Ettore Livini, Affari&Finanza – la Repubblica 23/2/2015, 23 febbraio 2015
FININVEST, VENDITE DI FINE STAGIONE E ADESSO LA FAMIGLIA PASSA ALLA CASSA
Prendi i soldi e scappa. Fininvest chiude l’era del patto del Nazareno monetizzando (incasso 377 milioni) due anni di corsa del titolo Mediaset per riaprire i rubinetti dei dividendi verso casa Berlusconi. In attesa di decidere - rebus da mesi al centro del pranzo di famiglia del lunedì ad Arcore - cosa farà da grande. La stagione dei saldi del Biscione, questa è l’unica certezza, è in corso da tempo. E all’asta è finito un bel po’ dell’argenteria di famiglia: sul mercato è andato il 5% di Mediolanum con un collocamento lampo che non è bastato a tappare il buco (318 milioni di rosso nel bilancio 2013) del Lodo Mondadori. A stretto giro di posta sono stati ceduti una quota di Ei Towers, le televisioni di D+ in Spagna, l’11% della pay-tv Premium, il golf di Tolcinasco, i cinema di Roma, lo storico palazzo di via Negri a Milano, sede de “Il Giornale” fino, la scorsa settimana, al 7,7% di Mediaset. Una sorta di liquidazione di fine stagione in cui in vendita, nessuno si stupisce, è finito pure un (costosissimo) pezzo di cuore come il Milan. La fotografia di gruppo non è cambiata, visto che nel portafoglio della Fininvest resta saldamente il controllo delle partecipazioni storiche (Cologno, Mediolanum e Mondadori). Gli 1,5 miliardi entrati nelle casse dell’impero di famiglia hanno però consentito di centrare tre obiettivi. I primi due sono ”interni”: riportare sotto controllo un indebitamento salito oltre il livello di guardia – 1,5 miliardi in capo al Biscione a fine 2013 – e tornare a premiare i soci dopo anni di carestia. Missione compiuta addirittura in anticipo, visto che Fininvest, alla vigilia della vendita di un pezzo delle tv, ha girato un dividendo straordinario di 77 milioni alla dinastia di Arcore. Il terzo obiettivo è mettere fieno in cascina per nuovi investimenti. Il primo passo è già stato fatto, con l’offerta di Mondadori per Rcs Libri. Mentre il sogno nel cassetto, come sempre, rimane quello di Telecom Italia. Questioni di famiglia L’ultima operazione, la vendita della quota di Mediaset, è la sintesi del nuovo approccio pragmatico di Arcore. Vendi, guadagna e pentiti, è il vecchio adagio dei guru di Piazza Affari. E in Fininvest hanno fatto proprio così. Il titolo Mediaset, sceso a 1,2 euro nel periodo buio di novembre 2011 (quando Silvio Berlusconi lasciò Palazzo Chigi a Mario Monti) aveva risalito la china fino a 4,6 euro, balzando quando l’ex Cavaliere ha perso meglio del previsto le elezioni 2013 e continuando a correre nell’era del Nazareno. Ma visti i chiari di luna della politica di queste settimane – con la rottura dell’asse con Renzi e la maretta in Forza Italia – la famiglia ha preferito passare alla cassa, con un’operazione che garantirà una plusvalenza di bilancio vicina ai 300 milioni senza far perdere il controllo delle tv. Come verrà utilizzato questo tesoretto? Un po’ di soldi, si è capito subito, sono già finiti in tasca ai soci con il superdividendo preventivo di 77 milioni staccato dal Biscione a fine dicembre. Fininvest aveva abituato male i suoi soci: tra il 2006 e il 2010 il premier e i suoi cinque figli avevano incassato circa 1,1 miliardi di dividendi. Dal 2011 è iniziato il black out. Mediaset ha iniziato a battere in testa, Mondadori pure. Le cedole di Mediolanum non sono bastate a tamponare i guai delle altre provincie dell’impero. E il Lodo Mondadori è stato la mazzata finale. Silvio & figli hanno dovuto così arrangiarsi (si fa per dire) per far quadrare i conti di casa mettendo mano ai risparmi o vendendo al Biscione un po’ delle loro azioni. Passaggi necessari soprattutto per l’ex premier costretto a continuare a svenarsi per Milan – costato 600 milioni in 26 anni e politica: solo il rilancio di Forza Italia, per dire, gli è costato una “donazione liberale” di 15 milioni oltre alla valanga di fideiussioni (100 milioni) che ha firmato per garantire i debiti del partito e del Popolo delle Libertà. E proprio di 15 milioni, non a caso, è il dividendo che l’ex-Cav si è staccato grazie alla cedola straordinaria pagata ora da Fininvest. Il dossier acquisizioni Ridurre il tutto a una banale questione di dividendi e mancette milionarie è però probabilmente sbagliato. Certo, in molti casi si fa di necessità virtù. E le vendite di questi mesi sono servite pure a tenere in rotta i conti di Mediaset – reduce dal primo rosso della sua storia e da un pesantissimo piano di tagli che potrebbe portare i conti 2014 vicini al pareggio – e della Mondadori, tornata nel 2014 a un timido utile dopo anni di austerity. La riorganizzazione del gruppo, come ha spiegato Fininvest, serve anche a ragionare sulla diversificazione delle attività. In che direzione? Anche qui per capirlo non si è dovuto attendere molto. Ad aprire il fuoco è stata la Mondadori con l’offerta per l’acquisizione della Rcs Libri. L’operazione darebbe vita a un gigante dell’editoria con un giro d’affari vicino agli 800 milioni e il controllo del 40% del mercato nazionale di questo settore. Le scelte di diversificazione sul tavolo dei pranzi del lunedì, dicono i Biscionologhi, sono così due: la prima è quella di basso profilo, da cassettisti pronti a tirare i remi in barca. Investire nel mattone. E vivere di rendita – con i soldi a disposizione per qualche generazione – monetizzando gli interessi di un piccolo impero immobiliare. La seconda è lo spariglio: utilizzare i soldi in cassa per provare a riposizionare Mediaset in un mondo, quello dei media, in rapidissima evoluzione e sempre più convergente con le telecomunicazioni. Magari esplorando la strada (già battuta mille volte in precedenza) di un accordo con Telecom Italia. Il nodo tv-tlc I tempi, in teoria, sarebbero maturi per tentare l’affondo. La tv generalista resiste ma a fatica. Mediaset Premium ha conquistato i preziosissimi diritti della Champions per il periodo 2015-2018. Ma visti i debiti che si è caricata sulla schiena è a caccia di partner dopo il 10% ceduto a Telefonica. Al punto che qualcuno ha parlato di una santa alleanza con Sky per presentarsi assieme sul mercato e non dissanguarsi con la guerra di sconti visto che lo spazio per due nel mondo della televisione a pagamento tricolore pare non esserci. Il fronte Telecom Italia invece è in rapida evoluzione. Gli storici soci italiani (banche e assicurazioni) sono più o meno in uscita. E nel capitale del gruppo è entrato Vincent Bollorè, il finanziere bretone in ottimi rapporti da sempre con Arcore. Due più due però in finanza non fa sempre quattro. Certo, ci sono le condizioni ideali per coronare il vecchio sogno di Fedele Confalonieri e di Berlusconi. Anche perché in tutta Europa i colossi delle telecomunicazioni stanno unendo le forze con i gruppi media. Ma resta, come sempre quando si parla di tlc in Italia, il nodo della politica. Nell’era del Patto del Nazareno, che fosse scritto o meno, uno si sarebbe potuto aspettare un occhio di riguardo dal premier se mai gli fosse arrivata sul tavolo un’ipotesi di questo tipo. Ora tutto è cambiato. Fininvest e il suo socio di riferimento, che incidentalmente è pure leader anche se un po’ decaduto del centrodestra, si muovono su un terreno più minato. L’unica certezza è che, come sempre, il futuro di Fininvest e di Mediaset rimarranno una partita centrale anche sul palcoscenico della politica tricolore.
Ettore Livini, Affari&Finanza – la Repubblica 23/2/2015