Fabrizio Caccia, Corriere della Sera 25/2/2015, 25 febbraio 2015
IL CASO TORTORA E IL REFERENDUM, QUASI TRENT’ANNI SENZA RISPOSTA
Si tenne l’8 novembre 1987 e vinsero i sì con maggioranza schiacciante: più dell’80 per cento degl’italiani (80,2) si pronunciò in favore dell’abrogazione del d.p.r. n. 497/1987 che limitava la responsabilità civile dei magistrati. Voluto all’inizio da soli tre partiti, i radicali di Pannella, i socialisti di Craxi e i liberali di Biondi e Patuelli, fu infine votato – temendo la débâcle alle urne – anche dalla Dc di De Mita e dal Pci di Natta, che pure fino all’ultimo tentarono di evitarlo. Tre crisi di governo – con la guerra aperta tra socialisti e democristiani – e poi addirittura elezioni anticipate: ma non cambiò il corso degli eventi, l’unico effetto è che si andò alle urne con 4 mesi di ritardo per quello che passò alla storia come il «referendum Tortora», dal nome del popolare giornalista televisivo, vittima di uno dei più gravi casi di malagiustizia italiana.
Il caso di Enzo Tortora, appunto, arrestato il 17 giugno 1983 dalla Procura di Napoli per associazione a delinquere di stampo camorristico, sulla base di dichiarazioni di affiliati rivelatesi poi del tutto infondate. Di quelle accuse ingiuste Tortora morirà poco tempo dopo, il 18 maggio 1988 e «tardive, inadeguate e non riabilitative» sono state definite l’anno scorso dalla compagna del presentatore, Francesca Scopelliti, le scuse presentate 30 anni dopo da Diego Marmo, che nel 1985 era il pm e durante la requisitoria al processo aveva descritto il conduttore di Portobello come «un cinico mercante di morte», riferendosi alla sua presunta (e inesistente) attività di trafficante di cocaina. Tra l’indignazione popolare, dunque, si celebrò il referendum, vinse il «sì» e il risultato fu la legge Vassalli (13.4.1988, n. 117) sulla responsabilità civile dei magistrati, che però corrispose solo in parte alle aspettative dei promotori, con la responsabilità diretta dello Stato e indiretta del magistrato. E solo per dolo o colpa grave dei giudici.