Diego Gabutti, ItaliaOggi 21/2/2015, 21 febbraio 2015
VELTRONI DEBUTTA CON IL FILM: «I BAMBINI SANNO». ADESSO SI ARRUFFIANA ANCHE I BAMBINI. OGGI SECCHIELLO E PALETTA, DOMANI LE SCHEDE ELETTORALI
I bambini sanno: è il titolo del nuovo film (be’, film si fa per dire) di Walter Veltroni, in uscita ad aprile. Un tempo, nel film di Vittorio De Sica, i bambini ci guardavano cercando, sembrava di capire, di farsi un’idea. Adesso «sanno». Non c’è neanche più bisogno che alzino gli occhi dall’iPad (stanno giocando a Mr. Scrab, oppure a Goat Simulator) per guardare che cosa stiamo facendo. Veltroni è riuscito a fare della demagogia minorenne per arruffianarsi anche i bambini. Oggi il secchiello e la paletta, domani le schede elettorali. Cos’aspetta Renzi a far sapere ai bambini che con lui al governo possono stare sereni?
È sempre più difficile vivere nel passato. Ma è lì che vive la maggioranza degli elettori e dei politici italiani. Oggi siamo tutti «connessi», abbiamo l’Isis alle porte, la Germania è di nuovo in marcia, non c’è più X-file, tutto è cambiato, ma gl’italiani continuano a vivere un paese delle meraviglie vintage, dove non è cambiato nulla dagli anni Novanta. Direte che qualcosa di nuovo c’è: Matteo Renzi. Ma Renzi non è nuovo, è soltanto più giovane. Vive anche lui in questa specie di bolla temporale da film di fantascienza in cui è racchiusa l’Italia. Che non è una nazione. È un’App, il cui ultimo aggiornamento risale al 1994.
«C’è un’intera fascia sociale e generazionale, venuta su faticosamente tra Gramsci e Guattari, Berlinguer e Dario Fo, Lenin, Mao Tse-tung, Ho Chi Minh e Mario Capanna, che si ritrova orfana perlomeno dell’eco universale, del rimbombo remoto, della radiazione fossile della rivoluzione» (Edmondo Berselli, Post-italiani, Mondadori 2003).
Normalmente con «nostalgici» - almeno da quando di fascisti e post fascisti non merita neanche più di parlare - s’intendono gli ex e i post comunisti in tutte le loro varie declinazioni. Ma la verità è che i politici sono tutti «nostalgici». Tutti con lo sguardo rivolto al passato, all’età dell’oro della guerra fredda e del Festival di San Remo (che oggi passa inosservato ma che ai bei tempi, caro lei, contava più dei trattati sul disarmo). Tutti, poi, rimpiangono la giovinezza. Berlusconi, tra tutti, è quello che la rimpiange di più, naturalmente (ma si consola, secondo l’accusa, in qualità d’«utilizzatore finale» della giovinezza altrui). Ma anche gli altri politici non scherzano. Guardate solo come va vestito Roberto Formigoni: camicie a fiori, giacchette color ciclamino, pulloverini dai colori arlecchini, scarpe da far invidia a Oscar Giannino. Oppure prendere Gianni Cuperlo, che continua a essere definito, con suo evidente compiacimento, «ex segretario della Fgci», cioè dell’organizzazione giovanile comunista (Cuperlo non aveva più l’età per essere «della Fgci» nemmeno all’epoca in cui ne diventò presidente).
Vivono nel passato i pacifisti da talk show, che sproloquiano dell’emergenza Isis, un incidente che ci è occorso praticamente nel cortile di casa, come più di vent’anni fa, ai tempi della prima guerra del Golfo, sproloquiavano dell’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, un evento lontano come la luna. Pensano che non ci siano problemi di sicurezza. Gli oppressi hanno più diritto a battersi in nome di Allah che l’Occidente a difendersi.
«Quando esce un film infallibile di Benigni o qualsiasi altra roba del genere, filmica o letteraria, musicale o televisiva, si scatena un coro di elogi in cui si manifesta la stupefazione del critico di fronte all’altissimo poeta. Con l’idea o il segnale, retrostante o sottostante, che sarà necessario rincorrere occhiutamente tra le righe, che l’opera è una stupidaggine, ma che al pubblico dovrà piacere, e quindi sarà opportuno nobilitarla con un giudizio critico adeguato, tale da nobilitare anche lo sforzo immane compiuto dall’artista» (Edmondo Berselli, Venerati maestri, Mondadori 2006).
Diego Gabutti, ItaliaOggi 21/2/2015