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 2015  febbraio 25 Mercoledì calendario

GUERRE VICINE POLITICA LONTANA


Esiste una politica estera italiana? Esiste un ministero degli Esteri, questo sì. Ma da tale certezza a pensare che esista anche una politica estera ce ne corre. E non basta certamente il riuscito pagamento di un riscatto nel caso delle due «Vispe Terese» rapite in Siria (peraltro opera più che altro dei Servizi, come è ovvio) per provare la suddetta esistenza. La quale, se c’è, riesce però a non farsi assolutamente notare.
Questa latitanza appare tanto più singolare in quanto, alle porte dell’Italia o poco più in là, si stanno verificando veri e propri terremoti geopolitici. Ai confini dell’area balcanica, l’attivismo imperiale della Russia di Vladimir Putin ha messo in atto una vasta operazione destabilizzatrice che per il momento ha strappato la Crimea all’Ucraina, ma che sembra avere obiettivi assai più vasti; il tutto con l’impiego (neppure ben dissimulato) di militari, artiglieria e forse anche l’aviazione di Mosca. Giustamente qualcuno ha ricordato che con i Sudeti Adolf Hitler non fece qualcosa di molto diverso.
Sulla sponda mediterranea e nel Medio Oriente allargato, invece, si assiste a una ancor maggiore disgregazione. In pratica stanno saltando tutti i confini tracciati nel Novecento. Mentre alcuni Stati sono virtualmente in via di sparizione/disfacimento, altri sono retti da regimi sempre sul punto di crollare sotto l’urto di masse conquistate all’islamismo radicale, e sta ora prendendo forma a macchia di leopardo un’entità nuova: il cosiddetto Stato Islamico o Califfato che dir si voglia. Il quale non nasconde la sua radicale ostilità verso tutto ciò che sa di occidente e ha appena minacciato di infiltrarsi in Italia attraverso il flusso di immigrati che arriva quotidianamente dalla Libia, dando così inizio al suo progettato attacco all’Europa.
Nell’ultimo anno questa situazione si è aggravata di giorno in giorno. Ma entrambi i ministri degli Esteri del governo di Matteo Renzi, Federica Mogherini e Paolo Gentiloni, hanno brillato per la loro assenza. Un’assenza alla quale per la verità siamo abituati da molto tempo. Per lunga tradizione, infatti, gli inquilini della Farnesina – in ciò suffragati, bisogna pensare, da un corpo diplomatico abituato a pensarsi come una casta separata che si occupa di faccende che è meglio avvolgere nel segreto – sono abituati a parlare solo per scialbe frasi fatte e per pensierini edificanti.
Non c’è mai un’indicazione chiara dei nostri interessi, dei nostri obiettivi, delle nostre priorità. Qualcosa insomma intorno a cui sia possibile che nasca una vera discussione pubblica. Fino a ingenerare il fondato sospetto che in Italia non si parli mai o pochissimo di politica estera per il semplice fatto che di tale politica da anni non vi è più traccia.
La latitanza italiana si giustifica con un grande alibi: l’Europa. Cioè con l’idea che al dunque, si tratti della Libia, dell’immigrazione via mare o di Putin, noi non possiamo fare altro che allinearci all’Europa, fare o non fare solo ciò che essa decide. Peccato che, come è noto, una politica estera europea non esista se non, qualche volta, come una sorta di “minimo sindacale” per salvare la faccia (vedi sanzioni alla Russia). E che ciò tuttavia non impedisca ad altri Paesi dell’Unione di fare nel frattempo, in tutta tranquillità, le loro politiche, i loro interessi, e i loro fatti compiuti.