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 2015  febbraio 22 Domenica calendario

«L’uomo che sa leggere parla cogli assenti, e si mantiene in vita agli estinti. Egli è in comunicazione con l’universo – non conosce la noia – viaggia – s’illude

«L’uomo che sa leggere parla cogli assenti, e si mantiene in vita agli estinti. Egli è in comunicazione con l’universo – non conosce la noia – viaggia – s’illude. Ma chi legge, e non sa scrivere, è un muto». Questo assunto, il n. 520 delle Note azzurre – sua opera di maggior rilievo – ben descrive la personalità di Carlo Alberto Pisani Dossi, eclettica figura di letterato, politico e diplomatico. Infatti, «leggere», «viaggiare» e «scrivere» furono i tre “verbi” della sua vita. Carlo Alberto Pisani Dossi Carlo Alberto Pisani Dossi Nato il 27 marzo 1849 da una famiglia della piccola nobiltà lombarda di Zenevredo – paesino sulle colline dell’Oltrepò Pavese – aderì giovanissimo agli ambienti tardoromantici della “scapigliatura” milanese. Precocissimo scrittore – si narra iniziò a comporre a soli sette anni – si distinse, non ancora ventenne, per sensibilità letteraria, fantasia, ironia e stravaganza che lo consacrarono come una delle più brillanti e giovani firme delle testate locali dell’epoca. Uno di quegli originali articoli, alla fine degli anni Sessanta, capitò sulla scrivania di Francesco Crispi, leader indiscusso della Sinistra monarchica, che lo volle con sé alla Consulta – il ministero degli Esteri di allora – come “primo ciambellano al cifrario”. Quella nomina fu solo formale, risultando una sorta di copertura burocratica. Pisani Dossi, infatti, più che come decifratore di dispacci, si distinse in qualità di consigliere culturale di Crispi, divenendo suo collaboratore di fiducia per le questioni particolarmente spinose. Il suo nome è legato a molte operazioni diplomatiche di quell’Italia appena unificata e, al contempo, timorosa di sbagliare ma volenterosa di dimostrare all’Europa il proprio valore. Fu Pisani Dossi a coniare il nome di Eritrea – dal greco erithros, rosso – per la prima colonia crispina e fu lui il plenipotenziario incaricato, nella primavera del 1887, di trattare con l’entourage di Leone XIII, la possibilità di una conciliazione Stato-Chiesa dopo che il pontefice e, soprattutto, membri della sua curia avevano manifestato tiepidi segnali di apertura. Quell’operazione fallì e dovette attendere i Patti Lateranensi del 1929, ma consentì a Pisani Dossi, che ben si era comportato durante i negoziati, di guadagnarsi i galloni di diplomatico. Nel 1892 fu nominato console generale a Bogotà mentre alla fine del secolo operò come ministro ad Atene. Dopo Adua, la rovinosa caduta di Crispi, segnò la fine della sua breve carriera diplomatica e coincise col ritorno in Italia. Si ritirò in Lombardia con la consorte Carlotta Borsani e assieme crearono a Corbetta, nel milanese, il Museo Pisani Dossi, aprendo al pubblico la possibilità di ammirare reperti archeologici acquisiti tra Bogotà, Atene e Roma. Nel frattempo continuò a dedicarsi alla letteratura, mai abbandonata durante gli anni burocratici, componendo abbozzi di romanzi, narrazioni fantasiose e – soprattutto – una notevole quantità di profili biografici, ricordi e aneddoti poi raccolti nel voluminoso zibaldone delle citate Note azzurre, edite postume nel 1912. Pisani Dossi si spense nel 1910 a Cardina, vicino Como, nell’imponente villa da lui stesso fatta edificare sulla sommità di una roccia a picco sul lago che porta ancora oggi il nome Dosso in sua memoria. Nel 2011, in occasione del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, il suo nome è stato inserito nella lista dei centocinquanta migliori servitori dello Stato.