Paolo Siepi, ItaliaOggi 26/2/2015, 26 febbraio 2015
PERISCOPIO
Lo scazzo nella Lega mostra che aveva proprio ragione D’Alema: «È una costola della sinistra». Jena. La Stampa.
Gino Paoli si dimette da presidente della Siae. Proprio ora che il curriculum era perfetto. Spinoza. Il Fatto
La Svizzera non avrà più segreti. Finalmente sapremo perché il Toblerone ha quella forma. MF.
«Anche i pochi che leggono, sono sempre più distratti». «Alla concentrazione si provvederà con il polo Mondadori-Rizzoli». Vignetta sul web.
«La lista Falciani». «In Italia, se si presentasse alle elezioni, le vincerebbe». Vignetta di Ellekappa. Sette.
New York, negli anni Settanta, era piena di opportunità. A un certo punto volle conoscermi Leo Castelli. Gli portai un mio oggetto che apprezzò. Poi aggiunse: sia più ambiguo. Gianfranco Baruchello, pittore (Antonio Gnoli). la Repubblica.
A ogni PalaSharp con bambino moralmente indignato incorporato, a ogni Vaffaday con annessa lettura attoriale di quelli di Romanzo criminale che recitano Mafia Capitale, a ogni videomessaggio di Dario Fo che fu a Salò, a ogni Giancarlo Magalli presidente della repubblica per indicazione salvifica della rete, il pensiero sale commosso e riverente verso Matteo Renzi. Non per quello che ha in sé, ma per quello che promette di essere, come diceva Longanesi del fascismo. Stenio Solinas. Il Foglio.
Dalla crisi che ha colpito il mondo nel 2007, il traffico d’armi è uno dei pochissimi settori industriali in costante espansione, con un 15% di aumento del fatturato, grazie soprattutto a India, Pakistan, Cina e Africa, aree con grandi masse di poveri che acquistano armi (dal 60 al 120% in più negli ultimi cinque anni) da America e Europa. Eppure di tornare a limitare seriamente il mercato delle armi parla ormai soltanto il Papa. Curzio Maltese. ilvenerdì.
Dopo il Giorno passai al Corinf. Lo dirigeva Gino Palumbo, al quale succedette Lanza. La miglior redazione che si sia mai vista in Italia: oltre a Tobagi e Donelli, c’erano Ferruccio de Bortoli, Vittorio Feltri, Guido Vergani, Gian Antonio Stella, Gigi Moncalvo, Edoardo Raspelli, Paolo Mereghetti, Gianni Mura. L’unico mio pezzo che ho conservato è uno scoop di quel periodo. Fui l’unico, nel 1975, a intervistare i genitori e le due sorelle di Mara Cagol, compagna di Renato Curcio, uccisa in un conflitto a fuoco con i carabinieri. Ci riuscii solo perché fino ai 13 anni ero stato amico di giochi di Mara durante le vacanze estive a Trento, nella casa di mia zia Vanda, la stessa dove abitavano i Cagol. Alla sorella Milena era toccato riconoscere la salma. Mi raccontò che il procuratore le aveva detto: «Le hanno sparato mentre si arrendeva con le mani alzate». Guido Vigna, giornalista (Stefano Lorenzetto). Il Giornale.
Inutile riparare il danno, mandando, a sangue versato, centomila soldati francesi contro i vendicatori, ne bastavano dieci. Che si è voluto dimostrare? La sollecitudine del governo francese, il suo impegno? Ma va! Doveva impegnarsi prima, la grottesca mobilitazione militare è solo una presa per il culo. Mai così grandiosa quanto il sublime sfottò messo in atto dai vignettisti di Charlie, che morendo da eroi hanno costretto i già plurisfottuti Grandi della Terra a correre da ogni parte del mondo per celebrarli. Onore a Charlie. Umberto Silva, psicanalista. Il Foglio
Mi piacciono i maiali. I cani ci rispettano troppo. I gatti per niente. I maiali ci trattano alla pari. Winston Churchill. Sette
Trento, dove approdai come docente, era una delle roccaforti della contestazione anche se, quando ci arrivai, la spinta sessantottina si era esaurita. Volevo creare una università pubblica ma non statale. Una università, vista la posizione geografica, italo-tedesca. Ma i tedeschi rifiutarono. Dissero semplicemente: keine mischung, nessuna mescolanza. Ho fatto il rettore per tre anni e per altri 25 il direttore dell’istituto storico italo-germanico. Paolo Prodi, storico, fratello di Romano (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Bertolucci mi chiamava l’attrice di Germi. Di lui mi fidavo e io, se mi fido, m’affido. Con Bernardo mi sono sentita in famiglia. Sembrava che mi conoscesse da sempre. È un uomo colto. Un contenitore di sapienza. Aveva una padronanza degli strumenti culturali che mi era estranea e anche grazie a quella sapeva restituirmi, come nessuno, il senso di quello che stavo facendo. Trovarsi di fronte a lui o a Storaro, ti dava l’impressione di partecipare a priori a un capolavoro. Bernardo poi, anche se in misura assai minore di Germi, sapeva essere anche permaloso. Ho sempre pensato che la suscettibilità avesse a che fare con ciò che non ama di se stesso. Stefania Sandrelli, attrice (Malcom Pagani e Fabrizio Corallo). Il Fatto.
Vivo giorno per giorno, me ne frego. Non so quando morirò, non so perché ho vissuto. Anzi, lo so, ma non lo dirò. Ho lavorato tutta la vita e lavorando non ho mai saputo che anno fosse. Capisce? Quando lavoro dimentico le date, il tempo non mi interessa. È così da sempre. Michel Piccoli, 89 anni, attore (Laura Putti). la Repubblica
Non per vantarmi, ma il mio problema è tirar su mille o millecinquecento euro al mese. Senza contare che finisco per farmi compatire e sbeffeggiare nelle pubbliche mense di Milano dove sono in fila: «Guarda come si è ridotto a non fare la tessera del Pd, aveva così un bel posto alla Rai». Un altro: «Ma è un povero scemo». Io: «Avete ragione, a questo punto parlo e faccio il pentito di cabaret. Dirò tutto: come si diventa affiliati, chi c’è dietro ai comici di regime e dove finisce parte dei compensi». Maurizio Milani, scrittore satirico. Il Giornale.
«Come fa a girovagare da un capo all’altro del mondo tirandosi dietro la biblioteca?», gli chiedevano i suoi lettori. «Ma le citazioni le ho nel cervello», rispondeva lui, «e le schizzo fuori di sorpresa col tirasassi della memoria, divertendomi a inalberare gonfaloni classici in mezzo alla boscaglia delle più scardinate avventure romantiche». Vittorio Beonio Brocchieri in Luciano Simonelli, Dieci giornalisti e un editore. Simonelli editore.
Don’t be a writer. Be writing! Non fare lo scrittore. Scrivi! William Faulkner in Il gioco dell’apprendista di Alessandro Carrera. Medusa.
Roma è una vecchia baldracca sdraiata su un vecchio divano che legge Pasquino e concede i propri favori anche a chi non glieli chiede. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 26/2/2015