Enrico Paoli, Libero 22/2/2015, 22 febbraio 2015
«SE RENZI VUOL PRENDERSI LA RAI DEVE RISCHIARE DI PERDERLA» [2
pezzi] –
«Ma quali decreti o disegni di legge. Nella Gasparri è già tutto previsto. Basta decidere cosa si vuole fare della Rai. Solo chi non conosce la materia avanza ipotesi che non hanno né capo né coda, puntualmente smentite». E se lo dice Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia e «padre» di quella che legge che da dieci anni regola il mondo della televisione di casa nostra, converrà prenderne atto. Tanto che lo stesso ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, mette un punto fermo sull’argomento: «Dobbiamo ancora affrontare il tema in Consiglio dei ministri». Insomma, dalle parti di Palazzo Chigi, nonostante i proclami belligeranti del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sono ancora al «caro amico». «E la cosa è alquanto preoccupante, visto il delirio di esternazioni», chiosa ironico il vice presidente del Senato. Senatore, chiariamo una volta per tutte un punto. Per modificare, o cancellare, la Gasparri il governo cosa deve fare? «Privatizzare l’azienda, mettendola sul mercato. A quel punto valgono le norme civilistiche. Ma finché la Rai è un’azienda pubblica vale la Gasparri». Che prevede anche la quotazione in borsa della tv pubblica... «La legge attualmente in vigore contiene una norma che consente la parziale e progressiva privatizzazione della Rai. Nessun governo però, sia di sinistra che di centrodestra, e questo va detto per onestà intellettuale, ha avuto il coraggio o la determinazione di portare avanti questo processo, arrivando alla Public company, sul modello di Eni e Enel dove c’è una proprietà diffusa». Sembra di capire, però, che l’obiettivo vero del governo sia quello di cambiare le funzioni dei vertici della Rai. La Gasparri lo consente? «Certo. Basta scrivere un norma con la quale si definiscono le funzioni. Non vogliamo più il direttore generale? Bene, avanti tutta con l’amministratore delegato. Si vuole ridurre il numero dei consiglieri? Benissimo, basta applicare quanto stabilito per le varie authority. Del resto già in passato il board era formato da soli cinque amministratori. Il punto è un altro, al di là delle fantasiose illazioni avanzate dal Corriere della Sera, peraltro smentite da Palazzo Chigi». E qual è senatore? «Che non si può prescindere dalla centralità del Parlamento. Numerose sentenze della Corte Costituzionale, ben note ovviamente al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al premier Renzi e i suoi poco qualificati collaboratori dell’ufficio legislativo, affidano al Parlamento la designazione del Cda. Questo è il nodo». Insomma, la politica resta centrale? «No, affatto. Il Parlamento ha solo il compito di nominare i consiglieri. Che è ben altra cosa. Se il governo vuole un’azienda a sua immagine e somiglianza deve privatizzarla. A quel punto i consiglieri vengono nominati dai nuovi soci privati. Altrimenti il ruolo del Parlamento non è aggirabile». Senatore, secondo lei qual è la vera ragione dell’attacco al consigliere Antonio Verro? «Di creare confusione. Non mi sembra un segreto di Stato che alcuni programmi fossero ostili a Berlusconi. E sul tema dell’indipendenza la sinistra dovrebbe guardarsi allo specchio. Lucia Annunziata, per esempio, è indipendente dalla politica come la grappa è analcolica».
IL VERO OBIETTIVO DEL ROTTAMATORE: ELIMINARE LA COMMISSIONE VIGILANZA –
«La politica fuori dalla Rai» è uno degli slogan a cui il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è particolarmente affezionato. Che cosa voglia dire esattamente, però, sono in pochi a comprenderlo, dato che il riferimento è alla Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai. Roba tecnica, per addetti ai lavori, che il povero utente tartassato dal canone e vittima dei talk show presi di mira da Renzi non conosce. Ma che a Palazzo Chigi fa venire l’orticaria. Il caso dello stop alla riforma dell’informazione messo a punto dall’attuale direttore generale, Luigi Gubitosi, da parte della Commissione è da manuale. Per questa ragione uno degli obiettivi del premier, insieme alla nuova definizione dei vertici dell’azienda di viale Mazzini, è la cancellazione dell’organo parlamentare formato da deputati e senatori che ha il compito di nominare i membri del cda della Rai. In precedenza il compito spettava ai presidenti di Camera e Senato. Il ritorno all’antico potrebbe essere una delle soluzioni. Oppure, nel caso di un cda ridotto, i consiglieri potrebbero essere scelti direttamenta dalla Camera. Smantellando la Vigilanza, Renzi toglierebbe, di fatto, quel grip che la politica ha sull’azienda. Del resto lo stesso attuale presidente dell’organo bicamerale, il grillino Roberto Fico, al momento dell’insediamento auspicò che la sua nomina «fosse» l’ultima. Un’unità d’intenti che potrebbe vedere dalla stessa parte Pd e 5 Stelle, dato che per cancellare la commissione basta un’azione della Camera. E poi c’è il tema del vertice dell’azienda. Per introdurre la figura dell’amministratore delegato e del direttore editoriale non servono decreti o disegni di legge. Basta interpretare le norme esistenti. Ed è proprio su questi elementi che stanno ragionando gli espoenti del governo e quelli dell’opposizione. Perché Renzi vorrà pure una Rai a sua immagine e somiglianza, ma non è certo disposto ad imbarcarsi in una guerriglia parlamentare per cambiare una legge che, tutto sommato, sta ancora in piedi. «Al momento, scegliere lo strumento mi sembra prematuro, visto che dobbiamo ancora affrontare il tema in Consiglio dei ministri», dice il ministro Maria Elena Boschi. Avanti sì, ma con giudizio.