VARIE 20/2/2015, 20 febbraio 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - IL CDM APPROVA I DECRETI ATTUATIVI DEL JOBS ACT
ROMA - Con "le tutele per chi perde il posto di lavoro - sono le parole pronunciate dal presidente del Consiglio - è come se ricucissimo la rete. Uno casca dal trapezio e c’è la rete sotto che però ha un buco. Abbiamo ricucito quel buco e quella rete". Il giorno del Jobs Act, infatti, è arrivato. Il Consiglio dei ministri, oltre al ddl liberalizzazioni, ha approvato oggi i decreti attuativi della riforma del lavoro che porteranno al contratto a tutele crescenti e al superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Dopo l’approvazione della delega da parte del parlamento e i primi decreti attuativi di dicembre, prende dunque forma il cambiamento del mercato del lavoro italiano. I contratti a progetto saranno vietati a partire dal primo gennaio 2016.
"Oggi è una giornata storica, non pensavo di farcela in un anno. Mentre rottamiamo e superiamo un certo modello di diritto del lavoro, noi superiamo i co.co.co. e i co.co.pro. Per la prima volta c’è una generazione che può vedere la politica far la guerra non ai precari ma al precariato", ha detto il premier Matteo Renzi nella conferenza stampa di presentazione dei provvedimenti approvati. Norme che sono destinate ad aumentare "la flessibilità in entrata e le tutele in uscita" e che sono rivolte ai più giovani. "Una generazione - ha aggiunto - vede finalmente riconosciuto il proprio diritto ad avere tutele maggiori. Parole come mutuo, ferie, buonuscita e diritti entrano nel vocabolario di una generazione fino ad ora esclusa".
Jobs Act, Renzi: "Rottamiamo art. 18, co.co.co e co.co.pro"
Condividi
"Sono circa 200mila i nostri connazionali che nella ridefinizione del lavoro parasubordinato passeranno dai co.co.co. vari a un lavoro a tempo indeterminato", ha spiegato il premier che poi ha chiarito: "Nessuno rimarrà solo dopo il licenziamento". Renzi ha confermato, come era trapelato nel pomeriggio, che restano le norme sui licenziamenti collettivi così’ come erano uscite dal Cdm. Poi ha ricordato: "Le norme servono alle assunzioni collettive, non ai licenziamenti collettivi".
"Mai come in questo momento l’Italia è pronta a ripartire e rilanciare sul futuro" ha annunciato il capo dell’esecutivo che ha ripetuto il suo hashtag preferito: "Questa è davvero la volta buona". Ma a chiarire ancora meglio la riforma del governo è stato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti che ha spiegato il cambiamento di filosofia che c’è dietro queste norme. "Al centro delle misure del governo c’è una cosa semplice ma essenziale: in Italia da molti anni è diventato normale assumere con tutte le forme di contratto meno il contratto a tempo indeterminato. La scommessa è rovesciare questo fatto, la normalità sia l’assunzione a tempo indeterminato, lo devono fare tutti".
Il Cdm ha approvato anche il disegno di legge sulle liberalizzazioni nel quale non sono contenute le attese norme sui farmaci di fascia C che continueranno ad essere venduti nelle farmacie ma ci sono tutta una serie di misure che porteranno ad una semplificazione e ad un aumento della concorrenza in vari settori. "Si tratta - ha spiegato il premier - di un tentativo di attaccare alcune rendite di posizione che hanno caratterizzato la storia del nostro Paese, una sforbiciata che riduce il gap tra chi gode di una rendita e chi non ne ha". Il presidente del Consiglio ha annunciato che nel testo si cancellano alcune norme su "assicurazioni, telefonini e multe". Per il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi il provvedimento punta a "far calare le tariffe o diminuire i prezzi e aprire pezzi di mercato oggi non tanto accessibili per nuove iniziative imprenditoriali". Le norme sulla concorrenza, come ha rilevato l’Ocse, "potrebbero portare ad un aumento del Pil fino a 2,6 punti in 5 anni", ha chiarito il ministro.
La riforma del mercato del lavoro ieri è stata promossa dall’Ocse e secondo l’organismo europeo "potrebbe far crescere il Pil del 6% in 10 anni". Ma il fronte dei contrari continua a criticare il provvedimento. A cominciare dalla Cgil che a dicembre, insieme alla Uil, aveva indetto anche uno sciopero generale contro il Jobs Act e che oggi dice: "Restano le differenze, non c’è lotta alla precarietà". Fortemente critica rimane la minoranza dem.
Sempre oggi, il Cdm ha anche approvato, su proposta del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, la nomina a capo di Stato maggiore dell’esercito, a decorrere dal 27 febbraio 2015, del generale di corpo d’armata Danilo Errico, in sostituzione di Claudio Graziano, destinato ad altro incarico.
REPUBBLICA.IT
MILANO - Il governo Renzi va avanti per la sua strada. Nonostante le richieste delle commissioni parlamentari restano licenziamenti collettivi: cadono nel vuoto, dunque, le richieste dei sindacati, a favore delle pressioni di Ncd. Scompaiono, ma solo dal 2016, i contratti a progetto: per quest’anno sarà ancora possibile stipulare questi contratti, mentre dall’anno prossimo servirà l’avvallo dei sindacati.
"Parole come mutuo, come ferie, come buona uscita, come diritti entrano nel vocabolario di una generazione che ne è stata fino a oggi esclusa in modo inaccettabile" ha detto in conferenza stampa Matteo Renzi secondo cui "sono circa 200mila i nostri connazionali che nella ridefinizione del lavoro parasubordinato passeranno dai co.co.co vari a un lavoro a tempo indeterminato. Imprese non hanno più alibi per non assumere". Anche perché grazie alla defiscalizzazione il contratto a tempo indeterminato costerà meno delle altre forme.
Il consiglio dei ministri ha anche approvato il decreto sulla concorrenza che prevede il superamento del mercato di maggior tutela per l’energia e per il gas dal primo gennaio 2018. Attraverso Twitter, invece, il ministro della salute, Beatrice Lorenzin annuncia che i farmaci di fascia C saranno venduti solo in farmacia, "colonna del Sistema Salute".
Jobs Act. Via libera, dunque, al contratto a tutele crescenti e agli ammortizzatori sociali, con la nuova Aspi che avrà una durata di due anni al termine dei quali è possibile avere una proroga al sostegno: entrerà in vigore dal primo maggio, non potrà superare i 1.300 euro al mese e verrà ridotta del 3% al mese dopo i primi quattro. Per quest’anno viene introdotta anche l’Asdi, l’assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità. La durata dell’assegno, che sarà pari al 75% dell’indennità Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito.
Contratti. L’intervento aggiuntivo più significativo riguarda il riordino delle tipologie contrattuali. Il ministro Poletti ha spiegato che per il contratto a tempo determinato resterà il limite attuale di 36 mesi: esclusa la riduzione a due anni e quella del numero possibile di proroghe (resteranno cinque). Stop, come detto, ai vecchi contratti di collaborazione co.co.pro, dall’entrata in vigore del decreto. Dal 2016, su quelli ancora in essere, verranno effettuati dei controlli: "Nei casi previsti dalla legge diventeranno lavoratori dipendenti - dice il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti -. La nostra scommessa è che l’assunzione a tempo indeterminato diventi la regola". Per il governo si intende lavoro dipendente quello ripetitivo all’interno di un’azienda coordinato direttamente dal committente. Giro di vite, dunque, anche sulla partite Iva fasulle. Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, all’interno, però, della nuova normativa.
Ricollocazione. Il ministro ha annunciato di aver "introdotto il contratto di ricollocazione: un voucher da 7mila euro con quale ci si rivolge all’agenzia per trovare un nuovo posto di lavoro". Cambia anche l’apprendistato: quando si fa formazione il costo a carico dell’aziende scende al 10% "perché si fa formazione".
Part time per malattia. Aumenta la flessibilità sul part-time: "In caso di grave patologia - ha speigato il ministro Poletti - , in aggiunta a quelle oncologiche già previste, si potrà trasformare il lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale. Basta quindi con ’o stai a lavorare o vai a casa’. Lo stesso sarà possibile anche per i periodi di maternità o congedo parentale". Resta il contratto a chiamata se il tempo parziale avrà una maggior decontribuzione fiscale.
Maternità e congedo parentale. Due le novità previste dal decreto: viene esteso dai tre ai sei anni del bambino il diritto ad usufruire del congedo parentale retribuito al 30%, mentre i permessi non pagati potranno essere richiesti fino ai 12 anni (oggi la norma prevede un limite a otto anni). In questo contesto vengono equiparati figli adottivi a quelli naturali. Sarà inoltre possibile optare per il part-time al posto del congedo di maternità.
Demansionamenti. In caso di ristrutturazione aziendale, sarà possibile modificare le mansioni del lavoratore fino a uno scatto in meno, mantenendo lo stipendio acquisito. Al dipendente verranno meno, però, le indennità previste per la mansione svolta in precedenza.
Concorrenza. Il Ddl concorrenza punta a "far calare le tariffe o diminuire i prezzi e aprire pezzi di mercato oggi non tanto accessibili per nuove iniziative imprenditoriali". Lo ha detto il ministro dello Sviluppo Federica Guidi, spiegando che "come ha detto l’Ocse "potrebbe portare ad un aumento del Pil fino a 2,6 punti in 5 anni". Nel mirino banche, assicurazioni, telefonia e pay tv: una norma prevede la portabilità per i fondi pensione, mentre per le comunicazioni vengono eliminate le asimmetrie tra l’accensione del contratto e la possibilità di recesso inserendo una maggior congruità in caso di recesso. In arrivo sconti anche sull’Rc Auto per chi accetta "alcune misure, come l’istallazione della scatola nera o il controllo preventivo dei veicoli".
Professionisti. Non servirà più andare dal notaio, ma si potrà andare anche dall’avvocato per "transizioni su immobili non ad uso abitativo sotto i 100mila euro". Tra le "semplificazioni" del ddl concorrenza anche lo stop all’obbligo dell’atto notarile per la costituzione di Srl semplificate.
Comunicazioni. Vengono semplificate le procedure di identificazione dei clienti per la migrazione da un operatore all’altro e viene prevista la trasparenza sulle penali in caso di recesso anticipato dal contratto. L’entità della penale, inoltre, dovrà essere legata ai costi effettivamente sostenuti dall’operatore in caso di promozioni.
DECRETI ATTUATIVI DEL 24/12/2014
ROMA - "L’Italia entra in una fase di straordinaria disponibilità all’apertura". Così Matteo Renzi sintetizza il risultato raggiunto con un Cdm che, dopo tre ore di lavori e di tensioni, ha approvato i primi decreti attuativi del Jobs Act. In particolare, quello che disciplina il contratto a tutele crescenti, la modifica dell’articolo 18 e i nuovi indennizzi in caso di licenziamento illegittimo, che "varrà anche per partiti e sindacati". "Ai licenziamenti collettivi è esteso lo stesso regime di quelli individuali", sottolinea il premier, aprendo dunque a un globale automatismo nel calcolo degli indennizzi.
Condividi
Al lavoratore licenziato, ha precisato Renzi, saranno corrisposte "due mensilità per ogni anno di servizio, per un indennizzo non inferiore a quattro mensilità e non superiore a 24". Inoltre, ha insistito Renzi, non è previsto il licenziamento per "scarso rendimento. Mettiamoci in testa che sarebbe stata una polemica solo di applicazione giurisprudenziale. Il datore di lavoro può comunque intervenire per licenziamento economico".
E’ arrivato anche il via libera, "salvo intese", al decreto che introduce la nuova Aspi, l’ammortizzatore sociale nato dalla riforma Fornero che dovrebbe essere esteso nella durata e nella platea. Renzi tiene a evidenziare "l’estensione a 24 mesi delle tutele per chi perde il lavoro. Non sei più un numero, ma una persona. Lo Stato non si dimentica di te e ti aiuta fornendoti nuovi strumenti con i corsi di formazione. E’ chiaro che chi non li fa esce dal programma".
Nel decreto sulle tutele crescenti non compare l’opting out, ovvero la possibilità per il datore di lavoro di aggirare il reintegro del lavoratore in caso di licenziamento ingiustificato versandogli un super-indennizzo. Opzione su cui insisteva Ncd. "Rispettiamo l’opting out, ma è più importante sottolineare la rivoluzione copernicana realizzata in 10 mesi, secondo la logica di dare più tutele a chi ne ha bisogno, più libertà a chi vuole investire".
Alla domanda su quanto il decreto sia frutto di una sintesi, chiaro riferimento alle pressioni di Ncd sull’opting out, il premier ha parlato di un ostacolo oggettivo alla misura: "Con l’opting out saremmo andati oltre la delega concessaci dal Parlamento". "Ci sono momenti in cui un leader o presunto tale si assume la responsabilità delle scelte finali - ha aggiunto Renzi -. A quelli di destra che volevano di più, chiedo: dove eravate in questi anni? A chi da sinistra voleva più tutele ricordo l’Aspi e le tutele crescenti. Si poteva fare di più? Può darsi, ma intanto abbiamo fatto dei passi avanti" e in ogni caso il via libera è arrivato "senza grandi polemiche in Cdm. Se poi fuori c’è il gioco della parti, va bene". Comunque, ha assicurato sul punto Renzi, "il testo è aperto alle commissioni parlamentari, siamo pronti a rivedere i nostri convincimenti. Ma è un passo in avanti strepitoso".
Per Ncd ha parlato un suo esponente di peso, il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, che proprio ieri aveva insistito su un netto superamento dell’articolo 18, ricollegandolo alla tenuta del governo. Dopo il Cdm che ha respinto le misure proposte da Ncd per quel superamento, Sacconi vede il buono di un Jobs Act che "rappresenta per ogni osservatore internazionale politico e finanziario la misura della nostra capacità di autoriforma, la verifica della presenza o meno di una autentica leadership, la possibilità di superare un fondamentale vincolo alla crescita e una certa cultura ostile all’impresa".
Ma, riafferma Sacconi, "la bozza di decreto delegato, pur contenendo passi avanti nella regolazione, non solo la limita alle nuove assunzioni ma soprattutto mantiene, come già la legge Fornero che almeno era per tutti i contratti, un’ampia area di valutazione discrezionale del magistrato e quindi di incertezza giurisprudenziale". Mentre il coordinatore Gaetano Quagliariello assicura: "Continueremo a tenere il punto perché riteniamo che attraverso il passaggio parlamentare il provvedimento possa essere ulteriormente migliorato".
LE REAZIONI DEI SINDACATI
ROMA - Più critiche che plausi. Le reazioni sui decreti attuativi del Jobs Act approvati oggi dal Consiglio dei ministri sono contrastanti. E se, da un lato, partiti come Ncd accolgono con soddifazione il provvedimento che ha l’ambizione di cambiare il mondo del lavoro, dall’altro le reazioni dei sindacati sono negative. E anche la minoranza del Partito democratico boccia alcune delle nuove misure.
E’ il caso della norma sui licenziamenti collettivi, stroncata da Cesare Damiano: "Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dichiarato che il Governo non ha modificato la norma sui licenziamenti collettivi nonostante la richiesta contenuta nei pareri convergenti delle Commissioni lavoro di Camera e Senato. Siamo di fronte a una scelta politica sbagliata e non rispettosa del dibattito parlamentare", ha commentato il presidente della Commissione Lavoro della Camera.
Anche Stefano Fassina respinge il provvedimento senza appello: "Straordinaria operazione propagandistica del governo sul lavoro. I contratti precari rimangono sostanzialmente tutti. Il diritto del lavoro torna agli anni ’50. Oggi è il giorno atteso da anni...dalla Troika".
Quanto ai sindacati, per la Cgil le nuove norme sul lavoro non cambiano nulla: "Il Jobs act è il mantenimento delle differenze e non la lotta alla precarietà", è il commento quasi rassegnato del sindacato di Corso d’Italia, che in una nota aggiunge: "Il contratto a tutele crescenti è la modifica strutturale del tempo indeterminato che ora prevede, nel caso di licenziamento illegittimo o collettivo, che l’azienda possa licenziare liberamente pagando un misero indennizzo". Sulla precarietà, prosegue la nota della Cgil, "siamo alla conferma dell’esistente, se non al peggioramento, come nel caso del lavoro accessorio e all’assurdo sulle collaborazioni che si annunciano abolite dal 2016 ma comunque stipulabili in tanti casi, mentre nulla si dice delle co.co.co. della Pa".
Insomma, si chiede: "Dove sarebbe la svolta? Il governo parla di diritti ma mantiene la precarietà, dimentica le partite iva e regala a tutti licenziamenti e demansionamenti facili. Per rendere i lavoratori più stabili non bisogna per forza renderli più licenziabili o ricattabili". Per la Cgil "quello che il governo sta togliendo e non estendo ai lavoratori stabili e precari, andrà riconquistato con la contrattazione e con un nuovo statuto dei lavoratori".
Critica anche la leader Cisl Annamaria Furlan: "E’ un primo intervento solo parziale. Avremmo voluto un atteggiamento più coraggioso del governo sulla effettiva abolizione delle forme di precarietà". Si è in attesa dei testi, "ma l’esultanza del presidente del Consiglio è assolutamente ingiustificata perché con queste norme cambierà poco e niente". Sulla stessa linea anche Carmelo Barbagallo, segretario Uil: "Il governo non va nella direzione giusta. Bisognava eliminare tutti i contratti di precarietà. Invece, sono rimasti quelli a tempo determinato a 36 mesi senza causale e hanno esteso la possibilità di ricorrere ai voucher".
Negativo il commento del leader di Sel Nichi Vendola, che scrive su Twitter:
E aggiunge: "Al di là delle battute del premier Renzi, la realtà è che il lavoro non è più un diritto, il licenziamento sì (e con i diversamente berlusconiani non a caso contenti assai).
Soddisfatto, invece, il Nuovo centrodestra. "Il Jobs Act recepisce a pieno le proposte di Area Popolare", sottolinea Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato. "Ne risulta profondamente cambiato - continua- lo statuto dei lavoratori per licenziamenti, mansioni e tecnologie, così come viene confermata la legge Biagi che perde solo il lavoro ripartito, applicato peraltro a meno di 300 lavoratori. La cancellazione delle collaborazioni coordinate e continuative, ad essa preesistenti, prevede le ampie eccezioni dei settori in cui ci sono accordi sindacali che le regolano come i call center per le telefonate ’in uscita’, le ricerche di mercato, il recupero crediti. Si ridimensiona la zona grigia della parasubordinazione ma trova maggiore legittimazione il lavoro indipendente con o senza partita iva, non più oggetto del sospetto di nascondere subordinazione quando il committente è uno solo. Facciamo ora in modo che le nuove regole risultino semplici, certe e certamente applicate anche attraverso il testo unico sostitutivo dello statuto cui il governo è stato delegato".
Soddisfatta Confcommercio che apprezza gli interventi del governo "orientati a dare respiro a diversi strumenti per favorire le assunzioni e maggiore certezza delle norme".