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 2015  febbraio 22 Domenica calendario

L’UMANA VANITÀ E LA CORSA A CHI LO HA PIÙ LUNGO

Nel cielo notturno di Dubai, tra venerdì e sabato, non c’era solo la luce della luna. Un incendio è divampato in un grattacielo alto 366 metri che, ironia della sorte, è denominato Torch Tower, traducibile in “torre-torcia”. E si può parlare d’ironia perché non ci sono stati né morti né feriti gravi. Il gigante, in poche ore e per un probabile corto circuito, ha tutta la sua fermezza. Pezzi di muratura e lamiere sono crollati. “È come il Titanic che va giù” hanno detto alcuni testimoni. La corsa alla conquista del cielo ha le sue controindicazioni: non sempre vantare il grattacielo più alto del mondo porta bene, come in passato ha dimostrato l’attacco alle Torri Gemelle di New York. Fu colpito il simbolo del capitalismo, del potere occidentale, il cuore produttivo dell’America che, appunto, sfidava il cielo. Di certo questi palazzi smisurati e spesso dalle strane forme sono simbolo di vanità umana. Quando non basta raggiungere il cielo, questi moderni palazzi del potere cercano di stupire chi resta sulla terra. E lo fanno nei modi più strani. Ci sono quelli a forma di elefante, come l’Elephant building di Bangkok, con tanto di testa e ben tre zampe e quello a forma di robot, sempre a Bangkok. A Pechino, il grattacielo che ospita la sede della China Central Television, ad esempio ha “solo” 51 piani ma è formato da due strutture singole che partono obliquamente e che si uniscono grazie a due piani orizzontali sospesi a mezz’aria: un significato simbolico che allude all’interconnessione delle numerose attività legate alla produzione televisiva, dall’amministrazione, alla produzione , passando per la trasmissione. Senza contare l’importanza di essere ben distinguibile, per la sua unicità, tra tutti gli altri grattacieli della megalopoli.
Il vero simbolo della dimostrazione di potenza è il Ryugyong Hotel di PyongYan, nella Corea del Nord, che ha 105 piani ed è alto 330 metri. La sua forma è unica (tre ali inclinate che convergono in un unico punto), ma è stato da molti definito il peggiore del mondo. E non a torto visto che non è ancora stato aperto al pubblico. Sono passati trent’anni, infatti, da quando il dittatore Kim Jong-il, padre dell’ attuale leader nord coreano Kim Jong-un, ne ordinò la progettazione. Era la risposta a un’altra sottile guerra fredda, combattuta a colpi di metri in verticale, ovvero all’inaugurazione del più grande hotel del mondo per il tempo (nel 1986), il Westin Stamford Hotel a Singapore, realizzato dall’azienda sud-coreana SsangYong Group. Oggi, la sua ruggine e lo stato di abbandono sono “un promemoria dell’ambizione intralciata dello stato totalitario”, per dirlo con le parole della Bbc.
Virginia Della Sala, il Fatto Quotidiano 22/2/2015