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 2015  febbraio 22 Domenica calendario

LA NOSTALGIA PER MINOTTI E GRUN E LA BELLA STOCCATA DI RAVENNA

Se sbaglio mi correggerete. Appunto. La scorsa settimana, ho scritto di Lotito. E di legge ad personam, secondo altri ad squadram, per la possibilità di spalmare su 23 anni i 140 milioni di debiti della Lazio. Ma Lotito ha rilevato la Lazio nel 2004, la legge è del 2002, quindi non ad personam ma preesistente. Le trattative con l’Agenzia delle entrate durano fino al 2005. Abile o furbo Lotito a trovare una via d’uscita, evitando il fallimento. Questa precisazione porta a Parma. Una squadra e una città simpatiche a tutti, dai tempi di Sacchi e poi di Nevio Scala, di giocatori intelligenti come Minotti, Grun, Zoratto. Uno stadio, e non sono molti in Italia, in cui si andava tranquilli, senza il timore che qualcuno ti spaccasse la faccia. Una tifoseria allegra, autoironica, che, con la squadra messa fuori dall’Europa, sotto uno striscione «l’unica coppa che ci rimane è questa» allestì bancarelle piene di panini di coppa (capocollo, altrove). Buona, tra l’altro, mai saputo se fosse parmigiana o piacentina. Nostalgia canaglia, o forse non solo la nostalgia.
Sulla Gazzetta, ieri, si accenna al lavoro della Procura di Parma per capire dove sia finita una marea di soldi. Nel 2006 l’indebitamento del Parma era di 16 milioni, oggi è di 197, ma in questo periodo nelle casse sociali sono entrati 220 milioni solo di diritti televisivi. E allora? Allora, troppe cose non sono chiare. L’esclusione dall’Uefa, per questione di Irpef, a favore del Torino, fa capire che c’era puzza di bruciato già alla fine dello scorso campionato. Ma il Parma ha iniziato questo campionato come niente fosse. Dov’erano Figc e Lega, così attive negli ultimi giorni? Il presidente Tavecchio, nel corso di una tavola rotonda nella redazione di Qn, ha detto venerdì: «Abbiamo la Covisoc, cercheremo di guardarci dentro». Sì, in effetti sarebbe ora. E poi: «Nel prossimo consiglio federale presenterò un’informativa sulle nuove garanzie che chiederemo alle società al momento dell’iscrizione».
Bella iniziativa, ma la voragine oltre che nei bilanci riguarda anche le regole, se da agosto il Parma ha visto quasi più presidenti che punti in classifica. Presidenti uscenti (Ghirardi), presidenti entranti ma non entrati (due della cordata albanese), presidenti che arrivano dopo aver pagato un euro (Manenti) e alla prima assemblea dei soci si ritrovano da soli. Ha detto Manenti uscendo dalla sala riunioni: «Mi sento accerchiato». Curiosa aggettivazione, abbandonato semmai. Poi una frase che, a scelta, si può definire vagamente incoraggiante o alquanto minacciosa: «Ma io vado avanti».
Avanti dove, come e quando, non si sa. Oggi non si gioca Parma-Udinese perché il Parma non ha una lira, cioè nemmeno i 30mila euro che garantirebbero la sicurezza degli spettatori. Gli steward sono stanchi di non essere pagati, i giocatori anche, i fornitori pure. Perfino la farmacia non fa più credito. Una ciliegina sulla torta (che non c’è più, nemmeno una briciola) la depone la Gazzetta: il conto corrente della Mapi Grup (sì, senza la o) che Manenti rappresenta, con sede in Slovenia a Nova Gorica, è stato chiuso il 19 febbraio. Non tira una buona aria. I Boys annunciano che saranno tutti davanti al Tardini e c’è da sperare che la comprensibile esasperazione non prevalga sull’ironia. Certo è difficile essere ironici in questo sprofondare a puntate, in questa telenovela in cui il lieto fine sembra il fallimento pilotato. Ora il capezzale del malato è affollatissimo: nuova dirigenza (?), tavolo di monitoraggio permanente stabilito da Tavecchio con Lega e sindaco Pizzarotti, Procura al lavoro, così come l’Antimafia. È ora di dire, o di ripetere, che in tutti questi mesi un comportamento responsabile, non solo dignitoso, l’hanno tenuto quelli che vanno in campo, e oggi no ma non per colpa loro: giocatori, staff tecnico. Non sono tutti miliardari, i giocatori del Parma, anzi. Il solo ad avere l’ingaggio alto, Cassano, se n’è già andato e, con la nota sensibilità, ha salutato Donadoni chiamandolo Crisantemo. Tra un crisantemo e un narciso, so da che parte stare. Ma provo a immaginare cosa passa per la testa dei ragazzi della Primavera, lontani da casa loro, per cui Parma era un sogno, una rampa di lancio. Niente sogni. Niente euro. Quale futuro?
Un buon futuro, su e giù dalla pedana, auguro a Stefano Cedrini e ringrazio il lettore A. C. che mi ha inviato un ritaglio del Corriere di Romagna. Sabato scorso, a Foligno, ultime stoccate per accedere ai quarti di finale del campionato italiano di scherma, specialità spada. Circolo Ravennate contro Chiti Pistoia. In pedana per Ravenna Stefano Cedrini, 13 anni. Attacca, il dispositivo elettronico suona, stoccata valida per arbitri e avversario. Ma Stefano alza la maschera e parla con l’arbitro: «Ho colpito per terra, non vale. Toglietemi il punto». Glielo tolgono. E quelli di Ravenna, poiché di gara a squadra si trattava, sono eliminati: 27-26, un punto di differenza. Il bel gesto è divulgato da un dirigente pistoiese, che su Facebook, sotto una foto di Stefano, scrive: «Oggi, per me, ha vinto lui». Anche per me, che considero più facile, si fa per dire, il bel gesto in una gara individuale, quando si vince e si perde da soli. Commento dell’allenatore: «Mi secca aver perso di un punto, ma Stefano si è comportato bene». Quindi, 8. In una settimana così, almeno un po’ di luce.
Gianni Mura, la Repubblica 22/2/2015