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 2015  febbraio 22 Domenica calendario

MME DE STAËL IL MIO NEMICO NAPOLEONE

Fu la grande nemica di Napoleone. Madame de Staël, la scrittrice di Corinne o l’Italia, la gran dama di Parigi, fu esiliata dal Cittadino Primo Console nel 1803, e visse circonfusa da allora da un’«aureola di proscrizione». Il grande Generale della Rivoluzione si era mutato in Imperatore, e Germaine de Staël si autocelebrò come testimone della Libertà contro il Dispotismo. Ora, nel bicentenario della caduta di Napoleone — dopo l’epopea dei Cento giorni, da marzo a giugno 1815, e la sconfitta definitiva a Waterloo — si pubblica il manoscritto di un curioso ritratto di Napoleone: un Bonaparte «in maschera», secondo la formula dell’autrice stessa, per l’appunto Madame de Staël. In maschera: ecco perché. Nel 1810, De l’Allemagne, il capolavoro della Staël che, illuminando la civiltà tedesca, fondava il Romanticismo — e in un certo senso anche l’Europa — fu proibito. La censura lo aveva passato, fu Napoleone in persona a bloccarne la pubblicazione quando era già in stampa. «Non siamo ancora ridotti a cercare dei modelli nei popoli che ammirate. Il vostro libro non è francese», aveva scritto a Madame il capo della polizia, il tenebroso Savary, neo-duca di Rovigo. Mentre le cinquemila copie già tirate andavano al macero, e l’editore falliva, de Staël mise in salvo una copia manoscritta che come al solito aveva fatto fare: il fido Wilhelm Schlegel, precettore dei suoi figli, mise le carte al sicuro a Vienna, dal fratello Friedrich, il tragediografo, e il saggio uscirà a Londra, nel 1813: è così che possiamo leggerlo. Dunque si può immaginare che, accingendosi a scrivere un ritratto di Bonaparte, Madame de Staël si preoccupò di fare molte copie del nuovo testo. E per ingannare l’occhiuta polizia napoleonica, alcune di queste sono appunto «mascherate»: fingono cioè di essere un’opera sul Seicento inglese, l’epoca di Elisabetta d’Inghilterra. Si tratta di cambiare sul filo della ricopiatura i nomi dei personaggi e dei luoghi — Napoleone sostituito da Cromwell oppure da Elisabetta I d’Inghilterra. Così pure vengono tagliate le parole troppo legate alla persona di Germaine — “salotto”, per esempio, o “esilio”; e perfino “noia”, che era, notoriamente, il terrore della Stael, il suo “vampiro”. “Lord Protettore” sostituisce “Primo Console”; e sono cancellate le battute troppo note, come la risposta di Madame de Condorcet a Napoleone, che dichiarava di non amare le donne che si occupano di politica: «Generale, in un paese in cui si taglia la testa alle donne, è naturale che abbiano voglia di sapere perché». «Non mi piacciono le donne che scrivono», avrebbe rincarato alla stessa cena Bonaparte, rivolto a Madame de Staël. E anche questa risposta viene cassata dai manoscritti: «Generale, se avessi l’onore di chiamarmi Madame Bonaparte non cercherei una gloria personale».
I manoscritti di questa prima versione criptata, e tutta dedicata a Bonaparte, di quello che diventerà Dieci anni d’esilio, vengono ora riprodotti e trascritti. Sono inediti — solo in parte pubblicati in Francia nel 1996, da copie quasi gemelle, dalla compianta specialista Simone Balayé — e interessanti per più di un motivo. Intanto, la “mascheratura” è un’immagine terribile e concreta della vigilanza inesausta e capillare della polizia di Napoleone. C’è qui poi la sequenza — che non compare nella versione definitiva — del viaggio di Madame de Staël in Italia, all’epoca in cui Napoleone si proclama prima Presidente e poi re d’Italia: con alcuni dettagli, dice la Staël, «piccanti». Volendo parlare in italiano — lingua che Bonaparte non padroneggia — invece di dire «pòpol mio» dice evidentemente «popòl mio», che ai francesi suona come “popaul”, affettuosa metafora virile.
I Cento giorni e Waterloo avranno poi un grande rilievo nel rapporto tra Napoleone e Germaine: e questo per una pagina importante della storia di Francia. Il padre di Madame de Staël, Necker, fu più volte ministro di Luigi XVI: amatissimo dai francesi perché nel 1778 aveva deposto nelle casse esauste dell’erario la metà dei suoi beni, la somma (enorme) di due milioni (i Necker erano stati, in Svizzera, banchieri di indiscussa probità e perizia). Dal 1793 la Rivoluzione cessa però di versare a Necker — in esilio ormai a Ginevra, nel castello di Coppet — gli interessi (poco più che simbolici) e dimentica la restituzione. Forse nell’esilio di Madame de Staël giocò il retropensiero di impedirle di «reclamare quello che le era dovuto». Racconta infatti nel manoscritto Germaine che Napoleone andò a trovare Necker: e lui, per non danneggiare la figlia, non fece parola del suo credito. Napoleone invece giudicò Necker «pomposo», e mantenne la figlia al bando da Parigi, e dal suo salotto — misura per lei atroce: «Che male mi ha fatto il Primo Console! Se ne avesse avuto un’idea piena, lo avrebbe fatto indietreggiare». Alla caduta di Napoleone, la Restaurazione di Luigi XVIII avvia la restituzione del “debito Necker”: ma a quattro giorni dalla liquidazione, arriva la notizia dello sbarco di Napoleone al Golfe-Juan. I due milioni servivano ormai a Germaine come dote per il matrimonio della figlia: che viene infatti differito. Anche Napoleone Imperatore dei Cento giorni arriva in realtà a un passo dalla restituzione — ma interviene Waterloo. Sarà insomma il re Borbone, a fine 1815, a liquidare il primo milione: la piccola Staël potrà sposarsi, e diventare duchessa. Tra le pagine di piccola storia cancellate all’epoca dalla de Staël, c’è anche un ballo del 1800. Tale è già l’imperio di Napoleone sui parigini, che, all’entrata della sua nemica Germaine, la folla letteralmente si ritrae: solo la giovane contessa Delphine de Custine le andrà incontro, gesto che darà poi il titolo al suo romanzo Delphine. Eppure Napoleone, a sua volta in esilio a Sant’Elena, sembrò ripensare a Madame de Staël e al loro lungo duello di fronte alla Storia. Era un donna di talento, scrive nel Memoriale: «Lei, resterà».
Daria Galateria, la Repubblica 22/2/2015