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 2015  febbraio 21 Sabato calendario

“NEL FANGO COL NEMICO SCHIFOSO”

Due inediti di Filippo Tommaso Marinetti, soldato nella grande guerra. L’inventore del futurismo scrisse a Gherardo Marone, direttore della rivista “La Diana”, a cui collaboravano anche Saba e Ungaretti

Gherardo Marone fu un argentino di Napoli e nel 1914 fondò una rivista, La Diana, che sposò il Futurismo marinettiano e ospitò tantissime firme, non solo avanguardiste: Saba, Sbarbaro, Govoni, Borgese, Bontempelli, Folgore, Onofri, Rebora, Soffici e soprattutto Ungaretti. Con quest’ultimo, Marone ebbe una fitta e struggente corrispondenza durante la Grande Guerra, quando il poeta andò al fronte. Ma non fu il solo, Ungaretti, a scrivere al direttore della Diana. Il Fatto pubblica due lettere di Filippo Tommaso Marinetti a Marone, rimaste sinora inedite. L’inventore dell’avanguardia futurista, collaboratore della rivista di Marone, spedì due cartoline postali in franchigia. La prima: “Caro Marone/ Scusate il mio silenzio involontario. Non ho fotografie recenti e decenti. Preferisco la solita del mio Zang Tumb Tumb. Noi aspettiamo nel fango di questo lurido aprile teutonico l’Urto col nemico schifoso! Spero – dopo la vittoria – vedervi nella bella Napoli che io adoro! Una affettuosa stretta di mano / FTMarinetti / 73a Batteria Bombardieri / 11a Divisione / Zona Guerra / E le Bozze?”.
“Sotto il volo rombante delle bombe”
Le due lettere di Marinetti sono state presentate in un seminario nazionale che si conclude oggi a Roma alla facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza. A organizzarlo, con il Mod (Società italiana per lo Studio della Modernità Letteraria), è stata Francesca Bernardini, autorevole studiosa oggi a capo del Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali. Il seminario è il risultato di un progetto vasto e ambizioso: censire in modo capillare e sistematico la partecipazione di scrittori, intellettuali e artisti italiani alla Prima guerra mondiale. Di qui le due lettere di Marinetti, convinto interventista, che riportò anche una ferita . Ecco la seconda cartolina postale a Marone, su carta intestata della scuola bombardieri di Susegana, in Veneto: “Caro Marone / Ho ricevuto la vostra lettera e la Diana con Primavera a Carosello parole in libertà molto originali. Vi manderò presto una cosa importante per la vostra antologia. Qui freddo atroce e disciplina ferrea lavoro continuo sotto il volo rombante delle bombe preparazione per la primavera prossima massacrante e decisiva . Spero andare al fronte presto. Gradite intanto l’espressione della mia simpatia e i miei saluti affettuosi / FTMarinetti / Scuola Bombardieri Susegana”.
Il volontario Annunzio Cervi in sostituzione di un collega
Altre due lettere a Marone sono invece firmate da Annunzio Cervi, giovanissimo poeta sardo che visse a Napoli. Ferito e decorato al valore, cadde sul Monte Grappa il 25 ottobre 1918, pochi giorni prima della fine della guerra. Marinetti lo inserì in Democrazia futurista (1919) tra i futuristi “morti in prima linea”. Cervi partì volontario e in una lettera del 31 luglio 1916, dalla caserma San Benigno di Genova, spiega a Marone, “Gherarduccio mio”, la sua lotta interiore per vincere il “gran subbuglio nell’anima”. C’è la nostalgia dolce di un ventenne per il futuro che non avrà mai: “E poi anche la mente a farmi ostruzionismo matto: con lo sparpaglio d’avanti, in uno scatto di luce, di tutte le coserelline belle che potrei scrivere. Ho dovuto durare un po’ di fatica a domarmi: ma sono riuscito. Volontario mi sono offerto : in sostituzione d’un mio collega che ha moglie e figli”.
Il senso amaro della vita ”che ho forse rinunziata”
Conclude Cervi: “M’è rimasto stasera, sotto queste stelline sdolcinate dell’ultima notte di luglio, un senso un po’ amaro di questa mia povera buona vita, che ho forse rinunziata. I miei colleghi tutti a farmi eroe: ch’era una cosa buffa, tutti quegli applausi, per una cosa così semplice. Stanotte parto per raggiungere la mia trincea. E ti lascio un bacio lungo. Addio. Annunzietto”.
L’altra lettera è del 31 marzo ‘18, scritta pochi mesi prima della morte. Cervi è un tenente di artiglieria in trincea: “Sono tra le nevi in questa Pasqua che campane non scioglie. Un silenzio cupo di attese bianche. Ma, se urto tedesco ci sarà, noi tutti termopileschi bombardieri. Dimmi delle Cadenze: ché saranno cascate nel buio, immagino. Me ne fotto. L’NN 2701, che termino, è più cerviano: e, se anche esso niente farà dire, peggio per gli imbecilli!”. Cervi non tornò mai più. Cadde a 26 anni, dopo essere partito volontario.
Fabrizio d’Esposito, il Fatto Quotidiano 21/2/2015