Tino Oldani, ItaliaOggi 21/2/2015, 21 febbraio 2015
Tutti i video e i messaggi del Califfato sono diffusi da Rita Katz. Ecco chi è e come lavora - Segnatevi questo nome: Rita Katz
Tutti i video e i messaggi del Califfato sono diffusi da Rita Katz. Ecco chi è e come lavora - Segnatevi questo nome: Rita Katz. È una signora ebrea di 52 anni che vive a Washington e si definisce «analista del terrorismo». Non è noto se sia mai venuta in Italia, ma sembra conoscere molto bene il nostro Paese, soprattutto i nostri media, giornaloni e tv, che pendono dalle sue labbra per qualsiasi informazione in materia di terrorismo islamico. Di più: conosce bene anche i temi e le paure del nostro mondo politico, e non esita a influenzarli. Proprio così: influenzarli. La prova? Ieri mattina quotidiani e tg ci hanno raccontato che i tagliagole dell’Isis hanno creato un nuovo hashtag (#stiamo arrivando a Roma), alimentando ancora di più il clima di allarme quasi prebellico che si è creato da quando i terroristi del Califfato si sono impadroniti di due città sulla costa della Libia. Da chi hanno appreso la notizia di questo hashtag, i nostri media? Forse da un efficiente ufficio propaganda dei tagliagole vestiti di nero? Nulla di tutto questo: la fonte era un tweet di Rita Katz, definita dal Corriere della sera «cofondatrice del gruppo di intelligence Site ed esperta di terrorismo internazionale». Non è la prima volta che i tweet o altri messaggi via web di Rita Katz fanno da fonte informativa sul terrorismo islamico. Anzi, se non ci fosse la sua agenzia Site (Search for international terrorist entities), che scandaglia 24 ore su 24 i siti del fondamentalismo islamico, in Occidente non sarebbero mai arrivati i filmati delle barbare decapitazioni compiute dall’Isis nell’ultimo anno. In pratica, senza Rita Katz, avremmo rischiato di non sapere nulla, o quasi, del Califfato e dei suoi obiettivi, in sintesi della sua propaganda. Attenzione: nessuno pensa che Rita Katz sia una doppiogiochista. Molti sono invece convinti che sia un’abilissima agente del Mossad (sul web, i post che lo affermano sono decine), impegnata a dare la caccia ai terroristi islamici, così come un altro ebreo, Simon Wiewenthal, ha speso la vita per dare la caccia ai criminali nazisti. Ma chi è davvero Rita Katz? Dall’ampia voce che le dedica Wikipedia, e dai racconti autobiografici che lei stessa ha fatto in un libro, sappiamo che è nata nel 1963 a Bassora, seconda città dell’Iraq, da una famiglia ebraica. Quando aveva cinque anni, nel 1968, suo padre fu arrestato dal regime di Saddam Hussein con l’accusa di spionaggio in favore di Israele, torturato e impiccato sulla piazza centrale di Baghdad, davanti a una folla di mezzo milione di persone. Per l’occasione, Saddam organizzò pullman gratuiti dalla provincia e allestì accanto alla forca un palco dove un gruppo di ballerine si esibì nella danza del ventre. Dopo che i beni della famiglia furono confiscati, la madre riuscì a fuggire in Israele con tre figli piccoli e si stabilì a Bat Yam, una città sul mare. La giovane Rita Katz ha studiato all’università di Tel Aviv e ha svolto il servizio militare nella Israeli Defense Force. Parla arabo ed ebraico, e benché da sionista convinta avesse più volte dichiarato che un ebreo non deve mai lasciare Israele, nel 1997 seguì il marito, un endocrinologo, negli Usa, dove gli avevano offerto un incarico come ricercatore. Madre di tre figli, Rita Katz non ha mai fatto la casalinga. Negli Usa, prima entrò come ricercatrice nell’Istituto di ricerca sul Medio Oriente, e pochi anni dopo si mise in proprio, fondando la Site, un’agenzia di analisi del terrorismo. Tipo tostissimo, non si limitava a scrivere analisi, ma agiva sul campo. Si infiltrò in alcune formazioni terroristiche presenti negli Usa e raccolse preziose informazioni, che passò al Federal Bureau of Investigation (Fbi). Da allora, collabora stabilmente con le autorità investigative americane e le sue analisi sono tenute in considerazione anche dalla Casa Bianca. Nel 2007 fu la Katz a far pervenire alla Casa Bianca l’ultimo video di Osama Bin Laden. E un video del vice-capo di Al Queda, Ayman al-Zawahiri, entrò in possesso della Site prima ancora che fosse pubblicato sui siti internet dei militanti. La Site di Rita Katz, che in origine era «senza fini di lucro», ha cambiato statuto ed è ora finanziata dai servizi di intelligence Usa e da gruppi privati. Negli uffici di Bethesda, periferia di Washington, la Katz e un gruppo di collaboratori infornatici scandagliano 24 ore su 24 il web alla ricerca di post e documenti degli jihadisti. In pratica, tutti i filmati con le decapitazioni fatte dall’Isis, compresa quella dei 21 contadini copti, sono passati sui suoi computer prima di essere girati ai media di tutto il mondo, per i quali Rita Katz e la Site sono diventati il principale, se non l’unico, punto di riferimento per le notizie sul terrorismo islamico. Per questo, c’è chi accusa Rita Katz di fare da grancassa mediatica proprio di quel terrorismo che dice di voler combattere. Accuse alle quali ha risposto con interviste e articoli pubblicati sui maggiori quotidiani del mondo, compresi New York Times e Washington Post. «La nostra abilità nel trovare così in fretta i materiali jihadisti non dipende dalla fortuna: tracciarli è una scienza», ha detto al giornale israeliano Yedioth Ahronot. Proprio così: «una scienza». Che nell’era della comunicazione globale fa sì che una spia del Mossad, pagata dagli Usa, sia l’unica fonte mediatica sull’Isis, e detti i tempi della politica mondiale sul terrorismo. Il che, francamente, suona strano.