Notizie tratte da: Massimo Arcangeli # Biografia di una chiocciola. Storia confidenziale di @ # Castelvecchi 2015 # pp. 116, 16,50 euro., 24 febbraio 2015
Notizie tratte da: Massimo Arcangeli, Biografia di una chiocciola. Storia confidenziale di @, Castelvecchi 2015, pp
Notizie tratte da: Massimo Arcangeli, Biografia di una chiocciola. Storia confidenziale di @, Castelvecchi 2015, pp. 116, 16,50 euro.
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@, at il nome inglese.
La @ è un logogramma.
Gli utilizzatori di posta elettronica sono più di due miliardi.
La sua funzione è di separare, in un indirizzo di posta elettronica, il nome dell’utilizzatore (user name) da nome del dominio (domain name). Quest’ultimo messo a disposizione da un intermediario (server) perché il messaggio giunga a destinazione. Dire @ è come dire presso.
In Italia si chiama chiocciola.
Il 22 marzo 2010 sul sito del Moma di New York, Paola Antonelli, senior curator del dipartimento Architettura e Design, ha annunciato che la @ è stata inserita nella collezione del museo.
La @ apparve per la prima volta su una telescrivente, una Caligraph 3, nel 1883: ultimo tasto a sinistra della terza linea a partire dall’alto.
La @ usata in informatica per la prima volta da Ray Tomlison, ingegnere della “Bolt, Beranek and Newman”, azienda di consulenza di Cambridge, nel 1971. Quando compariva, significava che i destinatari di una delle prime lettere elettroniche era ospitato in una rete esterna al sistema locale.
L’intento di Tomlinson era di far dialogare i colleghi di lavoro senza doversi telefonare. All’interno del laboratorio di Cambridge aveva iniziato a mandarsi messaggi da solo, su due differenti computer distanti tre metri: «Mi spostavo ruotando sulla sedia da uno all’altro». Dopo due anni le e-mail rappresentavano già il 75% di tutto quel che c’era su Arpanet.
Ai tempi era tale la lentezza dei modem che, per poter essere inviati, i messaggi dovevano essere più brevi possibile. I computer erano grandi come frigoriferi.
Secondo alcuni racconti, nella prima e-mail che Tomlinson si spedì da solo c’era scritto «QWERTYUIOP», cioè la prima fila di lettere in alto su una tastiera, in maiuscolo. Tomlinson non ha mai confermato.
Tomlinson ha più volte dichiarato che i messaggi che si spediva erano spesso scritti in “gibberish”, un linguaggio privo di senso che ricorda il grammelot.
Michael Rotert, ingegnere dell’università di Karlsruhe, fu il primo tedesco a ricevere una e-mail, il 3 agosto 1984, su un Internet Mail Server autonomo. A inviargliela da Boston, attraverso la rete informatica americana Csnet, fu una collega del Mit, Laura Breeden. L’indirizzo del mittente era breeden%csnet-sh.arpa@csnet-relay.csnet, quello del destinatario rotert%germany@csnet-relay.csnet; l’oggetto del messaggio era «Wilkomen in Csnet!». L’e-mail iniziava così: «Michael, / This is your official welcome to Csnet».
Subito dopo si collegarono a Csnet gli israeliani.
Nel 1996 il lancio di Hotmail.
La telescrivente Asr-33, prodotta nel 1961 dalla At&t, è stata la prima a usare il codice Ascii e a essere sfruttata come terminale di un computer. La prima volta che Paul Allen la vide, ancora quindicenne, nel 1968, ne avvertì subito le potenzialità: «Sentivo che si potevano fare delle cose con quella macchina».
Ascii (American standard code for information interchange) assegna un numero, una lettera, un segno speciale a una sequenza di 7 bit. Avrebbe portato a 128 caratteri riproducibili sulla tastiera.
La @ ha codice binario 1000000, corrispondente a 64 in decimale. Subito prima c’è il punto interrogativo (0111111), subito dopo la a maiuscola (1000001).
Prima di Ascii c’era il codice Baudot, dall’omonimo inventore francese che nel 1870 aveva realizzato un piccolo pianoforte a cinque tasti che funzionava come trasmettitore: un operatore premeva sul tasto o sui tasti corrispondenti al carattere da trasmettere (una A si otteneva con il tasto I, una B con i tasti III e IV, una C con i tasti I, III, IV e così via); un ricevitore decodificava i diversi segnali e provvedeva a stampare su carta il contenuto del messaggio.
Il codice Baudot metteva insieme 5 bit e consentiva di avere 32 caratteri su una tastiera.
Nel 1897 Frederick G. Creed, operatore telegrafico canadese, inventò la prima vera telescrivente, capace di trasformare con procedura automatica i segnali Morse in caratteri alfabetici e viceversa.
Anna, regina d’Inghilterra, il 7 gennaio 1714 gratificò Henry Mill con il brevetto per una «machine for transcribing letters». L’americano William A. Burt, considerato il padre della macchina da scrivere, ottenne analogo riconoscimento (1829) dal presidente Andrew Jackson e dal Segretario di Stato Martin Van Buren.
Nel 1823 Pietro Conti di Cilavegna (Pavia) inventò il tachigrafo, «mediante la quale, toccando i tasti di una tastiera alfabetica, restavano scritti in una carta acchiusa le corrispondenti lettere, ottenendo così una scrittura più celere e più bella della scrittura ordinaria» (Filiberto Vignini, 1959).
Nel 1855 l’avvocato di Novara Giuseppe Ravizza brevettò il suo «cembalo scrivano». Scriveva “La Stampa” di Genova: «Il congegno del Ravizza è una macchinetta con piccola tastiera simile a quella dei cembali, coi tasti inscritti in ordine alfabetico di tutte le lettere e interpunzioni; battendo i quali tasti successivamente e con celerità restano stampati su di una carta qualunque entro la macchina le lettere e i segni corrispondenti ai tasti toccati, con caratteri, ordine e allineamento propri della stampa. Col cembalo scrivano si otterrà risparmio di tempo, perché l’uso della tastiera, acquistatane la pratica, produrrà lo scritto nella terza o quarta parte del tempo che abbisogna per farlo a penna; risparmio di fatica, essendo più agevole lo scorrere a modo dei suonatori con ambe le mani su di una tastiera che non, con disagio della vista, del petto e delle braccia, costringere la penna al continuo lavorìo di circoli e linee, di virgole e punti».
«Vi hanno casi nella vita dell’uomo in cui impossibile o malagevole riesce l’uso della penna, come nei viaggi e nelle infermità della mano destra, degli occhi e dello stomaco. Il cembalo scrivano con lettere scolpite a rilievo nei tasti verrà in aiuto all’infermo che voglia scrivere» (ibidem).
Agostino Fantoni ai primi dell’Ottocento inventò una macchina che permetteva a sua sorella Carolina, quasi cieca, di scrivere lettere. L’apparecchio aveva dei tasti su cui la ragazza batteva: i caratteri si stampavano sulla pagina grazie a un foglio di carta nera, una sorta di carta carbone. Secondo alcuni, la carta nera era stata inventata da Pellegrino Turri, amico di Agostino Fantoni e innamorato di Carolina, per aiutarla a rispondere alle sue missive.
La typewriter brevettata da Christopher L. Sholes nell’ottobre 1867 aveva i caratteri su due righe: le lettere tutte a destra, i numeri a sinistra. Nel secondo modello, brevettata l’anno dopo, la tastiera assomigliava a quella di un pianoforte, con 26 lettere (maiuscole), punto e virgola. Nella successiva i tasti diventano 38, con l’arrivo delle cifre da due a nove, il punto interrogativo e il trattino alto. La disposizione era su quattro righe. Presentò a New York la macchina all’American Telegraph Works di George Harrington e Daniel H. Craig. Thomas A. Edison, socio di Harrington, dichiarò terribile l’allineamento delle lettere sulla tastiera della macchina.
La Sholes & Glidden prodotta dalla Remington e immessa sul mercato americano nell’aprile 1874. La prima ad avere la sequenza “QWERTY” sulla prima linea di lettere. Messa in vendita a 125 dollari, presentata all’Esposizione universale di Filadelfia del 1876, fino al 1878 se ne vendettero circa 5.000 pezzi.
Nel 1878 la tastiera ha 40 tasti.
La disposizione dei diversi caratteri, già sulle prime macchine da scrivere, ottemperava a un’esigenza precisa: le lettere incluse nelle sequenze più ricorrenti di una determinata lingua, per evitare che i martelletti degli apparecchi si scontrassero e, di conseguenza, l’attività di scrittura rallentasse, dovevano essere quanto più possibile distanti le une dalle altre.
La tastiera italiana brevettata dalla Olivetti ha la prima fila in “QZERTY”, essendo la “z” più frequente e comune della “w”. La tastiera tedesca era “QWERTZ”.
Eloquente la vicinanza di “T” e “H” e di “E” e “R” nella Sholes & Glidden del 1874: le loro rispettive unioni generano le coppie di lettere più frequenti (th, er, re) nella lingua inglese.
Nella tastiera di August Dvorak (1936) i caratteri più frequenti (le vocali più D, H, T, N, S) sono posti nella linea centrale della tastiera, quella più a portata di mano. Il numero medio di battute con la tastiera Dvorak è 70, in quella di Sholes è 30. Inoltre le battute di pertinenza della mano sinistra, sempre nei valori medi, nel sistema Sholes sono 57, nel concorrente 44.
La chiocciola è scimmia (kapik) o cagnolino (snik) in Armenia; cagnolino (kuchukcha) anche in Uzbekistan e Russia (dove, più raramente, può anche essere scimmia, ghirigoro, rana, orecchio).
In un vecchio videogioco si vedeva un cane a forma di @ che accompagnava il giocatore nelle sue varie avventure. Di qui forse l’origine di chiamare il simbolo cane o cagnolino, come avviene in alcuni Paesi.
La chiocciola è chiamata papero e paperottolo in greco, perché assomiglia al profilo della sua testa o al suo occhio sgranato in fumetti, fiabe illustrate, disegni animati.
Nel cinese mandarino @ è topolino (xiao laoshu) o segno di topo (laoshu hao). In kazako, dove la sua versione ufficiale è orecchio della luna (айқұлақ), si sente qualche volta evocata come testa di cane (ит басы); in ungherese è verme (kukac) o segno di verme (kukacjel), chiocciola (csiga) o proboscide (ormány), o prende il nome da un caratteristico dolce arrotolato (bejgli) simile alla girella.
In tedesco, quando non è At-Zeichen (segno di at) o kaufmännisches A (a commerciale), diventa una scimmia, nell’atto di afferrare un ramo (Klammeraffe), oppure la sua coda (Affenschwanz) o un suo orecchio (Affenohr); più rari il semplice Ohr (orecchio), Elefantenohr (orecchio d’elefante), Affenschaukel (scimmia dondolante), gekräuseltes A (a arricciata).
In Olanda è apestaart, coda di scimmia. Meno diffusa l’espressione originaria een a met een slinger (una a con un pendolo”).
Nella lingua francese, nei vari contesti, può capitare di sentir dire escargot (chiocciola), petit escargot, enroulé (involto), a commercial, a dans le rond (a nel cerchio), ma i termini ufficiali per rendere at, approvati dalla Commission générale de terminologie et de néologie e pubblicati sul «Journal Officiel de la République française» (8 dicembre 2002), sono arrobe e arobase, modificato talora in arrobase.
Arrobe, termine d’origine spagnola attestato dal XVI secolo e tradizionalmente riferito a un’unità di peso e di capacità.
In catalano (oltre a ensaïmada) sono più o meno diffuse, fra altre denominazioni di minor consistenza: arrova; unça e onça (oncia); car(a)gol (chiocciola); a encaragolada (a acchiocciolata) e a encerclada (a circolettata); botifarra, una tipica salsiccia di maiale; garrofa (carruba); remoli (mulinello); cagalló (massa di feci arrotolata).
In turco è chiamata et. Qualcuno ha provato a caldeggiare at, ma la parola significa “cavallo” e quindi potrebbe generare confusione.
In inglese non è solo at o commercial at, ma anche snail (chiocchiola), ape (scimmia); cat (gatto); rose (rosa); whirlpool (mulinello). C’è chi l’ha chiamata a cerchiata (circle-a) o arrotolata (scroll-a), rotolo (scroll), chi uovo fritto (fried egg), un lazo (lariat) o una voluta (whorl), un vortice (vortex) o un ciclone (cyclone) eccetera.
C’è chi, sul modello di ampersand (&), ha proposto per @: ampersend e ampersat, atpersand e atpersat (o apersat, oppure appersat), asperand.
Lo storico dell’arte inglese Frances Mark ha suggerito di attribuire ad @ il nome di van Gogh’s ear (orecchio di van Gogh).
Secondo il paleografo american Berthold L. Ullman la @ sarebbe nata in età alto-medievale, fra il VI e il VII secolo come stilizzazione della preposizione latina ad. Esattamente come et sarebbe diventata l’ampersand &.
Giorgio Stabile, docente di Storia della scienza all’università di Roma “La Sapienza”, considera la @ in origine un’unità di peso e di capacità, la arroba. Adattamento castigliano di un’altra unità di misura, l’ispano-arabo arrúb‘, a sua volta trasformazione dell’arabo classico rub‘, un quarto, stava a indicare perlopiù la quarta parte di un quintale (il cui corrispettivo in chilogrammi variava da area ad area) e corrispondeva a 25 libbre castigliane, galiziane, biscagline, a 26 libbre catalane e maiorchine, a 36 libbre aragonesi e valenziane, a 24 libbre alicantine.
Un vocabolario spagnolo-latino traduce la voce arroba con amphora.
«La lettura di un indirizzo e-mail come “nome utente” in/presso/contenuto in (@) “nome domino” è la stessa che faremmo di fronte a un’@ che un mercante veneziano, nel Cinquecento, avesse voluto posporre a una certa quantità di un liquido e anteporre al contenitore ospitante» (Massimo Arcangeli).
Uso dell’@ nelle manifestazioni sportive americane, per separare il nome della squadra ospite da quello dell’avversaria: così, per esempio, Inter @ Juventus segnala che la gara è da disputarsi a Torino eccetera.
In un manoscritto miniato della Biblioteca Apostolica Vaticana che narra eventi compresi fra la creazione del mondo e la morte dell’imperatore Niceforo III Botaniate (1001-1081), si trova una @ che sostituisce la “a” di “amen”.
Modo per scrivere una @, senza soluzione di continuità e senza ritornare sui propri tratti: tracciare un ovale con un movimento da destra a sinistra in senso antiorario; proseguire dal punto esatto in cui la figura si è chiusa con un piccolo tratto verso destra; terminare, con un nuovo movimento antiorario da destra a sinistra, tracciando un secondo (quasi) ovale, esterno, e fermarsi poco prima di chiuderlo.
La chiocciola, richiamata già nel nome da due danze dei Paesi Baschi e della Corsica: la karakoltzia (ballo del rapimento) e la caragola (eseguita ai funerali, consisteva in lenti movimenti spiraliformi che mimavano il cammino all’interno di un labirinto, al centro del quale era collocato il catafalco su cui era il cadavere).
Esichio di Alessandria, nel V secolo d.C. definiva il labirinto come «luogo a forma di chiocciola».
La “a” inscritta in un cerchio, come simbolo di anarchia. Molti vi leggono le iniziali di ordre e anarchie di un’affermazione di Proudhon («comme l’homme cherche la justice dans l’égalité, la societé cherche l’ordre dans l’anarchie»).
La “a” dentro la “o” usata anche in massoneria, che ha sempre contato tra i suoi simpatizzanti parecchi anarchici.