Tino Oldani, ItaliaOggi 26/2/2015, 26 febbraio 2015
TERRORISMO: MENTRE I PARTITI UE SI DIVIDONO SUL PNR (REGISTRO DEI PASSEGGERI AEREI), LA MERKEL NON PERDE TEMPO E LO APPLICA
Ecco un altro acronimo con cui dovremo fare i conti a lungo: Pnr (Passenger name register). In pratica, un unico data base elettronico capace di schedare e conservare per anni i nomi dei passeggeri aerei in entrata e in uscita dall’Unione europea, o per meglio dire dai varchi aeroportuali dei 28 Paesi che ne fanno parte. La Commissione Ue, guidata da Jean Claude Juncker, lo vorrebbe in funzione al più presto, ma il Parlamento europeo è diviso, e ne discute senza venire a capo di nulla. La cosa può sembrare strana, e lo è, visto che lo scopo del Pnr è di dotare l’Europa di un unico strumento conoscitivo, in funzione anti-terrorismo, e rafforzare così la sicurezza dopo i recenti attentati in Francia (Charlie Hebdo) e in Danimarca (convegno sull’Islam), a cui sono seguite le minacce contro l’Italia dei tagliagole dell’Isis arrivati in Libia. Ma a Strasburgo e a Bruxelles ci sono molti parlamentari europei che antepongono il diritto alla privacy a tutto, compreso il rischio terrorismo. Da qui, una battaglia politica che va salendo di tono.
È di ieri la notizia che il primo vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, e il ministro tedesco dell’Interno, Thomas de Mazière, si sono incontrati a Berlino proprio per discutere del Pnr. Al termine dell’incontro, i due politici si sono dichiarati d’accordo sul fatto che l’Europa deve fare fronte a una nuova priorità: combattere il terrorismo e i cosiddetti «foreign fighters», anche riformando le linee guida del Trattato di Schengen sulla libertà di circolazione in Europa. «Nel giro di sei-otto settimane ci auguriamo che sia pronto un piano per rafforzare i controlli di frontiera sui confini esterni dell’Europa» ha precisato Timmermans.
Cosa cambierebbe con il Pnr, è presto detto. Negli aeroporti non sarebbe più consentito ai cittadini europei di auto-identificarsi, come avviene da quando è in vigore il trattato di Schengen. Oggi qualsiasi cittadino europeo che arriva in aereo da un Paese extraeuropeo, esce infatti indisturbato dal cancello riservato a chi ha un passaporto che reca la duplice scritta dell’Unione europa e del suo Stato di appartenenza. Eventuali controlli sono consentiti soltanto nei casi di sospetti concreti, oppure per i cosiddetti controlli random. Con il Pnr non sarebbe più così, ma scatterebbero controlli severi sull’identità di tutti i passeggeri in partenza e in arrivo dalle «aree geografiche che si trovano vicino alle zone di conflitto».
L’appoggio dato dal governo di Berlino all’iniziativa di Timmermans significa che anche Angela Merkel ha deciso di spingere sull’acceleratore perché si arrivi al più presto a una direttiva europea in materia. Come al solito, la cancelliera non ha perso tempo: già dall’autunno scorso, come ha rivelato il ministro dell’Interno austriaco Johanna Mikl-Leitner al quotidiano di Vienna Der Standard, la Germania e l’Austria hanno intensificato, di comune accordo, i controlli sui passeggeri in arrivo da Paesi considerati a rischio, in primo luogo dalla Turchia, soprattutto dall’aeroporto di Istanbul. In pratica, negli aeroporti tedeschi e austriaci, il Pnr sarebbe già in atto, sia pure con modalità non ortodosse.
Tra i politici europei a favore del Pnr, spicca il nome del polacco Donald Tusk, presidente del Consiglio dei capi di Stato e di governo: pochi giorni fa ha «implorato il Parlamento europeo di rivedere la sua posizione sul Pnr, e di accettare la creazione un unico data base con le informazioni sui passeggeri aerei in arrivo o in partenza dall’Unione europea». Gli attuali controlli, ha aggiunto, si basano su 28 sistemi nazionali diversi l’uno dall’altro: «una coperta piena di buchi, che magari non interferisce con la privacy dei passeggeri, ma non garantisce affatto la loro sicurezza».
Al Parlamento europeo, per la verità, la discussione sul Pnr va avanti da tempo. Nel 2013 il Comitato parlamentare per le Libertà civili ne bocciò il progetto con 30 voti a 25, e lo chiuse in un cassetto. Soltanto ora, dopo gli attentati di Parigi e di Copenhagen, il Pnr è diventato un tema caldo. In nome della privacy, i Verdi e la sinistra sono sempre contrari. Il Front National di Marine Le Pen, a sua volta, rifiuta il Pnr «in nome della sovranità nazionale, perché siano solo i francesi a decidere chi entra o esce dai loro confini». Freddo anche il leader liberale Guy Verhofstad: prima del Pnr, a suo avviso, «il Parlamento europeo dovrebbe approvare una direttiva sulla protezione dei dati».
Tra i socialisti, regna la divisione: contrari quelli spagnoli, mentre quelli francesi, prima contrari, ora sono a favore, e con il premier Manuel Valls invocano un «Pnr unico, come quello in vigore negli Usa». I socialisti tedeschi, contrari all’inizio, ora si dicono disposti a votare il Pnr, ma a precise condizioni. L’intero Partito popolare (Ppe), assicura il tedesco Manfred Weber, è invece schierato a favore, senza se e senza ma.
Quanto all’Italia, essendo una questione di sicurezza, se ne dovrebbe occupare Lady Pesc, Federica Mogherini (Pd). Ma visto che la materia è saldamente nelle mani del trio Juncker-Timmermans-Barnier, sembra scontato che la Mogherini continuerà a fare panchina e ad eseguire gli ordini, as usual.
Tino Oldani, ItaliaOggi 26/2/2015