanti restano di natura “tecnica” : il ruolo della Bce e delle istituzioni europee per scongiurare il rischio di disgregazione dell’euro, il contagio e la deflazione, e la composizione dei detentori dei titoli di Stato italiani.
Lo spread a quota 575 nel novembre 2011 e poco sotto nell’estate 2012, non era protetto dagli scudi che invece ora cingono i Btp: oltre all’Esm (il trattato di questo meccanismo di stabilità permanente è stato siglato nel febbraio 2012 con operatività nell’ottobre 2012 proprio per estendere la portata degli interventi di salvataggio avviati dall’Efsf per tollerare un eventuale caso Italia) , le Omts (il whatever it takes di Draghi) che consentono alla Bce di acquistare i titoli di Stato di un Paese in crisi e sostenuto finanziariamente dall’Esm. E ora il sovereign Qe - che dovrebbe iniziare il prossimo venerdì dopo l’atteso annuncio di Draghi con i dettagli sulle modalità di acquisto - ha scatenato una voglia mattadi itoli di Stato italiani che ricorda quella insaziabile dell’euroconvergenza.
Gli stranieri stanno tornando sul rischio-Italia. Ma non va sottovalutato il fatto che all’epoca dello spread a 575 gli investitori esteri detenevano più del 50% dei titoli di Stato italiani in circolazione, qualcosa come 800 miliardi. Il nostro debito pubblico era molto esposto agli umori dei mercati . Da allora, i titoli di Stato nei portafogli delle banche italiane sono lievitati da 250 miliardel novembre 2011 ai 450 miliardi del gennaio 2015. Il Btp Italia ha puntato sul mercato domestico per raccogliere oltre 90 miliardi. Altri 100 miliardi furono acquistati dalla Bce con il securities markets programme. L’estero è sceso al 30% e questo, unito al Qe, e a tutto il resto, rafforza quei 100 punti di spread, Ma non li blinda: solo una crescita robusta e un debito/Pil in forte calo sono le garanzie per lo spread sotto 100 ora e 50 poi.