Massimo Oriani, La Gazzetta dello Sport 26/2/2015, 26 febbraio 2015
POZZECCO: «MI SCUSO PER NON AVER REALIZZATO I NOSTRI SOGNI»
Le storie d’amore non finiscono mai. Le lacrime di Gianmarco Pozzecco sono vere, da cuore infranto. La conferenza stampa d’addio alla panchina della sua Varese è l’ultimo atto, in ordine di tempo, di un rapporto che però continua, pur sotto altre spoglie, ancora da definire. Non potrà mai chiudersi perché da entrambe le parti c’è troppo coinvolgimento emotivo. Magari un giorno il Poz si risposerà (leggi tornerà ad allenare) senza pensare di tradire una società che gli è entrata dentro. Hanno però finito col travolgersi a vicenda, come è stato già scritto ieri, per troppo affetto.
acqua Ci prova, il Poz, ma dura trenta secondi prima di aprire una bottiglietta d’acqua per cercare di mandar giù i singhiozzi, di celare l’innascondibile: «Mi scuso con la società – attacca – e i suoi fantastici protagonisti che hanno cercato di convincermi a non dare le dimissioni. In questi due giorni mi hanno dimostrato che persone sono, la Pallacanestro Varese è in ottime mani. Mi scuso col mio staff, gli assistenti, che sono stati pazienti ed entusiasti di lavorare con me dal primo giorno, mettendomi nelle condizioni migliori per aver successo con amicizia vera». Lo sapeva, il Poz, si conosce. Nel chiaroscuro della sala Gualco del PalaWhirlpool, Gianmarco estrae gli occhiali da sole e se li infila. Nascondono lacrime ma non l’anima, tagliata in due da una ferita che si rimarginerà col tempo ma che ora fa male.
gola «Chiedo scusa ai giocatori — prosegue – forse avrei dovuto amarli di più, forse non gli ho fatto capire quanto gli volessi bene». E li cita tutti, uno per uno. «Chiedo scusa ai ragazzi dell’ufficio, contenti sin dal primo giorno che fossi tornato a casa. E’ stato impagabile per me vivere certe emozioni». Altra pausa, altro sorso, altro singhiozzo strozzato in gola. «Chiedo scusa ai tifosi, alla curva, alla stampa, a Toto Bulgheroni, alla città intera perché non sono riuscito a ripagare l’immensa fiducia e l’enorme affetto riposti in me. Per non essere riuscito a trasformare i nostri sogni in una magnifica realtà e ne sono estremamente dispiaciuto». Poi arriva la parte più dura, quella per cui la bottiglietta d’acqua diventa superflua: «Sarebbe stato più facile andare avanti, ma per il bene di Varese,che viene prima del mio, è giusto che sia così, quindi non ho esitato. Scusate se in cuor mio continuerò a credere che un giorno vinceremo di nuovo uno scudetto tutti insieme». La voce si tronca, il Poz si alza e se ne va. Non andrà lontano, cosa farà ancora non si sa, ma il patrimonio Pozzecco non andrà disperso.
dean Per Varese, però, c’è un’emergenza da gestire. E il non facile compito spetta ad Attilio Caja, specialista in materia, essendo la sesta volta in carriera che subentra in corsa dopo Napoli, Pesaro, Roseto, Milano e Cremona. «Se la situazione non fosse difficile non sarei qui – spiega il nuovo capo allenatore della Openjobmetis – Ci vuole l’aiuto di tutti per guidare in porto una barca che ora è in balia delle onde, serve che tutti remino dalla stessa parte». Il messaggio è chiaro e forte: chi non si sente più parte di questa avventura, parli ora o taccia per sempre. Il primo a chiamarsi fuori, e non da ieri, è Willie Dean, che scalpita per essere liberato in modo da poter firmare con una squadra russa che gli ha già fatto un’offerta. «C’è qualcuno col mal di pancia, per ora dovremo arrangiarci con quello che abbiamo ma la squadra è sbilanciata dall’ala piccola in giù, dovremo monitorare la situazione dei piccoli». Anche perché si è fermato anche Andy Rautins e ne avrà per una quindicina di giorni. Caja non teme l’ombra del Poz alle sue spalle: «Tutt’altro, gli ho persino parlato per capire se c’era margine perché restasse, non mi sarei fatto problemi. Lo vedo come una risorsa preziosa, cercherò di far bene anche per lui».
SUMMER LEAGUE Mentre Caja si dedica alle tv, qualche metro più in là, al bar del PalaWhirpool, Pozzecco si è ricomposto. C’è una processione infinita di gente che gli vuole bene che lo bacia, lo abbraccia e gli augura buona fortuna. Per quale avventura? «Per ora di tornare ad allenare non se ne parla – dice lui – Vedremo, ho qualche idea in mente da sviluppare con la società. Intanto in estate mi hanno invitato i Los Angeles Clippers per fare la Summer League di Las Vegas col loro staff tecnico, sarà una bella esperienza». Quanto gli deve essere costato dire addio. Avrà sbagliato anche lui, «in buona fede» come ha detto il presidente Coppa, non c’è dubbio, ma lo ha fatto perché il coinvolgimento emotivo era eccessivo. D’altronde non gli si poteva chiedere di diventare un altro, una persona che non è. Il Poz è così, lo è sempre stato da giocatore, non poteva cambiare da tecnico. L’ultima pacca sulla spalla, l’ultimo bacio sulla guancia. Non è finita, non potrà mai finire. E’ solo un capitolo, si volta pagina, la storia continua.