Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 22 Domenica calendario

I LIBRI NERI DELL’ISLAM PRIMA PARTE [8

pezzi] –
PERCHÉ PUBBLICHIAMO I TESTI DELLO STATO ISLAMICO –
Paura e ammirazione. Questi sono i sentimenti che gli assassini del Califfato vogliono suscitare con la loro propaganda: con i video di roghi e massacri, con le riviste patinate, con i libri di cui pubblichiamo in queste pagine alcuni brani. Le loro maschere, le tute nere dietro cui si nascondono completamente, hanno una duplice funzione. Da un lato li trasformano nell’incarnazione dell’«uomo nero», la personificazione dei terrori dell’Occidente. Dall’altro quelle tute sono il loro costume da super eroi dell’islam radicale. La crudeltà che negli occidentali suscita ribrezzo, nei tanti fanatici e disturbati che costituiscono la platea dei loro ammiratori (potenziali o meno) provoca ammirazione, desiderio di emulazione. Jihadi John, il carnefice che brandisce il coltello per minacciare prima l’America e poi tutti gli infedeli sparsi per il mondo, è appunto l’uomo nero. Lo spauracchio spuntato fuori da un film horror (materiale di cui i jihadisti si nutrono voracemente) o da un romanzo di Stephen King. Si può dire che il tagliagole dello Stato islamico ricordi Randall Flagg, il malvagio protagonista di L’ombra dello scorpione dello scrittore americano. Una figura presente ogni volta che «una città venga rasa al suolo, un villaggio saccheggiato e dovunque esistano tirannia, ingiustizia e crudeltà». I jihadisti del Califfato promettono di conquistare Roma, di massacrare tutti gli infedeli, di rendere schiave le loro donne e i loro figli. Bruciano vivi i nemici o li sgozzano brutalmente, come in un film splatter. Fanno di tutto per sembrare più feroci, più cattivi, imbattibili. E, soprattutto, più potenti di quanto non siano in realtà. Le loro imprese, così ben diffuse attraverso la rete e i social network, li fanno apparire agli occhi dei fanatici radicalizzati in Europa e in America come i valorosi cavalieri dell’islam, duri e puri, coraggiosi, ben più virili dell’Occidente molle e sottomesso. La verità, è che gli uomini in nero del Califfato sono grotteschi. Fanno cose raccapriccianti, è vero. Ma sono anche ridicoli. Per rimanere nell’immaginario orrorifico di Stephen King, sono simili a Pennywise, il mostruoso clown di It: divertente all’apparenza, perché appunto conciato da pagliaccio. Ma in realtà profondamente cattivo. Ecco, gli uomini dell’Is fanno di tutto per sembrare malvagi - e certamente lo sono - ma sotto la maschera si rivelano ridicoli. Tronfi, bulli. Per questo hanno timore di tutti coloro che sanno svelare la loro natura. Temono la satira perché ne decostruisce l’immagine violenta che hanno edificato con tanta cura. Temono la risata perché li fa apparire per quelli che sono: buffoni in calzamaglia, come i criminali da operetta dei telefilm di Batman degli anni Sessanta. Per questo abbiamo deciso di tradurre e pubblicare integralmente interi brani tratti dai loro «libri neri». Si chiamano Black Flags Books e contengono le strategie e gli altisonanti proclami dei tagliagole. Abbiamo selezionato alcuni dei testi più indicativi, iniziando da quelli che riguardano direttamente il nostro Paese e la conquista di Roma. Poi si passa all’Europa e alle indicazioni per realizzare attentati nel Vecchio Continente. Qualcuno potrebbe pensare che stiamo fornendo un megafono ai professionisti della paura. Non è così. Diamo la possibilità ai lettori di conoscere quello che dicono, e cerchiamo di spiegare che cosa dobbiamo temere e che cosa no. Così facendo, si smonta la loro retorica. Ci si rende conto che gli uomini dell’Is dicono anche parecchie panzane, promettono conquiste che non saranno in grado di realizzare, a volte scimmiottano persino i politicanti occidentali comportandosi da imbonitori. In altri casi, le loro minacce sono più concrete, ed è su quelle che bisogna concentrarsi. Pubblicando i loro testi, vogliamo togliere la maschera agli uomini in nero. E rivelare quel che hanno sotto: il corpo ridicolo dei clown.
Francesco Borgonovo

*******

PIÙ CHE MISSILI SPARANO BALLE PER SPAVENTARCI E ATTIRARE FANATICI –
Ci siamo tutti sorpresi, a gennaio 2015, quando venne pubblicato l’Ebook intitolato The Islamic State 2015 per le minacce che apertamente manifestava verso l’Italia, obiettivo del nuovo Stato islamico conquistatore delle coste Nord Africane. Ma il volume in questione è solo l’ottavo di una serie cominciata nel 2012, ampiamente diffusa via social media, lanciata attraverso i profili Facebook e Twitter dei jihadisti. I titoli finora prodotti mostrano una discreta accelerazione di questa editoria che si colloca perfettamente nel quadro del più ampio piano strategico della comunicazione del Califfato. È utile ricordare, infatti, che fin dall’inizio IS ha attirato l’attenzione su di sé anche per le specifiche modalità comunicative messe in atto, in particolare dalla sua proclamazione a Califfato il 29 giugno 2014. In tanti, troppi, si sono stupiti di tanta capacità nella guerra mediatica dimenticando sia le ragioni storiche, che mostrano un jihad qaedista che ha sempre utilizzato la comunicazione come strumento di lotta sapendo impiegare al meglio le nuove tecnologie mediali a suo vantaggio, fino all’impiego delle prime piattaforme social; sia i segni presenti nella evoluzione del nome dell’Islamic State (IS), che in Iraq era ISI (Islamic State of Iraq), poi in Siria ISIS (Islamic State of Iraq and Siria) per arrivare a IS quando si è sentito abbastanza forte da evitare ogni riferimento geografico ed essere semplicemente lo Stato Islamico. Insomma noi che abbiamo creato il mondo globale dell’apparenza, fondato sulla comunicazione, ancora una volta non abbiamo saputo guardarci allo specchio e riconoscere nel Califfato le capacità comunicative che avevamo contributi a creare, così diventando ancora più vulnerabili. Oggi il Califfato, che ci minaccia, usa tutti gli strumenti della comunicazione con competenza: video, riviste, libri, musiche, videogame, piattaforme social convergono abilmente guidate da una sapiente regia che vuole soprattutto fare propaganda per reclutare e minacciare l’Europa, in particolare, per affermarsi all’interno del mondo jihadista come il gruppo guida e nel mondo globale come Il Califfato. Gli otto volumi a cui si fa riferimento, gli EBook della collana dei Black Flags Books si inseriscono in questo piano si guerra mediatica che si affianca efficacemente a quello della guerra guerreggiata sul campo. Le otto pubblicazioni in questione sono: EBook 1: Black Flags from the East (Khorasan) (novembre 2012) EBook 2: Black Flags from Syria (maggio 2013) EBook 3: Black Flags from Arabia (settembre 2013) EBook 4: Black Flags from Persia (Iran) (ottobre 2014) EBook 5: Black Flags from Rome (novembre 2014) EBook 1: Miracles in Syria (2013) EBook 2: Martyrs of Syria (2014) EBook: The Islamic State (2015) Come si può notare vengono presi di mira i Paesi più vicini al Califfato, le terre di espansione possibile e di immediata contaminazione ideologica e operativa anche contando sulle fratture interne alla compagine islamica. In realtà nessuno di questi volumi fornisce informazioni nuove, ma le organizza per un pubblico che può essere contaminato da nuove sirene ideologiche, nuove forme di avventura, che si solletica leggendo di tattiche di guerra e di bombe auto-costruite e che può essere accalappiato da visioni contrabbandate come se i criminali del jihad fossero i nuovi super eroi. La collana è venuta alla ribalta il 16 gennaio 2015, quando su alcuni account Ttwitter conosciuti e spesso «bannati», comincia a circolare la promozione di Islamic State 2015, 100 pagine di testo, in un inglese non perfetto, con numerose informazioni su IS. Il volume è articolato in 5 sezioni: Leadership: dove si descrive il comando di IS, i suoi obiettivi e le strategie utilizzate per sfuggire agli attacchi. Soldati: dove si descrive come entrare nei territori controllati, quale tipo di training è utilizzato, la catena di comando e controllo e la vita quotidiana del combattente. Servizi: dove si informa che lo Stato presto conierà moneta e che sono a disposizione servizi pubblici gratuiti per il trasporto, l’educazione e la sanità. Media: dove si esplicitano la strategia e i mezzi di comunicazione del Califfato, con particolare attenzione ai Social Media, che vengono analizzati sulla base del gradimento che i messaggi di IS hanno suscitato nel mondo occidentale. Il futuro: dove lo stato colpirà, inclusi i missili sull’Europa e l’Italia che è chiesto ad AQIM di inviare. In questo volume programmatico ritorna il ruolo di Roma, città simbolo da conquistare come già venne rappresentata sulla rivista jihadista Dabiq con bandiera nera sventolante in San Pietro. Essa è la capitale d’Europa, la patria di tutti i gli infedeli, i kuffar, e così è infatti presentato sul web il volume Black Flags from Rome pubblicato a novembre 2014. Dunque, l’EBook programmatico che avvia il 2015 si inserisce in una storia editoriale più complessa che, nuovamente, sottolinea le capacità di regia nell’uso poliedrico dei diversi media da parte di IS. Nello specifico, Islamic State 2015 dal punto di vista della comunicazione è un prodotto interessante: benché non particolarmente raffinato per la qualità che forse è inferiore a quella dei magazine quasi fosse «affrettato», utilizza spesso informazioni e infografiche che provengono dai media occidentali ricontestualizzate nella prospettiva del Califfato. Di quest’ultimo, infatti, non racconta nulla di nuovo ma mette a sistema quanto già circola in rete su IS diventando così sia uno strumento utile per chi «IS lo cerca» sia uno strumento di propaganda della sua proposta statuale. Il capitolo sulla comunicazione chiarisce, indirettamente, le stesse ragioni di questa nuova produzione mediale. A pagina 76 scrive: «Lo Stato Islamico ha imprigionato e poi decapitato diversi giornalisti e attivisti dei Paesi occidentali non islamici, molti dei quali dopo si sono rivelati essere spie o ex-soldati. Tuttavia, più tardi (2014) lo Stato islamico ha cambiato la sua posizione diventando molto più trasparente con i giornalisti. Ha permesso loro di muoversi nello Sato islamico e d vedere i servizi che rende disponibili alla sua gente». Trasparenza, dunque, è la chiave strategica: riorganizzare i contenuti, che nulla di nuovo svelano agli addetti ai lavori, in un contesto interpretativo coerente con la visione del Califfato da riproporre al pubblico occidentale più ampio e, soprattutto, a possibili nuove reclute. In quest’ottica si inserisce il lavoro di Cantlie, conosciuto dai più per i suoi reportage dalle città del Califfato, e quello del giornalista tedesco Todenhoefer le cui posizioni, anche critiche, sono ricontestualizzate nel testo come esempio proprio di trasparenza di IS, premiante di per sé - e a ragione - secondo la lettura acuta della regia islamista. Questi volumi tracciano per mano del Califfato un ritratto che già emergeva dalle analisi che erano state compiute e in questo caso assume la forza dell’«autoritratto»: il Califfato si racconta per quello che dice di essere - forse per quello che è - che è anche molto simile a quello che noi - non suoi appartenenti - diciamo esso sia. Comunicativamente si tratta di una azione forte, ancora una volta stabilizzante rispetto alla identità statuale che vuole affermare, potenzialmente attrattiva verso le nuove reclute e anche «de-stabilizzante» per il pubblico occidentale, che interrogato attraverso i medesimi codici simbolici a lui abituali è costretto a rompere l’immagine stereotipata del «jihadista beduino» con il quale facilmente identificava il nemico «altro da sé», lontano, distante, non comunicante. La via della trasparenza e della pluralità dei media, articolata nella complessa regia di IS, sta combattendo proprio quello stereotipo del jihadista che, facilitando l’identificazione del nemico, è proprio il primo nemico per il Califfato che vuole essere Stato: una entità con cui si può avere una relazione. Dunque, come per tutta la campagna comunicativa di IS, il primo obiettivo di questo volumi è quello della propaganda e, pertanto, a quel contesto che deve essere ricondotto per capire gli indirizzi che contiene, al di fuori delle improponibili sciocchezze che lancia a uso e consumo dei possibili «innamorati». Che cosa ci dicono i due volumi in questione (Black Flags from Rome e The Islamic State 2015)? Entrambi minacciano, con eguali parole l’apertura di un fronte sud di penetrazione jihadista verso l’Europa, che attacca l’Italia essendosi consolidato il Califfato in Libia. Questa penetarzione avverrebbe con sbarchi e attacchi missilistici, anticipata da una «testa di ponte» costituita in Italia da terroristi islamici e italiani che riconoscono il comando di IS. Nessuna paura rispetto alla realizzazione della concerta minaccia: sono panzane inattuabili, per ora, che vogliono mobilitare spiriti inquieti, criminali ed estremisti, ma che non hanno oggettive possibilità di realizzazione. Restano tuttavia da considerare alcuni criteri ispiratori che ritornano, cioè alcuni indirizzi che confermano delle tendenze possibili. Con l’usuale ritardo e inettitudine europea alcuni di questi segni sono arrivati alla cronaca in questi giorni, quando la stampa inglese ha commentato il nuovo proclama di IS di tale Arhim al-Libim, intitolato: Libya: The Strategic Gateway for the Islamic State, ma che era già stato pubblicato il 23 gennaio 2015. Ancora una volta l’agenda pubblica e politica è drammaticamente determinata dall’agenda mediatica anche su questioni di sicurezza che, di per sé, preferiscono il silenzio e l’azione preventiva. Quest’ultimo documento esplicita le poche cose dotate di senso, anche per il carattere generale che hanno, già presenti nelle minacce dei due Black Flags Books: si identifica la Libia come sponda da cui lanciare l’attacco da sud all’Europa; si sottolinea il valore tattico che lo sfruttamento dell’immigrazione illegale può avere per penetrare in Europa; si ricorda che esistono arsenali disponibili in Libia di cui IS può appropriarsi che permettono una rapida espansione di IS in tutto il Maghreb. Questi sono tre punti da tenere in considerazione. Assistiamo in questi giorni alla escalation in Libia, molto mediatizzata dallo stesso IS rispetto alla realtà, in cui di vero c’è un progressivo intensificarsi dei combattenti e una penetrazione di numerosi jihadisti che si ispirano a IS col tentativo di prendere il controllo del territorio, nella totale assenza di uno Sato mai esistito dopo la fine di Gheddafi. Contemporaneamente vediamo che gli sbarchi di migranti vari si stanno intensificando e sappiamo che il traffico di questi disperati è da tempo gestito da gruppi qaedisti (Al Qaeda nel Maghreb) che offrono questi servizi ai trafficanti (Al Qaeda nel Maghreb) e che la pressione a imbarcare quante più persone dalle coste libiche è fortissima. Evidenziamo, infine, che la possibilità di recuperare qualche sistema d’arma dai vecchi arsenali esiste ma, di massima, si tratta di sistemi obsoleti e poco performanti. Pertanto, avviandoci a una lettura di alcune parti dei volumi jihadisti, da una parte è opportuno sottolinearne la carica propagandistica che, tuttavia, alla luce di considerazioni semplici e alla portata di tutti può solo intrappolare qualche sprovveduto; dall’altra è utile cogliere i segnali di cui sopra per avviare una riflessione che, scevra di ogni paura, faccia assumere al nostro Paese un atteggiamento consapevole dei rischi reali che il Califfato ci pone.
MIGRANTI E MISSILI SULL’ITALIA
I migranti dei barconi sono citati esplicitamente come un’arma del Califfato. Come si è sottolineato in più occasioni, la propaganda dei comunicati di IS è predominante rispetto alla realtà, pertanto la possibilità di attaccare direttamente navi occidentali è assai remota. Ma al contrario resta più che possibile l’utilizzo delle vie d’acqua per infiltrare potenziali terroristi. Tuttavia non è nulla di nuovo: un ritornello spiacevole che spesso ci tocca usare con IS mano a mano che viene «scoperto» da media e politica. Già il 18 dicembre 2014 i media comunicavano che la Procura di Palermo aveva aperto un’indagine dopo che i servizi segreti avevano segnalato la possibile presenza di terroristi tra gli immigrati sbarcati negli ultimi mesi in Sicilia. Sul caso si era mossa anche la Procura di Milano: si leggeva allora che inquirenti milanesi utilizzavano lo «strumento normativo delle intercettazioni cosiddette preventive» per «verificare ipotesi di terrorismo individuale, nonché le segnalazioni, provenienti da svariate fonti, relative all’adesione-partecipazione allo “Stato islamico”». Già ad agosto 2014, da Dubai si comunicava l’arresto da parte algerina, su segnalazione dell’intelligence, di «200 siriani che con l’aiuto di islamisti libici contavano di raggiungere l’Italia. I libici avevano promesso loro di “contrabbandarli” con le barche (come sostiene una fonte di intelligence). L’Algeria, come altri Paesi del Nord Africa, è proccupata che i militanti islamisti utilizzino il caos libico per contrabbandare armi, fiormare nuovi combattenti e inviare migrant in Europa per finanziarsi». A queste due note si aggiungono i due Black Flags Books, (Black Flags from Rome e The Islamic State 2015): le minacce di sbarchi e attacchi sono esclusivamente tiri propagandistici ma, sotto traccia, la possibilità di infiltrare con i barconi anche terroristi già emerge nelle linee che li guidano. Le ragioni che mi portano a delineare questo scenario di penetrazione sono diverse: 1) un surplus di manodopera combattente: IS ha attratto numerosi combattenti stranieri (quelli che chiamiamo «foreign fighters»), molti dei quali permangono per un periodo limitato in area di operazioni e poi rientrano. Si tratta di uomini che hanno acquisito competenze operative e sono abituati a usarle. Il numero dei reduci del jihad è in potenziale aumento e fluisce attraverso il Nord Africa; 2) proprio la situazione nord africana è completamente destabilizzata e conflittuale: il controllo è sempre più problematico da parte delle istituzioni legittime via via sostituite da gruppi che si ispirano all’islam radicale. In questo contesto, inoltre, igruppi già legati ad al-Qaeda hanno prestato giuramento di fedeltà al Califfato e sono in relazione organica con strategie e politiche di IS; 3) tali indirizzi sono supportati da alcuni mullah che, in forum e chat islamiste, invitano i jihadisti ad addestrarsi con IS ma a non morire nel Califfato, ma a tornare nei Paesi di origine per portarvi il jihad; 4) inoltre le politiche di alcuni stati nord africani sono orientate alla identificazione, incarcerazione e/o non ammissione nel paese dei propri cittadini combattenti del jihad. Per esempio, il Marocco adotta questa politica temendo che i jihadisti rientranti commettano attentati nel Paese, come accadde a Casablanca nel 2003 con gli attacchi commessi dai combattenti di ritorno dall’Afghanistan; 5) Al-Qaeda nel Maghreb (AQIM) è da tempo un consolidato service provider dei trafficanti di uomini che gestiscono i flussi di clandestini: ultimamente la relazione tra criminalità organizzata che gestisce il traffico e terrorismo che provvede alla sicurezza dei traffici è sempre più stretta, da cui la facilità e funzionalità nell’usare questi flussi (in progressivo aumento) da parte dei terroristi; 6) infine gli attentati recenti mostrano come il modus operandi del terrorismo sia cambiato: si è passati dall’attentato organizzato con cellule strutturate in ruoli specifici e ad quello attuato «casuale» e incompetente dei lupi solitari a quello innovativo degli zombie. I combattenti rientrati «a casa» diventano (utilizzando termini da cyber warfare) degli zombie, cioè competenti nell’uso delle armi ma «senza struttura» organizzativa, attivabili con segnali deboli. La combinazione di questi fattori, oggi, mostra come l’impiego dei canali di immigrazione clandestina possa essere funzionale a un disegno destabilizzante per portare il jihad in Europa e sia diventata una possibile pratica da utilizzare. Qui non si tratta di sostenere che i migranti sono dei terroristi, ma di rilevare che ci sono tutti i fattori favorevoli per i quali i canali delle migrazioni clandestine siano utilizzati dai jihadisti per infiltrare terroristi. Ecco perché è importante elaborare strategie lucide e consapevoli affinché la tutela della sicurezza e la lotta al terrorismo si accompagni a un quadro differente al passato rispetto alle necessità del soccorso in mare. Nel medesimo contesto pubblicistico, insieme ai migranti, compare la minaccia di missili contro l’Italia. Che cosa ci viene raccontato nei due volumi? A pagina 85 di Black Flags from Rome è annunciato il programma. Gli uomini di IS saranno guidati da una testa di ponte costituita da musulmani che prenderanno il controllo delle coste e anche da non musulmani che abbiano riconosciuto la leadership del Califfato. Ovviamente i «crociati» saranno sconfitti e IS diventerà la potenza più rilevante in Europa e Medio Oriente, grazie alla mancanza di controllo interno alle frontiere continentali. Dunque il programma di conquista è già bene esplicitato nel volume di novembre 2014, come d’altra parte lo era stato in precedenti numeri di Dabiq, la rivista patinata del califfato, e in altre sue produzioni mediatiche. Nella dichiarazione appare chiaro come il fronte sud sia costituito da una forza navale e missilistica. Successivamente le due pubblicazioni si sovrappongono, rispetto alla dichiarazione di minaccia missilistica: quanto indicato da Black Flags from Rome si ritrova con poche modifcihe «migliorative» in Islamic State 2015. Leggendo il testo si chiarisce che queste armi sono in mano ai combattenti in quanto se ne sono appropriati a seguito delle vittorie conseguite in battaglia. Viene citato, per esempio, l’assedio e la conquista alla base militare aerea siriana di Menagh: IS cominciò gli attacchi alla base dopo avere assunto il controllo di Aleppo e ne divenne padrone nell’agosto 2013. È sulla base di queste prospettive - tutte da verificare nella loro realtà in quanto dichiarazioni di IS e in parte ancora auspici - che si declina la minaccia dall’aria del Califfato. Ma la minaccia è reale, al di là della propaganda che contiene? I vettori di cui si parla sono roba vecchia che, nel migliore dei casi finirebbe in acqua prima di arrivare su qualunque costa, forse ad accezione della Spagna considerata la larghezza delle Stretto di Gibilterra. Quindi la minaccia specifica dei missile si risolve ancora una volta in un puro atto di propaganda vantando potenzialità che non si hanno. Nulla di cui avere paura ma, come per i migranti e i barconi, cose a cui prestare attenzione. Infatti è certo che il mercato o l’approvvigionamento di armi evolute, missili in inclusi, è assai «liquido» e dobbiamo aspettarci che IS persegua strategie specifiche per raggiungere questi obiettivi. Certamente il trasferimento di questi sistemi non è semplice e, dunque, «il dove si acquisisce» il sistema rispetto al «da dove si utilizza» il sistema pone evidenti problemi logistici e di trasporto che possono essere monitorati più facilmente. Se pertanto, le dichiarazioni pubblicate nei due volumi citati, appartengono sicuramente alla comunicazione di propaganda e ai «desiderata» del Califfato, esse sicuramente esprimono una intenzione di IS, rispetto agli obiettivi che persegue e alle modalità di attacco che vorrebbe utilizzare: il rischio non può essere considerato immediato ma non è utile «fare finta di nulla» in quanto è anche in questa direzione che IS promuoverà i suoi sforzi. Come spesso è, dunque, si tratta di valutare la priorità delle minacce riservando gli interventi operativi per rispondere alle minacce più concrete e immediate.
Marco Lombardi

*******

L’ISLAMOFOBIA, UNA BUONA SCUSA PER IL TERRORE –
In queste pagine trovate la traduzione integrale di un capitolo di uno dei Black Flags Books. Si tratta di quello dedicato nello specifico all’Europa e al nostro Paese e intitolato Black Flags From Rome. I teorici del Califfato esibiscono fin da subito la loro retorica. In gran parte, quel che potete leggere assomiglia a un foglio propagandistico di un partito politico occidentale. C’è un’analisi della situazione europea - molto semplicistica, a dire il vero - che punta parecchio sugli effetti della crisi economica e delle misure di austerità. Lo Stato islamico punta il dito contro le banche e contro le «élite finanziarie» (non ci sono riferimenti alle lobby ebraiche, ma arriveranno in altri testi). Si presenta, insomma, come una specie di alternativa al sistema capitalistico occidentale. Quanto sia valida, questa alternativa, lo dimostrano le scene di vita quotidiana che ogni giorno vengono raccontate da chi vive in Siria e Iraq sotto il tallone di Abu Bakr al-Baghdadi: decapitazioni, roghi, pubbliche esecuzioni, oppressione diffusa. Ma la parte più interessante di questo capitolo è sicuramente un’altra. Ovvero la descrizione delle condizioni di vita dei musulmani nei Paesi europei e il particolare accento che i jihadisti pongono sulla questione dell’islamofobia. È molto chiaro che cosa stanno cercando di instillare nel lettore: la convinzione che i musulmani nel Vecchio Continente e in Occidente più in generale siano perseguitati. Nel libro sono numerosi i riferimenti all’avanzata dei movimenti e dei partiti di estrema destra. Spesso vengono chiamate in causa le «milizie neonaziste», come se le strade europee fossero pattugliate da squadroni della morte che cercano i musulmani per farli fuori. Si tratta di una retorica subdola, che non è nuova. E, soprattutto, che non è esclusiva dei miliziani dello Stato islamico. Sebbene proposta in altre forme, si ritrova in tante analisi proposte dai giornali italiani ed europei, quelli di sinistra soprattutto. Il quadro della situazione viene distorto: l’Is viene presentato come una via di salvezza per gli islamici perseguitati nei Paesi in cui vivono. La realtà è diversa: se c’è un faro puntato sulle comunità islamiche in Europa è perché esistono movimenti come lo Stato islamico e al-Qaeda che compiono attentati, non perché i governi occidentali siano pregiudizialmente ostili all’islam (anzi, è l’esatto contrario, vista la diffusione capillare dell’islamicamente corretto). Il problema è che questa retorica funziona. Nelle periferie degradate come nelle università. E lo dimostra l’esistenza dei «foreign fighters», gli aspiranti combattenti che partono dall’Europa e non solo per andare in Siria a farsi ammazzare. O per addestrarsi e fare ritorno a casa e compiere attentati. Questo vogliono gli uomini del Califfo. E grazie a testi come quello che presentiamo cercano di far presa sui più giovani, tentano di radicalizzarli e portarli dalla loro parte. Verso una morte quasi certa.
Francesco Borgonovo

*******

GLI ISLAMICI SI RIFANNO A UNA IDEOLOGIA CHE MINACCIA LE BANCHE E L’ELITE –
Dopo dieci anni di guerre costose in Afghanistan e Iraq (2003-2013), e dopo le misure di Austerity e la Depressione economica in Europa, molti Europei sono diventati poveri e frustrati. Vorrebbero sfogare la rabbia, ma non sanno come o dove. La depressione economia è iniziata perché le più grandi banche hanno stipulato mutui con molte persone sapendo bene che costoro non avrebbero mai potuto ripagare il debito, nemmeno nel corso di una vita (volevano che la gente rimanesse indebitata a vita con le banche). Le banche hanno concesso così tanto credito da non riuscirne a ricavare molto in cambio (la gente non poteva permetterselo). Allo stesso tempo i governi erano troppo occupati a combattere guerre perse nelle terre mussulmane procurandosi debiti da migliaia di miliardi di euro. Quest0 ha fatto sì che l’economia crollasse. Di conseguenza, i governi hanno cominciato a tassare sempre di più i cittadini per pagare i crediti delle banche (che erano la causa primaria di tutti i problemi). Imposte più alte hanno fatto sì che la popolazione più povera (anche coloro che non avevano debiti) fosse costretta a versare più soldi ai governi, i quali avrebbero poi ripagato le banche (che appartengono ai ricchi), nel tentativo di ristabilizzare l’economia. Questo è il significato delle misure di Austerità. (L’Austerità può essere paragonata a un criminale che rapina qualcuno in strada, salvo poi (il criminale) far causa alla vittima, con il sostegno del governo - lo so che sembra assurdo, ma è esattamente quello che è successo). Migliaia di persone che hanno protestato in Europa per anni contro le misure di Austerità sono state ignorate dai loro governi, e molti si sono arrabbiati. La ricca «élite» che possedeva le banche aveva anche il controllo dei principali canali mediatici e di circolazione delle notizie. Sapevano che la gente era arrabbiata, ma come potevano sviare l’attenzione da sé stessi? Come potevano incanalare in un’altra direzione la rabbia della gente?
DARE LA COLPA ALL’IMMIGRAZIONE E AI POVERI Mentre sempre più europei provavano frustrazione verso le banche e le misure di Austerità dei governi, i canali d’informazione hanno iniziato una nuova campagna: prendersela con i poveri e gli immigrati. Anziché accusare i ricchi che avevano rubato la maggior parte delle ricchezze attraverso le imposte dell’Austerità, l’attenzione veniva adesso rivolta ai poveri che ricevevano denaro pubblico per disabilità o agli immigrati che «rubavano il lavoro». Si trattava di una tecnica sottile e intelligente perché portava la società a dividersi anziché a unirsi, e quelli che erano divisi combattevano gli uni contro gli altri anziché rivolgersi ai governanti e ai ricchi (che di fatto avevano rubato tutto). Nel momento in cui i componenti della classe media e della classe lavoratrice lottavano tra loro, molti immigrati cercarono di integrarsi per dimostrare di essere una parte della società. Tuttavia un numero sempre crescente di musulmani praticanti si sentiva ancora alienato. Sentivano che la loro voce non veniva ascoltata e che erano rappresentati in modo distorto. Perciò cominciarono a diffondere il messaggio dell’islam e a comportarsi bene nella comunità sperando che i media li avrebbero messi nella giusta luce. I musulmani praticanti avevano un aspetto diverso e agivano in modo differente dal resto della società. Si rifacevano anche a una ideologia che minacciava l’esistenza delle banche e dell’«élite» finanziaria. Il modo migliore per questa «élite» finanziaria di salvare se stessa era quello di rivolgere le masse popolari contro gli immigrati che non s’integravano, e la rabbia crescente della popolazione europea nei confronti dei musulmani era l’opportunità perfetta. Gruppi razzisti di estrema destra venivano fondati da ricchi razzisti. Questi gruppi all’inizio si presentavano come gente contraria all’immigrazione. Tuttavia i loro leader erano pagati soprattutto per opporsi all’Islam. Schiavi al più alto livello, avrebbero fomentato la gente contro l’Islam. La nuova era non riguarda chi sia il capo di quale nazione, i leader fantoccio sono irrilevanti. I nuovi tipi di leader sono persone carismatiche abili nel parlare che conquistano il cuore dei popoli e guidano «tribù» di popoli. Hanno seguaci perché sono influenti e hanno sostegno e denaro per unire i popoli sotto una causa. (Questa è una delle ragioni per cui l’America ha bombardato con i droni i leader carismatici di Al Qaida in Afghanistan nel 2012-13). Questi leader carismatici di gruppi di destra hanno cominciato a reclutare sempre più persone per la loro causa, e le loro manifestazioni di protesta, perciò hanno ottenuto ancora più fondi. Gente che di solito sarebbe stata neutrale ha cominciato a ricevere la loro propaganda e ad accettarla. I nuovi canali mediatici spargevano la voce che i maschi musulmani stavano formando «bande di stupratori» che abusavano di «ragazze bianche», il che induceva ancora più gente a unirsi ai gruppi di estrema destra. In sostanza, il gruppi di destra in Europa hanno continuato a crescere negli ultimi anni e i musulmani sono stati considerati il loro nemico numero 1… I partiti di estrema destra in Europa temono che i musulmani abbiano lo scopo finale di conquistare l’Europa facendo sempre più figli, in modo che per il 2050 la maggioranza della popolazione europea sarebbe musulmana. Non appena serie misure di politica hanno cominciato a essere attuate per prevenire l’espandersi di forme terroristico/radicali in Europa, e i gruppi neonazisti sono cresciuti significativamente di numero, il Jihad in Siria è cominciato, ed è diventato la linea del fronte per i musulmani oppressi di tutto il mondo…
2011+ IL JIHAD SIRIANO CHE HA CAMBIATO IL MONDO
Era il 2011, la rivoluzione siriana è cominciata e centinaia di migliaia di sunniti sono stati massacrati; una nuova generazione di musulmani nel mondo occidentale si sono radicalizzati. (Lo vediamo alla fine di ogni decade, lo spirito del Jihad è cresciuto in una nuova generazione di giovani musulmani). Molti musulmani assistevano e si sentivano alienati dai loro governi occidentali, i quali ipocritamente non aiutavano i civili che venivano massacrati in Siria. Perciò quando i gruppi islamici sono insorti contro il regime siriano, sono diventati eroi per quei musulmani occidentali che diventavano sempre più - per gli standard occidentali - «radicalizzzati». Musulmani che erano solo bambini al tempo della massima espansione di Al Qaeda e il Jihad iracheno e afgano dei primi anni Duemila sono diventati i più agguerriti sostenitori del Jihad siriano.
GLI EUROPEI VANNO IN SIRIA
Molti giovani musulmani sunniti hanno raggiunto la Siria dall’Europa in convogli umanitari per aiutare i siriani oppressi che erano stati abbandonati dal resto del mondo. Volevano fornire soccorso e dar loro sostegno morale. Alcuni si sono uniti a gruppi armati in modo simile a come la generazione precedente aveva difeso la Bosnia. Molti di loro volevano semplicemente che la guerra finisse e che prevalesse la pace e che i musulmani siriani potessero vivere una vita sicura senza la dittatura di Bashar al-Assad. Tuttavia poiché centinaia di migliaia di persone innocenti erano state uccise da Bashar, l’Occidente non poteva più giustificare che rimanesse al potere, senza sapere però come i più forti gruppi combattenti islamici in Siria si sarebbero comportati dopo la sua caduta. Perciò si limitarono ad aspettare, sperando che si chiarisse la prospettiva su chi avrebbe vitno la guerra. A seconda di chi avrebbe vinto, avrebbero agito di conseguenza. Lo Stato islamico si è risvegliato nel mezzo della guerra siriana, dopo l’uscita delle truppe americane dall’Iraq nel 2010. Molti degli emigrati musulmani che sono venuti ad aiutare i siriani si sono uniti allo Stato islamico. Gruppi armati sunniti fondati da regimi arabi erano pagati per combattere lo Stato islamico anziché il vero nemico, Bashar al-Assad, perciò lo Stato islamico ha reagito. Le potenze occidentali non volevano essere coinvolte in scontri sul terreno perché si erano appena ritirate da una guerra fallita in Iraq (l’opinione pubblica non avrebbe approvato). Questo ha dato allo Stato islamico l’opportunità di rafforzarsi con sempre più combattenti, più territorio e più risorse, mentre il mondo guardava. Quelli che avevano lasciato l’Europa per unirsi allo Stato islamico adesso erano in grado di aiutare altri europei a entrare in Siria. Davano loro il Tazkiyah (la garanzia di «purezza» dall’essere spie o agenti). Il Tazkiyah significava che il combattente dello Stato islamico in Siria aveva fiducia nell’amico che voleva unirsi allo Stato islamico. Perciò migliaia di musulmani di nuova generazione dall’Europa e dal mondo intero sono riusciti a entrare in Siria e ad addestrarsi nei campi dello Stato islamico. Qui hanno imparato le basi del combattimento armato e a sparare, tecniche di uccisione, come fabbricare esplosivi con materiali casalinghi, ecc. Le agenzie di spionaggio europee hanno cominciato a spaventarsi. Negli ultimi dieci anni avevano ottenuto enormi successi nella prevenzione di attacchi simili a quelli dell’11 settembre 2001, ma adesso dovevano ricominciare tutto daccapo. Eccetto che questa volta gli europei che erano andati in Siria per loro erano sconosciuti. Non avevano un archivio di quelli che avevano lasciato i loro Paesi, il che rendeva difficile rintracciarli se e quando fossero tornati indietro. Non sapevano nemmeno chi si fosse addestrato nei campi, o se quelle persone fossero partite solo con un convoglio umanitario. Per questo alla fine del 2103 hanno deciso di arrestare chiunque fosse andato in Siria anche se si fosse mosso soltanto per prestare aiuto. Potevano interrogarli per scoprire quali attività avessero esercitato. Molti erano davvero solo collaboratori umanitari, e sono stati rilasciati. Tuttavia nel 2014 anche solo spostarsi in convogli di aiuto comportava parecchi controlli e perquisizioni da parte delle autorità. Il che ha eliminato molti che ne sono stati spaventati, diminuendo il numero dei volontari. Nel frattempo lo Stato islamico diventava più forte, e le agenzie di spionaggio occidentali hanno cominciato ad arrestare chiunque tornasse dalla Siria, con l’accusa di essere un combattente straniero. Questo tipo di pressione ha fatto sì che molti combattenti tornassero alla chetichella, cercando di non far sapere che erano tornati. Molti volevano solo ricongiungersi alle famiglie per vivere una vita normale. Per tornare sani e salvi evitavano di usare aeroplani diretti nelle principali città (perché lì ci sono parecchi controlli di sicurezza) e andavano invece in piccoli aeroporti meno controllati. Alcuni usavano mezzi di trasporto differenti, come navi o traghetti, o lasciavano la Siria a piedi e entravano in Turchia. Dalla Turchia si spostavano attraverso tutta l’Europa fino al loro Paese di origine. Le agenzie di spionaggio se ne sono accorte, sapevano bene che quando uno riesce a entrare nell’Unione europea può facilmente spostarsi al suo interno in ogni Paese senza bisogno di passaporto. Perciò le autorità di sicurezza hanno cominciato ad aumentare le misure di frontiera e hanno incrementato le pattuglie che perquisissero le automobili tra un Paese e l’altro nel caso in cui un musulmano portasse con sé armi. Qualcuno è stato arrestato...

*******

L’ITALIA SULLA CARTINA –
L’Italia è strategicamente molto importante per il fatto di essere direttamente al centro dell’Europa. L’Europa è divisa in due parti, Europa Occidentale e Europa Orientale. Entrambe, l’Europa dell’Ovest e quella dell’Est, hanno un numero considerevole di popolazioni musulmane.
NORD OVEST DELL’ITALIA (GERMANIA, REGNO UNITO, FRANCIA)
Hanno tutte più o meno il 10 per cento di popolazione islamica. È probabile che combatteranno le milizie neonaziste all’interno dei loro Paesi, e ricaveranno un corridoio dal Nordovest, attraverso l’Europa, fino a raggiungere l’Italia del Nord. In Italia la Mafia ha già una presenza forte. Con ogni probabilità i mafiosi saranno la milizia più potente all’interno dell’Italia e si avvantaggeranno di un governo italiano debole. In questo momento hanno già accesso al mercato illegale, commerciano in droga e armi in Europa. Non c’è dubbio che se i musulmani vogliono conquistare l’Italia, i combattenti dello Stato islamico in Europa dovranno allearsi con altre milizie per combattere la Mafia prima della presa di Roma.
SE VOLETE CREARE IL CAOS IN ITALIA, LO POTETE FARE ATTRAVERSO BOLOGNA (GIANFRANCO PASQUINO)
«Se in futuro l’Italia sarà attaccata da Nord, non c’è dubbio che l’autostrada e la stazione di Bologna dovranno essere aggredite per prime, così come molti gruppi di ribelli italiani hanno fatto in passato. Attaccando la strada principale che passa da Bologna, nessun trasporto di rifornimenti (cibo, soldati, ecc.) può passare dall’Italia del Nord, attraverso Bologna, a quella del Sud. L’Italia è debole perché ha fatto in modo che da Bologna passasse l’unica strada che collega il Nord al Sud. Sarebbe stato meglio che avessero costruito molte strade per raggiungere il Sud, anziché essere dipendenti da una sola». /.
BOSNIA
La Bosnia è a solo due piccoli Paesi di distanza dall’Italia dell’Est. Il Jihad bosniaco ha obbligato ciascun nucleo famigliare a procurarsi le proprie armi, e il Paese ha le sue fabbriche che ne producono. Le armi sparite da queste fabbriche stranamente finiscono nelle mani di bosniaci influenzati dai Mujahideen (è importante ricordare che il massacro di Srebenica è avvenuto solo a metà degli anni Novanta). Ricordate le donne musulmane bosniache che furono violentate dai serbi? I loro figli, mezzo bosniaci e mezzo serbi, hanno adesso una ventina d’anni, non hanno dimenticato e vogliono ancora vendetta. Stanno solo aspettando l’opportunità di insorgere, e i loro fratelli del Sud (Albania/Romania/Turchia) / quando i confini dell’Europa saranno sfondati. Qualcuno potrebbe pensare che i bosniaci non siano davvero islamici, però c’è una notizia del 6 gennaio 2015 secondo cui un musulmano bosniaco con una lunga barba ha ucciso un imam che impediva alla gente di unirsi al Jihad in Siria. Il che dimostra che c’è una presenza del Jihad islamico all’interno della Bosnia. Quando i musulmani dei Balcani avranno liberato le loro terre da governi oppressivi, saranno in grado di utilizzare le coste per permettere a combattenti egiziani e libici di far passare imbarcazioni fino all’Albania, e dall’Albania al Kosovo, poi alla Bosnia e dritto nell’Europa italiana.
LO STATO ISLAMICO E IL MALHAMA (ARMAGEDDON) Il Malhama (Armageddon) comincia: Non appena la Russia e la Persia (Iran) vengono sconfitti, i romani (Europa) entrano in massima allerta. Sanno che secondo la profezia Roma è il prossimo bersaglio dello Stato islamico. Lo Stato islamico va all’attacco e arriva con ottanta bandiere fino a Dabiq (vicino al confine tra la Turchia e la Siria), con più di 100mila soldati. È qui che comincia il grande Malhama (Armageddon). È un avvenimento così importante da essere citato nelle scritture cristiane della Bibbia e si riferisce al tempo vicino al Giorno del Giudizio. Secondo la tradizione islamica sappiamo che confluiranno a Dabiq (al confine turco-siriano) Mentre i romani da tutto l’Ovest (Unione europea e America) entrano in Siria nella battaglia del Mahlama (Armageddon), i combattenti dello Stato islamico si riuniscono per fronteggiarli in Siria. Quelli che non riescono a raggiungere la Siria sferrano l’offensiva in ogni altro luogo, a seconda di dove si trovano. È importante notare che i burattinai nei territori musulmani possono essere sconfitti in questo momento (l’obiettivo originario di Al Qaeda è quello di farli cadere tutti entro il 2020). Se questo avviene, vedremo cadere i burattinai, arrivare il Mahdi e giungere i romani nel 2020 (vale a dire cento anni dopo la caduta del Califfato Ottomano). Questo darà ai gruppi armati islamici molta libertà di viaggiare in terre mussulmane, e nel mar Mediterraneo, e anche di usare lo spazio aereo per puntare all’Europa con missili che a quel punto saranno stati sottratti ai regimi fantoccio arabi. I gruppi armati musulmani - dopo aver sconfitto i loro tiranni - entreranno in possesso di una grande varietà di missili a lunga gittata. Di fatto questo sta già accadendo. /.
TIPI DI MISSILI
Da documenti Wiki sappiamo che la Libia ha riserve di missili 9K52 Luna-M (FROG-7) e anche di missili Scud-B. Senza dubbio ci sono missili più avanzati nell’arsenale saudita e iraniano che lo Stato islamico spera di catturare e dividere con i suoi affiliati in tutte le province dello Stato islamico internazionale. Studiando il missile M-75 usato oggi da alcuni gruppi jihadisti (per esempio Hamas) notiamo che ha una gittata di circa 160 chilometri. Sappiamo che Ansar Bayt al-Maqdis nel Sinai (ora parte dello Stato islamico) ha fatto entrare in Palestina missili per Hamas. Sappiamo anche che Ansar al-Shari’ah a Bengasi (Libia) li ha presi a Gheddafi. Questo dimostra che i differenti gruppi armati islamici hanno accesso ai missili e alle vie di trasporto clandestino in caso di bisogno. Il Maghreb islamico di Al Qaeda (AQIM) ha anche una presenza in Tunisia. I missili MH-75 possono raggiungere una distanza di 170 chilometri. Se AQIM in Tunisia sparasse dei missili su Roma dalle sue coste durante l’invasione romana della Siria (Armageddon), potrebbe colpire l’Italia (possibilmente anche Roma) che si trova a meno di 160 chilometri dalla Tunisia. I Mujahideen in Algeria o Marocco potrebbero sparare missili in Europa perché sono letteralmente a meno di 10 miglia dalla Spagna (al-Andalus). Tuttavia i combattenti di Al Qaeda del Maghreb islamico in quei territori si nascondono in montagna e non hanno razzi, per cui ci potrebbe volere qualche anno prima che abbiano a disposizione missili a così lunga gittata. Una volta che i combattenti islamici di Libia, Tunisia, Algeria e Marocco avranno sconfitto i loro governi tirannici, saranno in grado di lanciare missili in Europa mentre altri la raggiungeranno con imbarcazioni per un’invasione via terra.
GOOGLE EARTH LO STRUMENTO PIÙ AVANZATO DI INTELLIGENCE GEOGRAFICA
Oggi tutti i gruppi islamici usano Google Earth per pianificare gli attacchi. Fare un lavoro di intelligence su un’area e sui suoi impianti strategici è di importanza vitale per il piano: da dove attaccare, dov’è nascosto il nemico, dove si può entrare in territorio nemico con sicurezza. Una volta solo i paesi potenti avevano accesso alla tecnologia satellitare, adesso chiunque la può utilizzare gratis. Vediamo di capire un po’ come funziona. Studio esemplificativo. Diamo un’occhiata all’Italia; è probabile che alcuni combattenti islamici partano da Tunisi / e raggiungano le isole orientali vicine all’Italia. Da lì entreranno nel porto (riquadro rosso). Se zoomiamo nel riquadro rosso della foto 1, usando la modalità «zoom in» di Google Earth lo possiamo vedere più chiaramente (vedere foto 2 e 3). Nota: si può zoomare ancora di più, ma si può anche cliccare su immagini del luogo e degli edifici. L’immagine del Vecchio faro è utile perché fornisce ai combattenti la conoscenza della zona e del territorio, del tipo di edificio e del modo in cui usarlo a proprio vantaggio, ecc. Una volta conquistato l’edificio ci si può addentrare in Italia sempre usando la conoscenza satellitare del territorio da invadere. I combattenti musulmani in Europa contatteranno i capi dello Stato islamico con telefoni cellulari, via Internet o con telefoni satellitari (i membri principali di Al Qaeda e dello Stato islamico spesso ricevono un numero attraverso cui contattare i loro capi prima di arrivare in Europa) e usando i programmi di Google Earth (che sono gratuiti e più avanzati di Google maps) possono scambiarsi le coordinate per far sapere ai combattenti musulmani in Europa dove far cadere i missili. E questo perché, sebbene l’Europa sarà già fatta a brandelli da milizie e bande armate e senza quasi più alcun governo, ci saranno ancora zone ricche molto difficili da conquistare (a causa delle Compagnie Militari Private, PMC) messe a presidio delle zone più ricche della società. Perciò il sostegno più forte dall’estero sarà il supporto missilistico.
LO STATO ISLAMICO ATTRAVERSA IL MEDITERRANEO ED ENTRA IN EUROPA
Quando i combattenti dello Stato islamico vinceranno l’Armageddon/Malhama in Siria, i combattenti di Libia, Tunisia e Marocco raggiungeranno l’Europa via mare o per via aerea. Saranno sostenuti e guidati da musulmani che avranno già conquistato parti strategiche delle coste, o anche da non musulmani disposti ad accettare i musulmani come loro nuovi leader. A questo punto l’esercito crociato nell’Armageddon sarà sconfitto e lo Stato islamico rimarrà la forza più grande sia nel Medio oriente sia in Europa. I mussulmani in Europa saranno tutti in comunicazione fra loro (a causa delle frontiere ormai distrutte) e godranno del massimo sostegno dal Medio oriente. L’Italia sarà stata conquistata da ogni parte da musulmani armati: 1- Bande di musulmani armati europei da Nord e da Ovest, 2- Combattenti islamici dell’Europa dell’Est dai Balcani (come Bosnia, Albania, Kossovo, ecc.), e 3 - Missili e navi arabe musulmane da Sud. Senza più alcun avversario potente e unito i musulmani avranno conquistato Roma, la capitale dell’Italia e dell’Europa.

*******

ASSALTO ALL’EUROPA E LA BANDIERA NERA SVENTOLA SU ROMA –
Prima di tornare alle analisi dedicate all’Europa, prendiamo in esame il capitolo di Black Flags from Rome dedicato all’Italia. Lo traduciamo integralmente, per mostrare quali siano le minacce che i jihadisti fanno al nostro Paese. Alcune di queste sono decisamente irrealistiche. La calata dal Nord Europa e la penetrazione da Sud sono presentate come imminenti e abbastanza facili da attuare. Fortunatamente, nonostante la pigrizia di molti governi, non è proprio così. Però è utile conoscere che cosa scrivono gli uomini del Califfato, per rendersi conto che veramente il nostro Paese è nel mirino. E, soprattutto, che per raggiungerlo i tagliagole contano soprattutto sull’espansione nei Paesi del Nord Africa, alleandosi con Aqim, ovvero al-Qaeda nel Maghreb islamico. Come ha scritto nell’introduzione Marco Lombardi, gli arsenali su cui i miliziani vogliono mettere le mani probabilmente non sono così pericolosi come dicono. Resta che il problema c’è, e va affrontato. La situazione libica è un calderone diabolico che pone parecchi problemi al nostro Paese. E i jihadisti lo sanno bene. Ecco perché vogliono farci sentire il loro fiato sul collo. Vogliono far sapere agli italiani - ma anche agli spagnoli, che vengono chiamati in causa - che non intendono arretrare di un millimetro. Anzi, vogliono allargare la loro area di influenza il prima possibile e attraversare il Mediterraneo. La strategia è quella ribadita in un altro documento diffuso dai giornali occidentali, espressamente dedicato alla Libia, in cui si parla anche di come sfruttare i flussi migratori. In quel testo si fa presente la facilità con cui barconi di immigrati riescono a superare i controlli in mare e a raggiungere le coste italiane anche a bordo di bagnarole. Di sicuro, la confusione con cui gestiamo questa emergenza fa sentire i tagliagole molto più sicuri di sé. E, ai loro occhi, fa sembrare molto meno irrealistica la prospettiva di arrivare a bordo di gommoni dall’Albania o dal Nord Africa. In questo capitolo, poi, si forniscono indicazioni utili ai potenziali combattenti sul suolo europeo. Per esempio, si parla di come utilizzare - banalmente - Google Earth per conoscere il territorio degli infedeli. Di queste indicazioni i Black Flags Books sono pieni. In alcune parti, che non riporteremo, contengono anche istruzioni su come costruire ordigni esplosivi in casa propria utilizzando un forno a microonde o su come produrre agilmente bombe molotov. Dunque, dietro l’apparente semplicità del testo si celano pericoli reali. La prosa a volte sgrammaticata, quasi infantile dei propagandisti fornisce tra le righe stimoli importanti agli aspiranti guerriglieri. Ecco perché, se da un lato le smargiassate dell’Is sui missili vanno ridimensionate, dall’altro non possiamo fare a meno di notare l’entità della minaccia nel Mediterraneo e pure sul suolo italiano.
Francesco Borgonovo

*******

IL PERICOLO PIÙ REALE GLI ATTENTATI NELLE NOSTRE CITTÀ –
Dopo aver messo a fuoco la situazione italiana, riprendiamo di nuovo alcuni passaggi che riguardano l’Europa più in generale. Quest’ultima parte è forse quella che va presa più sul serio. Perché parla di cose che avvengono sul serio, e non solo nei sogni dei jihadisti. Ovvero la partenza di molti musulmani verso la Siria e poi il rientro in patria attraverso la Turchia. I combattenti che ritornano a casa sono addestrati, sanno come usare le armi e gli esplosivi e sono pronti a morire. Abbiamo visto le loro azioni in Francia, con la strage di Charlie Hebdo e nel supermarket kosher. Le abbiamo riviste in Danimarca, di nuovo con un vignettista nel mirino. Quello che gli uomini dell’Is scrivono in queste pagine, purtroppo, è vero: ci sono potenziali assassini in grado di sfuggire all’intelligence. Ci sono lupi solitari che imparano dal web ed altri più organizzati che sono stati allenati al massacro. Non a caso, questa parte del libro prosegue con una analisi dell’attentato a Charlie, che pubblicheremo su Libero nella prossima uscita.
Francesco Borgonovo

*******

LA PAURA DELL’EUROPA PER I COMBATTENTI DI RITORNO –
Nel 2010 l’Europa e l’Occidente erano a un passo dal vincere la «guerra al terrore» a Ovest perché erano riusciti a sventare la maggior parte degli attacchi terroristici all’interno dei loro rispettivi paesi. Padroneggiavano l’arte del controterrorismo restando sul piede offensivo anziché soltanto su quello difensivo. E lo facevano conducendo «operazioni mordi e fuggi» in cui l’Fbi mandava agenti provocatori a istigare giovani uomini musulmani a compiere attacchi terroristici. Questi giovani ispirati da al-Qaeda erano arrabbiati per quello che l’Occidente stava facendo ai musulmani, per cui seguivano scioccamente le indicazioni degli agenti Fbi su come deporre esplosivi da qualche parte. A volte gli agenti dell’Fbi li aiutavano addirittura a comprare i congegni. Ma proprio quando stava per esplodere, quel congegno non funzionava (spesso mancava qualche componente). Confusa per quello che era appena accaduto, la polizia veniva messa al corrente dall’Fbi e si affrettava ad arrestare il musulmano che erano appena stato ingannato dagli agenti. E quello sarebbe stato incarcerato per dieci anni o più. Lo Stato islamico aveva anche messo l’Europa nel mirino per via delle sue continue aggressioni e occupazioni dei territori musulmani. Non appena il Jihad siriano è cominciato lo Stato islamico è entrato in competizione con altri gruppi per accaparrarsi il vasto confine turco-siriano. Tutti i gruppi volevano controllare questa frontiera per avere accesso alla Turchia. La Turchia era strategica perché era il posto in cui i combattenti potevano acquistare le armi, e da cui tutti i combattenti stranieri potevano entrare per unirsi allo Stato islamico e, più importante ancora, dove i combattenti veterani potevano lasciare la Siria (come «profughi») per poi, dalla Turchia, entrare in Europa. (Nota: molti profughi siriani scappavano anche in Italia per via della guerra civile in Siria. Senza dubbio alcuni di questi profughi erano combattenti sotto copertura di Al Qaeda e dello Stato islamico. Afferravano velocemente l’occasione di entrare in diversi Paesi europei - molto probabilmente a partire dal 2012. Tutto questo accadeva sotto il naso dello spionaggio europeo la cui attività nello stesso periodo - 2012 - era solo prevenire i musulmani europei dall’entrare in Siria. Questo dimostra quanto erano stati svegli i gruppi islamici nel muoversi per tempo. Anni prima che l’Europa anche solo sapesse dove andavano i suoi cittadini mussulmani, combattenti islamici ormai svezzati avevano già trovato rifugio in Europa). Mentre i combattenti veterani dello Stato islamico lasciavano la Siria per l’Europa i musulmani europei che erano emigrati nello Stato islamico si addestravano nei campi e nessuno supponeva, nemmeno lo Stato islamico e l’Occidente, che alcuni di questi soldati addestrati sarebbero stati rimandati in Europa a formare le loro cellule segrete per continuare ilJihad e cercare vendetta per l’occupazione occidentale delle terre mussulmane. Questi combattenti venivano semplicemente addestrati e veniva loro detto di tornare ai propri Paesi europei per mettersi in modalità «cellula dormiente» fino a quando il Khalifah (Califfo) Abu Bakr al-Baghdadi avesse ordinato di cominciare gli attacchi in Europa. Questi giovani europei erano stati addestrati professionalmente e in maniera specifica per adattarsi al contesto della guerra che avrebbero combattuto all’interno dell’Europa. Avevano imparato a comprare armi, armi da fuoco, e a costruire esplosivi casalinghi. Avevano imparato tecniche di uccisione, tecniche di evasione (mimetizzazione), e avevano avuto esperienza reale di guerriglia urbana nelle strade della Siria e dell’Iraq. Le agenzie di spionaggio d’Europa e d’America non avevano mai visto niente di simile nella loro guerra contro i mussulmani in Occidente. Quando la minaccia era Al Qaeda (per tutto il primo decennio Duemila) cercavano individui non addestrati e armati, ma che in quanto lupi solitari erano vulnerabili. Adesso, di fronte a combattenti europei dello Stato islamico che si addestravano e tornavano subito in Europa (nel periodo 2012-2015) gli agenti dello spionaggio erano perplessi. Pensavano che i combattenti stranieri di ritorno in Europa sarebbero arrivati molto dopo, ma di fatto alcune centinaia di combattenti addestrati erano già rientrati in segreto. Militanti islamici armati e addestrati professionalmente, e sconosciuti alle agenzie di intelligence, erano a piede libero. Alle agenzie di spionaggio toccava iniziare un’altra decade di snervante caccia ai terroristi. Ma questi terroristi erano più professionali, per cui avrebbero dovuto trovare cellule dormienti di piccoli gruppi indipendenti e connessi tra loro sparsi in giro per tutta l’Europa. Le loro sedi erano ignote e i raid della polizia non potevano avere la stessa efficacia come quelli contro lupi solitari disarmati, perché questi giovani erano armati e capaci di reagire in gruppo. Alla fine del 2014 c’erano piccole forze armate dello Stato islamico all’interno di ciascun Paese europeo, e le agenzie di spionaggio non lo sapevano neanche! Nel gennaio 2015 questi scottanti segreti si sono rivelati e tutto il mondo ha visto quanto profondamente si siano infiltrati in Europa lo Stato islamico e al-Qaeda.

(Traduzione di Paolo Bianchi)