Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 21 Sabato calendario

IN PATRIA LA PARTITA PIÙ DIFFICILE “TSIPRAS SPIEGHI PERCHÉ SALTANO STIPENDI MINIMI E TAGLI A BOLLETTE”

ATENE.
«Il difficile viene adesso. E la partita più complicata sarà quella che giocheremo in casa». L’Eurogruppo si è chiuso da pochi minuti. La delegazione greca si prepara a un breve spuntino prima di continuare a lavorare nella notte per preparare il piano di riforme da presentare lunedì. Ma l’ostacolo più alto per Alexis Tsipras, come spiega la confidenza di uno degli sherpa al tavolo, è quello che ora troverà ad Atene. «Per noi il bicchiere è mezzo pieno», dice il negoziatore ellenico. Ok, c’è da mandare giù il congelamento alle misure umanitarie («ma una parte vorremmo inserirle nell’accordo di lunedì») e l’impegno a non cancellare quelle imposte dalla Troika. «Ma abbiamo quattro mesi di tempo per convincere l’Europa della bontà della nostra linea, rispettando l’impegno con gli elettori », dicono le fonti vicine alle trattative.
Il problema è che in patria, a giudicare dalle prime reazioni, in molti vedono il bicchiere mezzo vuoto. «Aveva promesso l’addio all’austerity e alla Troika. Non mi sembra abbia ottenuto né l’uno né l’altro» dice a caldo Pakis Dendrinou, portiere d’albergo incollato al video a seguire la conferenza stampa finale dell’Eurogruppo, Il suo parere conta poco. Molto più importante è invece il giudizio che darà all’accordo il partito del presidente del Consiglio. In particolare la minoranza di “Piattaforma di sinistra” che controlla il 30% circa del Comitato centrale. Finora l’ala più radicale di Syriza si è allineata alla linea del premier, grazie anche al manuale Cencelli che (sacrificando la componente femminile) le ha riservato un po’ di posizioni chiave al governo.
La luna di miele però rischia di finire presto. «Qualcuno ha già avuto difficoltà ad accettare diverse parti della lettera inviata all’Eurogruppo da Yanis Varoufakis », ammette Vassilis Primikiris, membro del massimo organo del partito. Malumori ha creato pure la scelta di Prokopis Pavlopoulos, uomo di centrodestra, come presidente della Repubblica. E il redde rationem si potrebbe consumare ora sul testo dell’accordo con l’Eurogruppo. «Il mio problema è chiaro — dice dietro anonimato uno dei parlamentari della minoranza — . Come farò a spiegare ai militanti del Pireo che, per firmare questo pezzo di carta, ho dovuto rinviare l’aumento dello stipendio minimo, la luce e la casa a prezzi popolari che avevo promesso prima delle elezioni?». Molti ad Atene pensano a un referendum per validare il nuovo piano. «Vincerebbe il sì — dice Anna Prizelis, che il 25 gennaio ha votato “controvoglia” Tsipras — . Bisogna sapersi accontentare. Che ci fossero dei compromessi da fare si sapeva. Il 75% dei greci però vuole rimanere in ogni caso nell’euro e il governo doveva tener conto anche di questo».
L’alternativa, la rottura con i creditori, sarebbe stata un salto nel buio. Come dimostra la giornata nera regalata ieri dalla “Sindrome-Cipro” al sistema bancario ellenico. Le convulse notizie in arrivo da Bruxelles, qui sotto il Partenone, hanno avuto il sapore di un inquietante déjà vu. La data: quindici marzo 2013. Il luogo: la capitale belga. Identici pure i protagonisti e il copione: un Eurogruppo con Wolfgang Schauble e la Troika infuriati per l’approssimazione del piano di salvataggio presentato da Nicosia. L’epilogo, in Grecia non l’ha dimenticato nessuno: le banche cipriote dell’isola, dopo l’incontro, sono rimaste chiuse per dodici giorni in attesa di una accordo con la Ue. E quando hanno riaperto i battenti, i risparmiatori si sono ritrovati con una brutta sorpresa: tutti i soldi oltre i 100mila euro in deposito trasformati in azioni degli istituti, praticamente carta straccia. E il resto “congelato” per diverse settimane da rigidissimi controlli sui movimenti di capitali: limite ai prelievi di 300 euro al giorno, assegni banditi, plafond per viaggi all’estero bloccati a 3mila euro.
I greci hanno fatto tesoro di quell’esperienza: da fine dicembre sono stati ritirati dagli istituti ellenici 25 miliardi di euro, quasi il 15% dei depositi. Negli ultimi due giorni la sindrome Cipro ha accelerato la fuga di capitali, arrivata secondo Reuters a 1 miliardo al giorno. E la fuga di capitali è stato uno degli elementi che ha giocato contro Tsipras al tavolo dell’Eurogruppo.
Ad Atene, assicura il Governo, non c’è mai stato un rischio di questo genere. «Il nostro sistema creditizio è solido», ha provato a tranquillizzare tutti il governatore della Banca centrale Yannis Stournaras. «Io però non voglio scottarmi le dita — dice Nikos Zografos, in coda con il bancomat in mano davanti alla Piraeus Bank di Kolonaki per ritirare i suoi 500 euro quotidiani («lo faccio da sei giorni») — Mio fratello Vassilisi aveva messo i 200mila euro ereditati da papà in banca a Nicosia e in due settimane ne ha perso la metà». La bomba liquidità, tra l’altro, non è affatto disinnescata: se per qualsiasi motivo nei prossimi l’accordo con Bruxelles traballerà, il governo potrebbe essere costretto a imporre controlli alla circolazione di denaro per evitare il crac delle banche, tenute oggi in vita dal sottilissimo filo d’ossigeno garantito dai prestiti d’emergenza della Bce. La partita per il salvataggio della Grecia, malgrado la schiarita di ieri, è ancora tutta da giocare.
Ettore Livini, la Repubblica 21/2/2015