Angelo De Mattia, MilanoFinanza 27/2/2015, 27 febbraio 2015
PERCHÉ UN’OPA SU CIÒ CHE NON È IN VENDITA?
L’opas su RaiWay lanciata da Ei Towers per l’acquisizione del 100% e comunque almeno del 66% con un esborso di 1,2 miliardi è variamente giudicata: un’opas che la Rai ha definito prudentemente «non sollecitata», dunque né amichevole né, più brutalmente, ostile. Le parole in questo caso significano molto. Il premier Renzi ha detto ieri che bisogna valutare le operazioni della specie per quello che sono, di mercato e non politiche che vengono liberamente compiute, ma che il governo ha fissato delle regole e non le modificherà. Da parte degli osservatori si può essere favorevoli o contrari all’operazione, la si può giudicare facendo astrazione da vicende politiche, recenti e passate, o vedendo in esse dei collegamenti, ma un interrogativo dovrebbe essere comune a tutti: nel presupposto che la società conoscesse che la partecipazione pubblica non può scendere sotto il 51% – sussistendo a presidio di ciò la golden power, secondo la nota disciplina – c’è da chiedersi perché ugualmente l’opas è stata promossa con l’indicazione delle suddette percentuali. È, questo, l’aspetto sul quale è necessario un chiarimento, al di là delle osservazioni variamente formulate che si concentrano sul dilemma se si tratti di un’operazione del Berlusconi imprenditore, che, dunque, ormai non sarebbe più un politico, conseguenza anche della rottura del patto del Nazareno e al di là delle opposte valutazioni di chi dice che l’opas sarebbe il prodotto di un Nazareno finanziario, opaco, rientrante negli arcana imperii. All’interrogativo anzidetto si può tentare di rispondere con una serie di ipotesi alternative. Può essere stato fatto un ragionamento, a proposito del limite dei 51%, alla stregua di ciò che accade quando un’opa viene lanciata su di una società governata da un patto di sindacato che, in conseguenza di tale offerta, deve sciogliersi. In sostanza, può essersi immaginato che il governo, che deve affrontare un piano di privatizzazioni che dia introiti per 10 miliardi all’anno fino al 2017, alla fine avrebbe acconsentito a non ritenere impeditivo il limite della partecipazione pubblica del 51% oppure si è potuto supporre che una composizione sarebbe stata trovata accordando una interessenza non totalitaria né maggioritaria, bensì, con un altro strumento giuridico, del 49% (non propriamente nelle classiche finalità di un’offerta pubblica) per poi gestire di comune intesa pubblico-privato la governance, magari con un patto parasociale. C’è chi ha parlato di rischio di inciucio tra due colossi. L’eventualità che non sia stato considerato giuridicamente solido il limite in questione appare poco sostenibile. Più lontana, poi, è l’ipotesi che sia stato negli effettivi intendimenti di conseguire l’operazione inversa e cioè che sia la Rai a proporre di acquistare Ei Towers. Un’altra ipotesi è quella di essersi messi, con l’opas, ai nastri di partenza per l’eventualità che cambino, non nell’immediato, gli orientamenti e si venga così a fruire di una sorta di prelazione, certamente non giuridica, bensì fattuale e di opportunità. Andrebbe decisamente escluso, invece, che sia stata lanciata l’offerta senza riflettere sia sugli aspetti ora sottolineati sia sui collegamenti politici che probabilmente sarebbero stati evidenziati a giusto proposito o no. Le connessioni con la riforma della Rai, in corso di progettazione, mentre ieri è stato approvato il piano Gubitosi di revisione dei telegiornali, appaiono pressoché inesistenti, trovandoci nel campo delle infrastrutture, fondamentali, ma pur sempre infrastrutture. A quest’ultimo proposito si stanno diffondendo le più disparate tesi fino al riemergere dello slogan della Rai come la Banca d’Italia, passando per l’idea, dopo avere immaginato l’introduzione del sistema dualistico, della costituzione di una Fondazione che nominerebbe i membri del consiglio di sorveglianza (ma chi designerebbe, poi, i componenti gli organi della Fondazione? Quis custodiet custodes?); o per nomine dello stesso consiglio decise tra l’altro da authority e Corte Costituzionale, creando così una impropria commistione di compiti per istituzioni neutre di controllo. Per tornare a RaiWay, qualsiasi altra disquisizione sull’adeguatezza del prezzo offerto e sulle strategie nonché sul ruolo che le authority potrebbero e dovrebbero avere anche nell’eventualità del passaggio delle torri ai privati postula la risposta all’interrogativo sollevato. È una materia a cui dovrà corrispondere tempestivamente un intervento della Consob con l’invito a una puntuale informativa al pubblico. Lo stesso Ministro dell’economia dovrebbe dare chiarimenti sulla linea del governo e, soprattutto, sulle valutazioni dell’iniziativa, oltre le indicazioni di Renzi, dal momento che si tratta del proprietario pubblico che, certamente, fa parte a pieno titolo del mercato.
Angelo De Mattia, MilanoFinanza 27/2/2015